Nella 293esima serata di Lodi Liberale, è stato presentato il libro “Matteotti. Tra contemporaneità e storia” insieme a Pier Franco Quaglieni (Direttore del centro Pannunzio), Gerardo Nicolosi (Professore di Storia contemporanea all’Università degli studi di Siena), Rossella Pace (Professore di Storia contemporanea all’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli) e Carla Sodini (già Professoressa di Storia Moderna all’Università degli Studi di Firenze).
Il libro è stato presentato per la ricorrenza dell’Anniversario dei 100 anni della morte di Matteotti, che viene in mente per primo in quanto vittima del fascismo e antifascista atipico, perché non apparteneva alla classe tradizionalmente socialista.
Il presidente Maggi ha spiegato che l’opera è divisa in tre parti: una parte è scritta e curata dal Professor Quaglieni; segue il discorso in Parlamento che costò la vita al politico, nonché alla fine si trova un saggio di Piero Gobetti.
Il primo ospite a intervenire è stato Gerardo Nicolosi, che ha parlato della crisi italiana in politica del 1924 e della debolezza del pensiero liberale, in quel momento era ancora possibile far cadere il gabinetto Mussolini. Il numero monografico di Gobetti ebbe il merito di mettere in chiaro che, l’esperienza mussoliniana, non era in linea con il liberalismo. Al netto delle ragioni di fiancheggiamento, in questo momento la verità tornava a farla da padrona.
Il discorso di Matteotti in parlamento infatti gli costò a breve, la vita stessa.
Il professor Quaglieni è intervenuto, invece, per parlare della sua curatela e dell’introduzione del libretto: l’idea del professore è scaturita da un libro di Gobetti, che era un saggio, in questo modo riletto e quindi approfonditamente studiato. Nel saggio viene citato, per primo, Renzo de Felice. Il saggio affronta la questione con una sorta di distacco storico, che non vuole per nulla enfatizzare una situazione: secondo il professor Quaglieni lo stesso Gobetti non rappresenterebbe in molto il pensiero liberale, bensì include troppa tendenza all’immedesimazione con Gramsci.
“Matteotti – ha detto Quaglieni – era di altra levatura e probabilmente non pensava una serie di cose scritte da Gobetti, come ad esempio le considerazioni sulla Rivoluzione in Russia. Matteotti sul tema del Bolscevismo e della Rivoluzione d’Ottobre aveva idee diverse, era anti comunista. Pannunzio aveva una idiosincrasia per Gobetti, amando il Risorgimento come Amodeo, non poteva concordare con Gobetti, che il Risorgimento lo ha massacrato.”
La professoressa Sodini al suo primo intervento a Lodi Liberale ha cercato di dare una chiave di lettura diversa al suo contributo: ha parlato di come sia facile nei volumi che vengono preparati a ridosso delle celebrazioni si trovino considerazioni relative a mode, tendenze e non sempre contributi scientifici. Nel caso di questo libro, invece, il discorso è diverso. Il professor Quaglieni ha affrontato l’argomento con una chiave storica.
La professoressa Pace invece ha portato la sua esperienza maturata in questi anni presso il Comitato per la celebrazione del centenario di Matteotti. Sono circa cinquanta le opere che si propongono per la ricorrenza. Molti di questi libri sono stati fatti frettolosamente: invece, questo, è una curatela uscita prima tra tutti, che danno degli spunti ottimi. Emerge una notevole conoscenza di Matteotti, ma tratta dell’argomento della libertà liberatrice, quella libertà aperta agli altri, che non è semplice da perseguire.
Nel libro si parla della battaglia parlamentare per la libertà, specialmente contano le conseguenze che questo discorso ha avuto sugli atti successivi parlamentari: Amendola, per esempio, inizia nel breve a fare interventi dello stesso genere. Colonna di Cesarotti ad esempio, ex fascista, entra in favore di Matteotti, come Gronchio e Gonzales.
L’approdo del professor Quaglieni a Lodi Liberale è stato molto apprezzato, tanto da aver aggiunti diversi livelli nella comprensione del testo. La serata si è conclusa con una riflessione sul tipo di delitti di cui è stato formalmente accusato il governo, il Mussolini non era uno sprovveduto, ma un grande manovratore politico che, in questo frangente, forse, non è nemmeno stato il diretto mandante dell’omicidio Matteotti.
Renzo de Felice già nel suo libro metteva in dubbio che potesse essere stato Mussolini a chiedere questo omicidio, infatti lo scandalo poteva causare le dimissioni forzate del capo del governo. Con le elezioni del 1924, in modo furbo o meccanico o con l’approvazione delle folle, Mussolini prende molti più voti che non quelli necessari per il premio di maggioranza, inizia a governare navigando molto tranquillamente.
Martina Cecco