Il compianto Compagno socialista Paolo Pillitteri, oltre ad essere stato insigne critico cinematografico, indimenticato Sindaco di Milano e parlamentare del PSI, fu anche attento studioso e biografo del socialismo italiano.
Mi è capitato di recente di leggere una bellissima biografia, scritta da Pillitteri e pubblicata da SugarCo nel 1989, di una figura tanto celebre quanto poco approfondita dalla storiografia italiana, ovvero quella di Edmondo Da Amicis.
Con “Un cuore grande così – Edmondo De Amicis un uomo per il socialismo”, Paolo Pillitteri dà lustro allo scrittore italiano piemontese, nato nel 1846 e pressoché ricordato unicamente per il celebre romanzo “Cuore”.
De Amicis, però, scrisse ben altro e rappresentò, per la cultura e la politica sociale dell’epoca, moltissimo altro.
Nato a Oneglia, figlio di un banchiere regio dei Sali e Tabacchi di idee moderate, visse la sua infanzia a Cuneo.
A Cuneo intraprese studi ginnasiali e, ad appena tredici anni, affascinato dalle idee risorgimentali, decise di arruolarsi al seguito di Giuseppe Garibaldi. Se non divenne uno dei Mille, ad ogni modo, lo si dovrà alla madre, che gli impedì di partire per la Sicilia.
Nel 1861 entrò nel Collegio militare di Torino e intraprese la carriera militare, aspetto che gli permetterà, anni dopo, di scrivere la sua prima opera narrativa, ovvero “La vita militare”, edita da Treves nel 1868.
Nel 1863 proseguirà gli studi nel Collegio militare di Modena e, nel 1865 ne uscirà con il grado di sottotenente. L’anno successivo parteciperà alla celebre battaglia di Custoza della Terza Guerra d’Indipendenza italiana e partecipò anche, in qualità di giornalista militare della rivista “Italia Militare”, alla breccia di Porta Pia, a Roma, nel 1870 e, successivamente, lasciò l’esercito.
Pillitteri, nella sua ottima biografia, ci ricorda questo e molto altro.
Ci ricorda il De Amicis corrispondente dall’America Latina, nel 1884, quando descriverà – per primo – l’emigrazione italiana di quegli anni. Esperienza dalla quale trarrà il romanzo “Sull’Oceano”, pubblicato nel 1889. Solo e unico romanzo italiano che affronti il tema dell’emigrazione italiana nell’800.
E Pillitteri ci ricorda come, aldilà del romanzo “Cuore”, del 1886, con il quale divenne celebre, egli si avvicinò, nel 1890, al socialismo italiano, guidato da Filippo Turati e Anna Kuliscioff. E ciò anche grazie all’osservazione, vissuta da vicino, della sofferenza provata dagli emigranti, dagli umili, dai diseredati e dagli operai della sua epoca, che andavano ad ingrossare le fila di un proletariato sempre più in crescita e sfruttato dalle classi più abbienti.
In quell’anno, il De Amicis tenne un discorso agli operai torinesi, proclamandosi socialista, iniziando a intraprendere studi marxisti e a redigere il romanzo incompiuto “Primo Maggio”, che sarà pubblicato solo molti decenni dopo la morte, ovvero nel 1980, anche grazie alla rivalutazione dell’opera socialista deamicisiana operata dal Segretario del PSI Bettino Craxi.
E De Amicis diverrà socialista nonostante i pesanti contrasti famigliari con la moglie Teresa, bigotta e conservatrice. E saranno proprio le liti fra i due che porteranno il figlio maggiore, Furio, a uccidersi con un colpo di pistola alla tempia, su una panchina del parco del Valentino, nel 1898, a soli ventidue anni.
Aspetto che porterà il De Amicis, oltre alla morte della madre, ultraottantenne, a deprimersi profondamente e a rinunciare anche al seggio di deputato socialista, che aveva conquistato ottenendo ben 1098 voti, molti dei quali anche di non socialisti, ovvero di ammiratori e estimatori delle sue opere letterarie.
Tutte le opere di De Amicis e tutta la sua vita è basata sulla rettitudine, il senso del dovere, del sacrificio e dell’altruismo.
Ne “La vita militare”, come ricorda Pillitteri, De Amicis fa il ritratto di un soldato buono, coraggioso, al servizio di un Paese povero e arretrato quale era l’Italia post-Risorgimentale. Un soldato che combatte i briganti e assiste i malati di colera.
In “Sull’Oceano”, descrive la miseria e il coraggio dei poveri emigranti, costretti ad andare all’estero e a lasciare la terra natia.
In “Cuore” ci sono i primi vagiti del suo socialismo di ispirazione risorgimentale, mazziniana e garibaldina. Un socialismo fondato prima di tutto sull’istruzione e sulla ricerca di elevazione morale e intellettuale del popolo.
Non a caso, Paolo Pillitteri, nella biografia deamicisiana, riporta la frase che Giuseppe Mazzini disse all’amico anarchico russo Michail Bakunin – e con lui fondatore, assieme a Marx ed Engels, della Prima Internazionale dei Lavoratori, nel 1864 – quando questi gli chiese quale sarebbe stato il primo articolo del programma di una eventuale Repubblica italiana. Mazzini gli disse: “Fonderei scuole, poi scuole, poi ancora scuole”.
La classe dirigente dell’epoca molto si diede da fare per elevare un popolo, all’epoca analfabeta, riscattandolo dall’ignoranza.
I primi socialisti dell’epoca, riuniti nella rivista “Cuore e Critica”, fondata dal repubblicano-socialista Arcangelo Ghisleri nel 1887 (e nucleo di quella che diverrà la rivista del Partito Socialista Italiano, ovvero “Critica Sociale”, fondata da Turati nel 1891), rilevarono, peraltro, la necessità di creare un legame fra lavoratori e insegnanti, in modo che, questi ultimi, potessero infondere, nelle classi popolari, quello spirito di libertà e di riscatto sociale indispensabile al fine di permettere loro di divenire donne e uomini emancipati. Non solo sotto il profilo sociale, ma anche sotto quello morale e intellettuale.
E “Cuore”, per molti versi, ci racconta anche questo, benché De Amicis non fosse ancora entrato in contatto con Turati e i socialisti.
Un romanzo in cui la generosità, l’educazione al sacrificio e la rettitudine morale vengono esaltati, nel solco, del resto, degli insegnamenti di Mazzini e Garibaldi, che possono essere considerati dei socialisti ante-litteram. In particolare quest’ultimo che parlava di “Socialismo” quale “Sol dell’Avvenire”, ispirandosi del resto agli insegnamenti, anche spirituali – fondati sull’amore per il prossimo – del filosofo francese Claude-Henri de Rouvroy de Saint-Simon.
Come ci rammenta Pillitteri, De Amicis non nasce, dunque, socialista classista, per così dire, ma socialista del cuore, ispirato da ciò che vede: miseria, sofferenza, disperazione, emarginazione, diseguaglianze sociali.
Aspetti che, a partire dal 1890, inizierà apertamente a denunciare, anche in articoli sulla stampa socialista, oltre che nel romanzo “Primo Maggio”, pubblicato postumo.
E ad ispirarlo sono gli scritti di Turati e Anna Kuliscioff – che gli saranno amici e confidenti – anche a prezzo dei continui contrasti e dissidi con la moglie, che arriverà persino, nel 1901, a dare alle stampe un volume di oltre 700 pagine, allo scopo di diffamare il marito.
Edmondo De Amicis, come Turati e la Kuliscioff, sarà sempre un socialista gradualista, contro ogni forma di violenza e di insurrezione violenta, ritenendo che solo attraverso le riforme si potesse giungere a emancipare le classi oppresse.
E questo lo rende, a tutti gli effetti, un esponente del socialismo italiano, purtroppo spesso dimenticato e spesso bistrattato da certa memorialistica.
Paolo Pillitteri, con la sua rara biografia, che consiglio caldamente di leggere e recuperare, ci restituisce la figura di questo grande scrittore italiano, nella sua completezza.
Una biografia che, in appendice, comprende anche i ricordi di Turati e della Kuliscioff in merito a De Amicis. Quest’ultima, in particolare, in una lettera al compagno, così lo ricorda in modo straziante, il giorno della sua morte, l’11 marzo 1908: “In questo momento ricevo il “Corriere” colla fulminea notizia della morte del De Amicis. Povero uomo! Dopo aver prodigato tanto tenero affetto, dopo aver intenerito quasi due generazioni è morto solo come un cane, che tristezza! Non so dirti come mi duole questa morte senza che ci fosse anima viva a lui vicino. Poveretto! Ed era tanto buono”.
Dopo quella lettera, Turati si recherà alla Camera dei Deputati a commemorare l’amico e compagno socialista, proferendo queste parole: “Egli fu il solo che insegnasse veramente a pensare, parlare, palpitare per la patria e per le cose alte e pure a milioni di uomini, di donne, di fanciulli…”.
Edmondo De Amicis aveva davvero un cuore grande così. Un cuore socialista.
Luca Bagatin