Il debito argentino grava sulle casse di un’Italia incapace di reagire nemmeno all’ultimo tra gli stati canaglia
di PIETRO PAGANINI
L’Italia resta Paese di conquista anche dopo l’Unità. Al di là della retorica. Resta, in forme che non sono quelle dell’invasione fisica, un paese disunito, un non paese che non è capace di trovare comunione su alcun punto chiave per la prosperità e la vita democratica al suo interno. Non è pessimismo, sono fatti. L’Italia con i suoi governi recenti si svende all’Argentina, lasciandosi truffare per oltre nove anni, dal giorno della bancarotta del 2001. Un paese serio, unito, in nome della difesa dell’interesse nazionale, dei suoi connazionali, si sarebbe fatto restituire il dovuto, l’Italia no. Ha lasciato che il tempo, come troppo spesso accade, annacquasse la questione. Nel 2001 il parlamento argentino celebra con scene di giubilo la bancarotta a spese dei risparmiatori internazionali, tra cui 450 mila italiani. Da allora qualche decina di migliaia di risparmiatori italiani, spinti dalle associazioni dei consumatori, decide di perseguire le banche, che qualche responsabilità effettivamente l’hanno. Nel 2005, circa 150 mila italiani aderiscono alla prima offerta di concambio, perdendoci. Per gli argentini è l’ultima offerta. Ne restano 180 mila che ricorrono agli organi internazionali e attendono. Oggi una parte di loro accetteranno la nuova – e forse – ultima offerta di concambio, peggiorativa rispetto al 2005, nonostante i numeri ci dicano che l’economia argentina è in ottima salute. I vari governi che si sono succeduti hanno fatto si che tutto si protraesse nel tempo, nella speranza che il dente cadesse da solo.
Ad oggi l’Argentina ha un debito verso gli italiani di 4,5 miliardi di Dollari. Secondo uno studio ATFA del 2007, sarebbero circa 11 miliardi di dollari considerando gettito e interessi mancati. Eppure Tremonti e Governo piangono miseria. Sbraitano per racimolare qualche euro ovunque sia possibile, anche con uscite poco felici. Si prodigano persino ad inserire la Svizzera tra i paesi canaglia. Vadano a prenderli in Argentina. In questo modo farebbero giustizia per quelle centinaia di migliaia di individui che hanno prestato i propri risparmi all’argentina.
Buenos Aires ha oggi le risorse per pagare il debito, seppure piange miseria. E’ infatti un paese mal governato da decenni. Resta un paese ricchissimo di materie prime, oggi molto richieste, come la soia e il nichel. Purtroppo i dati economici e finanziari forniti da Buenos Aires non sembrano corretti, sono gli stessi argentini a denunciarlo. Il Fondo Monetario non ha accesso ai dati dal 2006, eppure l’Argentina ne è membro.
Sono oltre 400 le cause perse in Germania sui bond, eppure non c’è verso di pagare, nemmeno le spese processuali.
L’Argentina siede nel G20, uno degli organi tanto cari al Ministro Tremonti, preposto a riscrivere le regole della finanza globale. Il Ministro delle Finanze ci richiama all’etica, condanna gli speculatori privati, ma poi si siede al tavolo con un governo truffaldino.
Un Governo serio, prima di avventare tagli e richiamare ai sacrifici sarebbe andato al tavolo del negoziato per farsi restituire quanto dovuto ai propri cittadini, interessi compresi. Un paese serio, avrebbe chiesto di escludere l’Argentina dal G20, prima di porsi come nuova guida morale della finanza mondiale. Un paese serio saprebbe che i risparmi di 450 mila sono una questione di principio certamente, una questione economica, ma anche e soprattutto una questione di dignità nazionale. Siamo davvero una nazione?