di GENGIS
La giornata dell’ambiente è coincisa con i primi caldi. Con effetti a volte devastanti. Sabato Tozzi ci ha rivelato sulla Stampa che ciò che differenzia l’uomo dal resto del modo animale e vegetale non è la capacità di pensiero simbolico; bensì e ben diversamente la propensione all’accumulo ed al profitto. Marx e i cultori della genetica hanno pianto insieme.
Era solo un ballon d’essai. Il pezzo forte era per domenica. La Repubblica. Joaquin Navarro-Valls. “La marea nera e i falsi ambientalisti”. Autorevolissimo. Il pozzo continua a perdere. E ce ne sono nel Golfo del Messico altri 3000 “che continuano a estrarre petrolio nelle stesse condizioni di sicurezza”. Gli ecologisti non hanno fatto nulla, altro non essendo che “movimenti minoritari che speculano sulla cattiva coscienza di tutti noi” (alludeva a Tozzi ?). E’ la democrazia stessa che ha fallito, mutandosi in una“plutocrazia” che è oggi “il ricettacolo degli utili micidiali e spregiudicati di colossali industrie petrolifere”. E’ tempo che gli “organismi internazionali” prendano di petto la questione imponendo alle “grandi corporation” “la condivisione di criteri antropologici ed etici in grado di garantire la sopravvivenza umana (?ndr) degli ecosistemi … l’ecologia è un valore solo se diviene parte fondamentale di un discorso etico universale” che ci protegga “dai falsi ambientalisti di facciata e dagli opulenti egoismi di una planetaria casta di speculatori”. Dobbiamo affidare all’ONU, sembrerebbe di capire, la missione ormai ineludibile di liberarci assieme di Tozzi e di BP.
Difficile opporsi. Al piu’ si puo’far notare qualche imprecisione. Per esempio, che i pozzi in produzione nel Golfo tra gas e olio sono più vicini a 4 che a 3 mila, ma solo una percentuale assai minoritaria e’ in acque ultraprofonde, e che il pozzo che perde non ha mai prodotto in vita sua, perché era un pozzo esplorativo; onde le condizioni di sicurezza non sono “comparabili” per definizione. O anche che le “colossali industrie petrolifere” in versione globalizzata producono meno del 50% e controllano meno del 30% del petrolio mondiale (il resto, dall’Iran all’Arabia Saudita, è nelle mani di società di Stato rigorosamente nazionali, che non sono sicuro c’entrino molto con “la tendenza sovrana degli interessi globalizzati delle grandi corporation”). E che se BP buca nel Golfo del Messico e non in Russia (dove dopo anni di tentativi sta mettendo in liquidazione una consociata) o in Arabia Saudita non e’ per intercessione dell’ONU ma perche’ russi e sauditi (e tanti altri con loro) preferiscono bucarsi in proprio. E cosi’ di seguito.
Quisquilie di fronte alla grandezza del disegno. Cui peraltro un appunto e’ doveroso. Grandioso ma monco. Si occupa solo dell’offerta. Mentre il dovere pastorale imporrebbe anzitutto di occuparsi della domanda; e di saperla indirizzare. La plutocrazia ci impone di acquistare petrolio; che se non ci fosse lei se ne farebbe volentieri a meno. Dopo che ci hanno obbligato a comprarlo, noi non sapendo che cosa farne lo stocchiamo in mezzi di trasporto. Piu’ del 50% di tutto il petrolio del mondo e’ consumato dai trasporti. Il 20% o poco meno di tutto il petrolio del mondo serve a muovere donne, uomini e merci dentro l’America. E’ qui, oltre che all’ONU, che dobbiamo rivolgerci.
Preghiera a Navarro. Mobiliti il suo popolo. Sono centinaia di milioni, e qualcuno anche in America. Quando mettono in moto loro credono di andare in vacanza, al lavoro, o magari giusto dalla mamma. Non e’ vero. La mobilita’ non serve a nulla; e la civilta’ mobile e’ complotto. Quando a milioni muovono e si muovono stanno solo alimentando la speculazione degli egoisti opulenti. Che la predicazione sorta il miracolo del consenso. Che nessuno si muova; e benzina carissima per tutti, che 30 Euro al litro aiutano a tenere lontane le tentazioni. Se funziona sara’ , infine, decrescita. Del petrolio e dei consumi. O, forse, solo dei fedeli.
pubblicato su Occidentale 9.06.2010