La situazione attuale nella Striscia di Gaza è caratterizzata da un bilancio tragico, con almeno 45.317 vittime e oltre 107.713 feriti a causa delle operazioni delle Forze di difesa israeliane (IDF), come riportato alla Vigilia di Natale da Agenzia Nova. L’escalation di violenza è iniziata dopo l’attacco di Hamas al kibbutz, del 7 ottobre di 15 mesi orsono, che ha portato a una strage durante un rave nel deserto e al rapimento di molti ostaggi. Attualmente, non si conosce il numero esatto degli ostaggi ancora in vita.
La guerra tra Hamas e Israele sembra destinata a essere uno di quei conflitti senza una via d’uscita. La Striscia di Gaza, già gravemente compromessa da anni di conflitti, è un territorio densamente popolato e segnato dalla presenza di rifugiati. Le condizioni di vita sono ulteriormente deteriorate, con l’inverno che aggrava la situazione. Le due parti in conflitto hanno posizioni ben distinte: da un lato, coloro che sostengono Israele come baluardo della democrazia, dall’altro chi percepisce una violazione del diritto all’autodeterminazione palestinese.
Il contesto politico è complesso, con l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) che cerca di porsi come interlocutore affidabile. Tuttavia, molti sostengono che le dinamiche di potere nella regione continuino a favorire gli estremismi, con la popolazione civile spesso usata come scudo umano dai gruppi armati. Le conseguenze della guerra sono devastanti: ospedali, scuole e strutture di accoglienza per i rifugiati sono stati distrutti, colpendo i diritti fondamentali degli abitanti, come l’accesso all’acqua, al cibo e alle cure mediche.
Un reportage fotografico dell’Associated Press rende evidenti le devastazioni a Gaza, mostrando che le strutture abitative sono praticamente distrutte, con i combattenti delle Brigate che si nascondono nei tunnel sotterranei. In questo contesto, è fondamentale un appello alla responsabilità per le potenze esterne coinvolte nel conflitto, dai Paesi del Medio Oriente a quelli occidentali, compresi Stati Uniti e Gran Bretagna.
Israele ha dimostrato capacità di difesa, riuscendo a proteggere molti obiettivi militari. Tuttavia, la guerra tra Hamas e Israele appare interminabile, alimentata da interessi internazionali e politiche regionali. In questo scenario, la popolazione civile di Gaza continua a pagare il prezzo più alto.
Infine, mentre in Occidente si chiude un occhio, la vita dei civili a Gaza diventa sempre più insostenibile. La riduzione del numero di persone in fuga dal conflitto, secondo quanto riportato da ANSA, mette in luce la drammaticità della situazione. Anche se vi sono stati sviluppi politici significativi, come la dimissione dell’ex ministro della Difesa di Israele, Yoav Gallant, e i preparativi da parte dell’UNRWA per chiudere uffici in Cisgiordania e Gaza, il conflitto continua a sollevare preoccupazioni e tensioni nella regione, in particolare in Libano.
Questa fase storica richiede una riflessione profonda sulle implicazioni etiche di un conflitto che sembra destinato a persistere. Solo un genuine diplomatic effort scrive esplicitamente il New York Times, può sperare di interrompere questa spirale di violenza e sofferenza umana.
Il comitato per il Rilascio degli Ostaggi, scrive il Times of Israel, è sceso in piazza ancora una volta auspicando la fine del conflitto. Immagini di euronews. MC