Conoscenza. Governo degli uomini e governo della legge, il nuovo libro di Lorenzo Infantino

0
62

Nella 292esima serata di Lodi Liberale di lunedì 2 dicembre è stato presentato il libro “Conoscenza. Governo degli uomini e governo della legge”, pubblicato da Rubbettino Editore, insieme a Lorenzo Infantino (Professore emerito di Filosofia delle scienze sociali presso la LUISS Guido Carli di Roma), Raimondo Cubeddu (Senior Fellow dell’Istituto Bruno Leoni) e Antonio Masala (Professore di Filosofia Politica presso l’Università di Pisa).

 

“Questo è un piccolo capolavoro che presentiamo questa sera, uscito da poche settimane, si tratta di 101 pagine che sono molto importanti perché parliamo di chi ha introdotto la Scuola Austriaca in Italia, lavorando sulle opere degli autori.”

 

Karl R. Popper ha affermato che quella della conoscenza è la «teoria delle teorie». Ciò significa che quanto diciamo a proposito di qualunque fenomeno, sia nel campo nella natura che in quello della società, si basa sempre, anche quando non ne siamo consapevoli, su una premessa di carattere gnoseologico. La presunzione che una minoranza privilegiata (o un uomo solo) possieda la conoscenza necessaria per operare ogni scelta conduce a una gerarchia obbligatoria di fini, dentro cui si deve ineludibilmente svolgere la vita dei governati. La giustizia coincide in tal caso con quanto di volta in volta viene deciso dai detentori dei ruoli autoritativi. È una giustizia senza diritto, che riduce la capacità realizzativa dell’attività sociale al livello di quel che viene stabilito da coloro che stanno al potere. È il «governo degli uomini». Per altro verso, il riconoscimento della condizione di ignoranza e fallibilità, a cui tutti gli esseri umani soggiacciono, impedisce che la demarcazione dei confini fra le azioni venga decisa dalla volontà arbitraria di una minoranza privilegiata. La funzione delimitatrice viene svolta dalla norma generale e astratta. Questa non impone alcun fine; si limita semplicemente a indicare quel che gli attori non devono fare; è la giustizia che si realizza tramite il diritto. Prevale la scelta individuale, che concorre ad alimentare un permanente processo di mobilitazione delle conoscenze, di esplorazione dell’ignoto e di correzione degli errori. È il «governo della legge». Muovendosi con semplicità e immediatezza, l’Autore getta luce, fra l’altro, sulla via attraverso cui dal «governo degli uomini» si giunge al totalitarismo; e individua le modalità mediante le quali il «governo della legge» viene aggredito e la sua operatività fatalmente compromessa. È un viaggio in compagnia dei grandi delle scienze sociali.

 

“In questo libro di parla del Governo della legge, cioè non si tratta di stabilire quali siano le persone che devono ricoprire le cariche, ma come si fa a controllare chi comanda, perché se andasse al potere la peggiore persona, non potrebbe tuttavia influire sul tutto.”

Il presidente di Lodi Liberale, Lorenzo Maggi, ha introdotto i suoi ospiti intervenuti all’incontro per parlare di questa pubblicazione portandoci a riflettere, prima di tutto, sulle conseguenze non intenzionali delle decisioni politiche ed economiche, una delle più importanti teorie del liberalismo.

 

Il razionalismo, oggi, è un potenziale nemico

 

“Questo è un libro che serve, per come è impostato, affronta varie questioni: quel che più colpisce è che riprende la questione dell’individualismo vero e del liberalismo falso. In un certo senso prende in mano la questione di come si utilizza la libertà: due sono gli autori in particolare che sono da considerare, Locke e Mill; nel primo caso abbiamo un accenno al liberalismo, che aspira alle idee del liberalismo, ma che non riflette sui limiti della ragione, che in Locke è centrale e arriva al diritto naturale, al concetto di proprietà e alla concezione dello Stato come giudice terzo, in questo senso si allontana in maniera radicale dalla tradizione liberale che si rimette alla questione dell’ordine spontaneo. In questo libro si parla molto chiaramente del tipo di liberalismo di Locke. Nel caso di Mill, infine, ci si allontana ancor più dal concetto di libertà. In questo libro si parla di come la ragione sia limitata nel suo risolvere i problemi, che hanno più probabilità di essere risolti, al netto della libertà di sbagliare, interagendo con altri e scambiando le questioni con un numero maggiore di persone.”

 

L’informazione non è conoscenza

 

“Nel momento in cui comprendiamo il fatto sociale della ragione, allora riusciremo – ha detto il professor Antonio Masala – a concretizzare quel che si dice libertà. Oggi viviamo in un mondo che vede tecnologie nuove, come l’Intelligenza Artificiale; viviamo in un mondo digitale che è costruito intorno agli algoritmi, che ci danno l’illusione di sapere tutto, di avere una conoscenza illimitata. In questo senso quindi le persone ritengono di non aver più bisogno di interagire con gli altri, pensano di risolvere tutto con internet. L’idea è che in questo modo possiamo plasmare il mondo come è meglio. In questo libro, invece, si parla di conoscenza come fatto sociale, motivo per cui neghiamo il processo spontaneo di aggiustamenti tra le persone, quindi ci illudiamo di venire a capo delle cose in modo puntuale.”

 

“Cambiamenti importanti che trasformano la società avvengono con le interazioni umane: il cervello diventa una mente, diventa intelligenza, quando rielabora socialmente. Questo fenomeno di automatismi artificiali avrà un peso sempre maggiore e questo porta a considerare che il razionalismo potrebbe essere un problema. C’è la convinzione che essere informati possa corrispondere a conoscere le cose, ma non è così.”

 

Razionalismo e totalitarismo hanno a che fare?

 

“Questo libro è un proseguo rispetto ai precedenti volumi – ha detto Cubeddu – e si sofferma sull’antitesi tra il Governo degli uomini e il Governo della legge; in questo volume si condensa una conoscenza amplissima di un argomento. Quello che merita menzionare è una ripresa di Hayek, quando rifletteva su Hume. In questo libro si parla di una Teoria, quella del Governo della Legge, che ha avuto un percorso molto complicato ma che ha avuto un successo senza dubbio notevole. Le due teorie si delineano chiaramente fin dai tempi di Cartesio: nella tradizione del pensiero occidentale ricorrono in forma diversa, presentando un quesito che già si poneva Aristotele. La visione attuale quindi pone le basi su Cartesio, attraverso Bentham e Hume arriva a cercare di giustificare una natura razionale delle cose, dando per scontato che esista qualcosa da cogliere, che esiste indipendentemente da noi, che ci consentirà di performare le nostre società e le nostre scelte.”

 

Il professor Cubeddu ha spiegato come, in sostanza, la teoria moderna sia nata già a partire dall’epicureismo, ma si sia poi evoluta anche e specialmente giustificando con le relazioni umane e con lo scambio per la soluzione dei problemi e non con il razionalismo. Gli autori, i filosofi, i pensatori che si sono presentati con un superamento del finalismo aristotelico, hanno cercato di collocare il momento del cambiamento dando ad esso un perché, cercando di evitare una razionalità prescrittiva, ma tornando a dare un ruolo al caso, alla coincidenza.

 

“Un bambino da solo non sviluppa nessuna forma di conoscenza, non sviluppa nessuna forma di razionalità, a un certo punto riusciamo a capire il mondo mettendo in relazione e in cooperazione la ragione.” Secondo Cubeddu la cooperazione è una sorta di forma di conoscenza condivisa, non una scoperta, ma una creazione in fieri. 

 

“Il totalitarismo si basa sull’applicazione estrema di un concetto razionalistico, poiché emenda ed esclude quanto non rientri negli schemi del sistema. Il Governo degli uomini, rispetto al Governo delle leggi, ha questo grande limite e in questo libro l’autore ci pone il problema di limitare il superpotere del razionalismo, tornando a vedere un uomo come entità pienamente sociale, che sviluppa il valore attraverso lo scambio.”

 

Il diritto è nato come ordine spontaneo

 

“Nel mio libro “L’ordine senza piano” una pubblicazione che ho pensato e progettato in oltre 10 anni di studio e di lavoro, preparato ad Oxford, ho fatto il passo decisivo del mio itinerario intellettuale. Ora, in questo volume, affronto il problema della conoscenza. Il primo capitolo scritto è stato quello su Cartesio, perché credo che il dubbio cartesiano sia metodico, in un periodo di scetticismo dove c’era il crollo della concezione teologica, egli sostiene di dubitare. Ma non si tratta di un dubbio esistenziale, un dubbio socratico.”

 

“La cooperazione sociale consiste nel mettere insieme quello che si sa fare meglio, con quello che si sa fare peggio: il processo sociale consente al cervello umano di trasformarsi in una mente umana, crescere. Tale tradizione post lucreziana arriva al darwinismo.” Il professor Infantino ha voluto mettere in rilievo che negare il fondamento inconcusso, cioè il privilegio di un solo sapere, di un solo grande legislatore, in proprio o in vece della divinità, come fece Hume, mettendo i termini di giustizia il limite che consente di arrivare alla convivenza.

 

“Quello che scopriamo e quello che ereditiamo non ha paragone in termini di peso scientifico: la nostra ricchezza non dipende dalle nozioni, ma dal processo sociale. Cartesio ha reificato la ragione: dando a lei la colpa delle azioni delle persone.”

 

“Le tradizioni devono essere nettamente delimitate, serve ricostruire una logica che divida le tradizioni di ricerca: la tendenza per un certo periodo di segnalare comunanza di tradizione tra elementi di ricerca periferici, è stata un grave errore in termini di comprensione di un percorso di un concetto. Gruppi di studiosi hanno rifiutato il ‘600 cartesiano e il ‘700 è stato un periodo di enorme crescita, ma i filosofi del periodo furono snobbati dagli enciclopedisti come Diderot e d’Alembert.”

 

Il professor Infantino ha proposto una riflessione sui totalitarismi e sulle motivazioni che hanno condotto il ventesimo secolo a una predisposizione del diritto, che se non pone tutti sullo stesso piano, è leso e non ha possibilità di crescita, di aumento della produttività, di realizzare le libertà che concernono i diritti stessi.

 

Nel momento in cui si torna a recuperare il metodo induttivo, quello costruito dall’Intelligenza artificiale, torniamo indietro, non procediamo attivamente in avanti. Noi facciamo affidamento agli uomini, sulla base delle loro promesse, ma il governo della legge si basa sulla ricchezza del processo di interazione sociale tra menti limitate, fallibili.

 

Martina Cecco

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento!
Inserisci il tuo nome