Le due destre

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di STEFANO DE LUCA

Lo scontro nella maggioranza governativa rivela la esistenza, anche in Italia, come in Francia di due destre: una autoritaria, xenofoba, egoista e tendenzialmente secessionista, che si identifica nella Lega con una parte del PDL a rimorchio, ed un’altra costituzionale, nazionale, moderata, attenta al mercato ed aperta ad una società multirazziale e pluralista, interpretata da Fini.

La differenza con i cugini d’oltralpe è che, da noi il lepenismo è maggioritario rispetto al sarcosismo, a causa della anomala presenza di Berlusconi, insofferente alla democrazia, sia nel suo partito, dove ha ottenuto un sostegno plebiscitario dalla Direzione da lui stesso nominata, sia in Parlamento, dove colloca i suoi fedeli o sodali. La destra democratica di Fini quindi, fortemente minoritaria in un PDL padronale, non può che guardare verso il centro, per aprire un confronto con le componenti liberale, democratica e cattolica. Si aprirà pertanto, anche nel nostro Paese, una stagione di dialogo, come avvenne in Francia, tra l’UDF di ispirazione liberale di Giscard d’Estaing ed i Gollisti dell’UMP. Nella politica non c’è mai nulla di nuovo. Per non sbagliarsi nelle analisi, basta osservare attentamente quanto è già avvenuto in passato in una realtà similare.

Purtroppo a causa del ruolo ridondante di una informazione schierata, non esiste uno spazio sufficiente per la promozione di una opinione libera, che non corrisponda al perverso schema bipolare destra contro sinistra.

Da questa anomalia deriva la totale assenza dai media del punto di vista liberale, anzi, sia la stampa governativa che quella di opposizione, hanno totalmente ignorato l’esistenza di una piccola forza organizzata dei liberali e delle loro idee, condannando il nostro Paese a rimanere indietro, rispetto agli altri.

Gli Stati Uniti, hanno saputo reagire alla crisi economica, scommettendo sulla speranza del sogno proposto da Obama, i Tedeschi, hanno bocciato il compromesso della Grande coalizione socialista- democristiana ed hanno premiato una nuova alleanza di Governo con i liberali, che sono stati determinanti sul piano delle scelte di programma. In Gran Bretagna si profila un successo del Partito liberaldemocratico ancora più grande. I pochi liberali italiani, riuniti nel PLI, che si richiama a quei valori ed a quelle idee, possono,anzi devono, alzare la loro voce. È arrivato, infatti, il momento di superare un bipolarismo pernicioso, per riproporre una coalizione plurale di stampo degasperiano, fortemente caratterizzata sul piano identitrario, al cui interno, la componente liberale potrebbe avere un ruolo determinante sul piano della proposta politica. Il processo di disfacimento del sistema inaugurato con la cosiddetta Seconda Repubblica, Ë cominciato con la crisi, ormai irreversibile,del PD, in evidente crisi di identità; essa proseguirà con il rapido collasso della coalizione di destra, che sta mostrando il suo vero volto autoritario, padronale, affaristico e razzista, anche nei confronti degli stessi italiani di un Sud, ormai abbandonato.

Per celebrare degnamente il centocinquantesimo anniversario dell’Unità Nazionale, bisogna recuperare uno spirito unitario e solidale, senza il quale sarà impossibile affrontare la sfida di una modernità all’insegna del mercato, della valorizzazione dei saperi e della qualità, del pluralismo, anche culturale, della libertà.

Vanno respinti i tentativi di contrapposizione tra Nord, Centro e Sud, con relativi partiti politici di riferimento. Occorrono forze politiche Nazionali, in grado di comprendere i problemi delle diverse realtà del Paese, di radicarsi saldamente nei territori con una classe dirigente adeguata e di individuare una via unitaria per uscire dalla fase attuale di difficoltà, evitando la artificiosa contrapposizione tra Unità Nazionale e interessi locali. Non è con spirito egoistico e con un federalismo di stampo secessionista che si può rilanciare l’Italia, ma con una visione che, valorizzando finalmente il Mezzogiorno, secondo le sue vocazioni naturali,agroalimentare, cultura, turismo, formazione di eccellenza, infrastrutture e reti allo stesso livello della parte più ricca del Paese, fiscalità di vantaggio, in pochi anni possa abbattere l’atavico squilibrio. Non basta la pur lodevole azione contro la criminalità organizzata, se ai meridionali non vengono offerte la opportunità di una società moderna in grado di garantire sviluppo e occupazione.

Una nuova coalizione di forze della Nazione, moderata, liberale, forte di un progetto chiaro ed ambizioso, potrebbe sbaragliare gli attuali partiti a vocazione maggioritaria, che si sono rivelati non all’altezza del compito difficile di governare la complessità italiana. Esse hanno finito col cedere, in entrambi gli schieramenti, al nichilismo distruttivo delle forze più estremiste, determinando l’accentuazione del divario tra le due grandi aree territoriali del Paese.

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