Nella 289esima serata di Lodi Liberale è stato presentato il libro di François Furet “Il passato di un’illusione. L’idea comunista nel XX secolo”, pubblicato dalla Silvio Berlusconi Editore, insieme a Marina Valensise (Giornalista), Giulio De Ligio (Ricercatore associato all’Ecole des hautes études en sciences sociales di Parigi) e Salvatore Carrubba (Giornalista).
“E’ l’11 anniversario di Lodi Liberale e l’associazione da allora organizza incontri per parlare di libri e di liberalismo. L’Associazione è iniziata con un primo incontro tenuto a battesimo da Alberto Mingardi e Piero Ostellino il 13 Novembre 2013.” Il presidente di Lodi Liberale ha spiegato come è iniziata l’attività e come è importante ricordare che dopo tutto questo tempo l’associazione ha continuato a organizzare conferenze e incontri fornendo conoscenza di questo pensiero coinvolgendo sempre professori, intellettuali e giornalisti. Lodi Liberale infatti non è propriamente un’associazione politica.
La serata è stata pensata per parlare del fondamento ideologico del comunismo, come ideologia di massa e illiberale. Il liberalismo è invece la base della società occidentale. Ancora oggi ci sono persone e autocrati che non pensano che i regimi ledano i diritti delle persone. Se il nazismo è ormai stato debellato, il comunismo ancora, no.
“Questo libro parla di come il comunismo ha avuto modo di manipolare nel XX secolo gli elettori attraverso gli intellettuali, che si sono fatti veicolo fanatico e promotore della crema dell’intellighenzia di tutti i paesi, non solo la Russia ma anche la Germania, la Francia e l’Italia. L’autore è un ex comunista che sceglie di imbracciare le armi per la resistenza e naturalmente si ritrova tra le fila del movimento comunista.”
La giornalista Marina Valensise ha quindi parlato di come questo intellettuale abbia iniziato a scrivere dell’idea messianica che ha elettrizzato le coscienze in virtù di una fedeltà religiosa a questa ideologia e anche dell’enorme azione intellettuale della mistificazione del comunismo, che non è più scrittura di un periodo, ma un grande fiume di illusione.
“Un libro molto scomodo che pone fine al tabù ereditato dalla fine della seconda guerra mondiale, non potendo attaccare il comunismo, perché vinse il regime nazista.” La giornalista Marina Valensise sottolinea la differenza tra ieri e oggi rispetto alla cultura politica europea.
“Questo libro merita una discussione molto attenta che dovrebbe entrare nel merito di diversi aspetti, tra cui anche la comparazione tra i due regimi. E’ un invito a non trascurare l’autore che considera la debolezza delle persone di fronte alla pressione ideologica e la pressione interna, onesta, che nel ‘900 non ha concluso il suo ciclo, dando modo di mostrare quanto lo spirito umano sia permeabile alle ideologie.” Giulio de Ligio ha parlato dell’esperienza personale dell’autore: questo libro non è scritto in modo prevedibile. E’ scritto nel 1995 ed è uno sforzo rigoroso e radicale di andare alle radici dell’ideologia comunista, proprio quando il comunismo capitola.
“Il suo è un invito attento a non ripetere la stessa forma di errori compiuti con una forma diversa. Il testo fornisce una sorta di identikit di un’ideologia e della passione ideologica per arrivare a capire come fece a mietere tale successo, specialmente tra gli intellettuali, per capire che cosa sia anacronistico. L’autore non fu mai in un certo modo un intellettuale ortodosso, ma non evita di attirare l’attenzione sulle incoerenze delle democrazie liberale, che suscitano tentativi di risposta su problemi seri”.
“Questo libro documenta in modo molto attento l’illusione comunista e il grande accecamento collettivo. In primo luogo una riflessione parte dalla crisi delle democrazie liberali, sottolineando quindi che le ideologie nascono dalla debolezza reale della civiltà democratica liberale e a valle si riconosce che Furet ha una tesi molto forte, sostiene che dal punto di vista della filosofia della storia la civiltà liberale sembra privare gli uomini della comunità vera, lasciando inespresse delle passioni dell’animo umano. La civiltà si è polarizzata tra il nazionalismo e il collettivismo dei lavoratori.”
“Un punto a parte è l’incontro con la figura intellettuale di Raymond Aron, dove inizia a farsi delle domande inerenti il moralismo astratto: l’autore lo rifiuta e si impegna per darne una lettura attraverso la visione della comunità umana autentica”.
Il Giornalista Salvatore Carrubba ha introdotto il suo intervento ponendosi la fosca questione della società democratica liberale, che è andata in crisi: ha raccontato la storia della parabola di Viktor Orban, che negli anni ’90 era un campione del liberalismo, diventato improvvisamente servitorello di Vladimir Putin. Questo spiega la collobazione del libro di Furet: il suo seguito all’epoca lo ebbe, perché era di moda definirsi tutti liberali, in una illusione di mercato di pensiero.
“Questo era un libro che spiegava in maniera illustrata come era folle l’ideologia comunista, ma attualmente invece non è più in trend di mercato, perché i giornali e media non si occupano delle cose che non rispondono alle domande immediate del momento. Questo libro parla di cosa accadde nella vecchia Europa e come mai questo libro nacque ed ebbe un seguito.”
“Questo libro rischia di rimanere schiacciato dagli altri poiché nessuno lo contestualizza. Eppure si tratta di un libro capitale del ‘900 perché è un libro nel quale viene anatomizzato con grande accuratezza il percorso dell’infatuazione al comunismo da parte di gran parte della classe intellettuale del momento.”
“La Rivoluzione sovietica si faceva erede della Rivoluzione francese e Furet introduce l’elemento innovativo di grande scandalo di declassare la Rivoluzione francese togliendogli quel che di sacro. Il libro approfondiva e confermava il mutuo appoggio tra le diverse forme di totalitarismo nell corso del ‘900 e la reciproca sostenibilità.”
Furet argomenta e dimostra questa tesi con precisione e con puntualità. Questo libro merita di essere letto.
Martina Cecco