Il peso dell’età secondo Montaigne e la scelta di scrivere gli ESSAIS

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Un testo come quello degli ESSAIS di Montaigne vuole essere una riflessione, per lo più rivolta a se stesso, su se stesso, in continuo dialogo, più similmente concepita come una domanda e risposta sul modello del SALMO che non del saggio, ma del tutto laica, priva di chiarimenti con altre parti che non siano il proprio IO.

In tanti momenti della vita, ci si trova a riflettere su quel che siamo stati e su quel che siamo diventati. Un uomo di quarant’anni, consapevole del peso degli anni trascorsi e di quelli ancora da vivere, inizia il suo viaggio interiore con un senso di malinconia che lo accompagna come un’ombra. La società tende a celebrare la gioventù, ma per lui, giunti a questo punto del percorso, la parola “mezza età” risuona come un campanello d’allarme. La vita, fino ad ora, non è stata sempre brillante; tutto ciò che ha vissuto ha lasciato segni indelebili, non solo sul suo corpo ma anche sul suo spirito, che spesso si è trovato in conflitto con l’uno o con l’altro.

I saggi che scrive, nello spirito di Montaigne, riflettono non solo le sue paure, ma anche la sua curiosità verso il mondo. Osservando la vita altrui, si immedesima nei personaggi delle storie, nelle vicende e nelle esperienze di chi lo circonda. Ogni volta che legge o ascolta una storia, si chiede: “Cosa avrei fatto io al posto loro?” Questo interrogativo diviene il motore del suo processo di analisi, un modo per esplorare strade che non ha mai intrapreso. Attraverso gli altri, vive esperienze che non possono far parte del suo quotidiano, si confronta con la condizione umana nella sua totalità.

L’uomo di quarant’anni, dunque, diventa anche un esploratore, un viaggiatore che si muove tra le pieghe della propria esistenza. Sente il bisogno di comprendere il mondo, prima di poterlo descrivere. Ogni riflessione diventa una tessera di un puzzle ben più complesso, che cerca di mettere insieme per raggiungere la chiarezza. Ogni pezzo che inserisce rappresenta un frammento di verità su se stesso e sulla sua vita; una vita che, nonostante le sue imperfezioni, è ricca di insegnamenti.

Ecco dunque l’obiettivo dichiarato di quest’uomo: la conoscenza di sé. Non si tratta solo di un mero esercizio di introspezione, ma di una valutazione profonda delle proprie inclinazioni e capacità di giudizio. Ha imparato, nel corso degli anni, che la franchezza è un potente alleato nei viaggi interiori. Attraverso il racconto delle sue esperienze e la loro interazione con quelle degli altri, si propone di arrivare a una comprensione più ampia della condizione umana.

In questa fase della vita, le esperienze sembrano accumularsi come pile di libri non letti, ciascuno contenente saggi sui vari aspetti dell’esistenza. Per quell’uomo, i saggi non sono solo testi da studiare, ma strumenti per navigare attraverso le complessità della propria anima. È consapevole che essi devono essere maneggiati con attenzione, perché il dialogo tra l’io di ieri e l’io di oggi è fondamentale. Non si tratta di un’entità letteraria chiusa in un volume polveroso, ma piuttosto di un atteggiamento mentale, un continuo confronto e una rielaborazione della propria esistenza.

In un certo senso, questi saggi diventano un rifugio dove l’autore si ritira dalla frenesia della vita pubblica. Qui, lontano dagli sguardi e dai giudizi altrui, si concede di esplorare le radici delle sue paure e dei suoi desideri. Con una sorta di amoroso compiacimento, decide di lasciare spazio al suo spirito, ma si rende conto che tale ozio può generare chimere e mostri. Queste creature, nate dall’ozio, si presentano sotto forma di ansie esistenziali, dubbi infiniti e quella inquietudine che spesso lo assale nel silenzio della sua solitudine. Tenere a bada questi mostri diventa, così, una sorta di lavoro a tempo pieno, un compito che richiede pazienza e resilienza.

Nella sua ricerca, l’uomo di quarant’anni si rende conto che ogni passo, ogni pensiero è parte integrante di un cammino personale. Nonostante il peso degli anni sembra gravare sulle spalle, egli abbraccia il suo stato di “mezza età” come un’opportunità per crescere, per nutrire la sua anima e per domare i mostri che quotidianamente affronta. Concludendo questo viaggio, diventa chiaro che la vera essenza della vita non risiede tanto nel raggiungimento di traguardi brillanti, quanto nell’esplorazione e nella comprensione di se stessi e degli altri. E così, mentre avanza lungo la strada, l’uomo continua a scrivere i suoi saggi, non solo per dare voce ai suoi pensieri, ma soprattutto per tenere viva la fiamma della curiosità e della consapevolezza.

Insomma, il mio spirito è davvero singolare e abituato a suo modo. Non ha avuto sinora né padroni né comandi, e perciò è andato innanzi col passo che più gli è garbato. Ciò mi ha reso delicato e inutile al servizio degli altri, buono soltanto a me stesso. D’altronde, non vi è stato bisogno di forzare la mia natura infingarda e fannullona; la mia fortuna è stata tale, dalla nascita, che mi ci sono potuto arrestare; e tale è stato il mio senno, che ho sentito di possederne abbastanza per il momento in cui ne avessi avuto bisogno. Perciò non ho cercato nulla e nulla ho conquistato: Non agimur tumidis velis Aquilone secundo; Non tamen adversis aetatem ducimus austris: Viribus, ingenio, specie, virtute, loco, re, Extremi primorum, extremis usque priores.

Montaigne. Saggi (Classici Vol. 353) (p.6). REA Multimedia. Edizione del Kindle.

Commento ragionato credits Università di Tor Vergata, Roma

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