Ovvero da un “sinistrismo” borghese che, da una trentina d’anni, ha affossato il socialismo, la giustizia sociale, la sovranità nazionale, per smantellare progressivamente lo stato sociale e i diritti dei lavoratori (vedi i vari Jobs Act); sdoganare le più assurde culture “woke”; promuovere i diritti e le libertà per i più ricchi (come i vari uteri in affitto); promuovere le esportazioni di democrazia a suon di bombe e imporre embarghi a Paesi sovrani, solo perché non allineati ai desiderata degli USA o delle multinazionali europee.
Un sinistrismo borghese (in Italia ampiamente rappresentato da PD; Cinque Stelle; Bonelli e Fratoianni; Calenda, Renzi e Bonino) niente affatto diverso da quelle destre liberal capitaliste (di cui la Meloni, Salvini e Tajani sono i più celebri esponenti, in Italia), più o meno estreme, alle quali finge di contrapporsi.
Da almeno una decina di anni scrivo, sia in articoli che saggi, che occorre un sano ritorno al socialismo originario, ovvero a un sano populismo di sinistra, che recuperi gli ideali e i valori della Prima Internazionale dei Lavoratori (sintesi fra pensiero socialista umanitario, repubblicanesimo, marxismo e anarchismo) e che guardi a esperienze moderne e vincenti, quali il Socialismo Latinoamericano del XXI Secolo (di cui il Presidente brasiliano Lula è uno dei più noti esponenti); il socialismo con caratteristiche cinesi di Xi Jinping (ovvero economia socialista di mercato); quello slovacco di Robert Fico e Peter Pellegrini e alle proposte della tedesca Sahra Wagenknecht, dell’irlandese Mick Wallace; del francese Mélenchon e del britannico Jeremy Corbyn.
Un socialismo (un tempo, in Italia, rappresentato in particolare dal Partito Socialista Italiano di Bettino Craxi, ma anche dal PRI di Mario Bergamo e Randolfo Pacciardi e dal PSDI di Pietro Longo), che abbia valori antichi e promuova scelte moderne; che rompa con l’egemonia liberal capitalista; che ponga al centro il cittadino e la comunità; che riporti nelle mani pubbliche i settori chiave dell’economia (società energetiche; telecomunicazioni; trasporti; settore bancario, siderurgico e militare); che apra all’autogestione delle imprese da parte dei lavoratori; che getti le basi per una società ordinata, senza sconti nei confronti di una criminalità sempre più dilagante; che punti alla costruzione di un mondo multipolare, portando l’UE nei BRICS; riduca le spese militari, anziché irresponsabilmente volerle aumentare, come vorrebbero le destre e il “sinistrismo” borghese europeo; investa massicciamente in ricerca, sanità e istruzione; promuova il dialogo e la cooperazione internazionale.
Tutto ciò a me pare anche più che evidente. Che ciò sarà possibile, in un momento storico come quello attuale, in cui il socialismo è stato totalmente affossato nei Paesi liberal capitalisti (e non solo, pensiamo anche alla recente detronizzazione del socialismo laico in Siria, nel silenzio più assordante dei sedicenti “laici” e “democratici” di casa nostra), non mi illudo affatto lo sia.
Luca Bagatin