di LUCA CHECOLA
In questi giorni ho letto con molta attenzione l’analisi di Angelo Ventrone, “Perché abbiamo bisogno di un Nemico?” pubblicata dalla “Rivista di Politica”.
Questa lettura mi ha convinto ancora di più a riflettere proprio su questa tematica che ritengo molto interessante.
Le domande che mi sono posto sono molte, ma cerco di andare in ordine.
Nel nostro Paese esiste una consolidata realtà: l’idea di sviluppare campagne elettorali costituite (quasi) totalmente sulla paura e sulla demonizzazione dell’avversario politico. Questa è una caratteristica sia dei partiti di centro-sinistra, con l’antiberlusconismo, sia di quelli di centro-destra in cui si cerca di sottolineare gli storici errori del comunismo e così facendo si tenta di dimostrare quali effetti dannosi comporterebbe un ritorno a quell’idea politica; oltre a questi due esempi esiste poi quello della Lega Nord che nella sua lunga storia ha sempre puntato molto sulla paura e sul fatto di demonizzare i suoi veri o presunti nemici (meridiani, “Roma ladrona”, extracomunitari, rom, ecc.). Davanti a una situazione del genere, che come afferma Ventrone, “(…) è durata più a lungo che nelle altre democrazie occidentali”, bisogna, secondo il mio modesto parere, capire innanzitutto dove ci ha portato agire in questo modo e soprattutto quindi quali sono state le conseguenze per il Paese.
Il risultato più visibile è un’Italia molto frammentata che cerca di “estremizzare” la propria posizione già molto marcata rispetto al confronto bipartisan soprattutto su tematiche di un interesse comune. In una situazione così radicata diventa difficile sia elaborare buone e utilissime nuove politiche sia soprattutto sviluppare ottime strategie di comunicazione politica. Gli amanti di questa professione si trovano quindi molto più in difficoltà rispetto ai loro colleghi stranieri, soprattutto inglesi e statunitensi, in quanto è sempre più arduo cercare di concentrarsi in modo efficace su tematiche urgenti ed indispensabili per i cittadini, perché, come detto, la radicalizzazione si è portata all’eccesso. Il tentativo che bisognerebbe fare è vivere la vita politica non come una partita di calcio, in cui esiste il sano sfottò tra le tifoserie (ovviamente sempre all’interno delle regole e della civiltà), e l’amore estremo per la propria squadra, ma pensando a quello che è più utile per il Paese anche se una determinata proposta viene sviluppata dalla parte politica a noi avversa, senza invece bocciarla a priori.
La speranza è che anche nel nostro Paese si possa crescere sotto questo punto di vista e iniziare a confrontarsi nel merito delle questioni concrete rispetto a ideologie diventate davvero troppo vecchie!