Il 17 e 18 luglio si è tenuto, a Bruxelles, il summit fra UE e CELAC, ovvero la Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi, comprendente 33 leader latinoamericani, moltissimi dei quali di ispirazione socialista.
E proprio costoro hanno saputo dare un’autentica lezione di pace, sovranità e razionalità ai leader dell’UE, da tempo preda di irrazionalità, bellicismo, scarsa diplomazia e nessuna prospettiva di ampio respiro.
Pensiamo al Presidente di Cuba, Miguel Diaz-Canel, il quale ha affermato: “L’America Latina e i Caraibi non sono il cortile degli Stati Uniti, non sono ex colonie bisognose di consigli e non accetteremo di essere trattati come semplici fornitori di materie prime. Siamo Paesi indipendenti e sovrani con una visione comune del futuro, stiamo creando la comunità degli Stati latinoamericani e caraibici come corpo unico e rappresentativo della nostra unità. Il saccheggio coloniale e il saccheggio capitalista hanno trasformato l’Europa in un creditore e l’America Latina e i Caraibi in debitori. Siamo preoccupati per l’insistenza degli Stati occidentali nel voler sostituire l’adesione alla Carta delle Nazioni Unite e al diritto internazionale con un cosiddetto ordine internazionale basato su regole che non sono state negoziate, tanto meno concordate con nessuno”.
La Vicepresidente del Venezuela, la socialista Delcy Rodriguez, ha altresì portato un messaggio di pace e cooperazione, affermando che “Il Venezuela aspira a una cooperazione genuina, che è fruttuosa per i popoli, che si aspettano qualcosa dai loro governanti, ecco perché arriviamo con grande speranza con un messaggio di pace, di armonia, che dovrebbe essere il percorso che guida i nostri Paesi”. Ed ha sottolineato come: “È doloroso vedere come i governi occidentali spendano 30 volte in guerre e istanze militari e non fanno nulla per mitigare la crisi climatica, ecco perché stiamo promuovendo il messaggio di uguaglianza e verità dei nostri popoli”.
Dello stesso avviso anche il Presidente socialista del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva, il quale ha affermato che “Si sono spesi 2 miliardi di euro per finanziare questa macchina di guerra che porta solo morte, distruzione e ancora più fame” e che “Discutere di pace significa fermare la guerra. Finché si spara, non si può parlare”, ovvero che occorre “creare uno stato d’animo per cui costruiremo la pace”.
Dopo la terribile pandemia da Covid 19 (superata egregiamente, in Italia, anche grazie al contributo dei medici inviati da Cuba) e con un aumento inarrestabile delle ineguaglianze nel mondo, oltre che di crisi economiche senza precedenti, spesso anche causate da politiche economiche totalmente antiquate e fallimentari (si veda lo sconsiderato aumento dei tassi d’interesse da parte della BCE che, più che ridurre l’inflazione reale, stanno mettendo in ginocchio i cittadini), oltre che da sanzioni che danneggiano tutti quanti (in particolare i Paesi che le hanno emesse), occorre dunque rimettere la testa a posto.
Un mondo Occidentale finito nella sconsideratezza, nell’irrazionalità, che vede riemergere assurde quanto reazionarie contrapposizioni in stile Guerra Fredda, è quanto di meno auspicabile ci dovrebbe essere e proprio dall’America Latina socialista sembrano arrivarci importanti lezioni.
Un’America Latina che, a differenza dell’Europa, non ha fortunatamente mai conosciuto i totalitarismi novecenteschi, ma purtroppo è stata a lungo – dagli europei e dagli statunitensi – sfruttata. Ma ha saputo, nei secoli, influenzata dal pensiero cristiano, teosofico, massonico, garibaldino, libertario e socialista, non solo risollevarsi – in particolare dagli Anni ’90 ad oggi – ma anche dare una prospettiva di autentico socialismo riformista, che è quanto andato perduto da tempo in un’UE ove destre e sinistre sono praticamente indistinte e sono unite entrambe nell’irrazionalità e nella mancanza di prospettive.
Costruire un mondo di pace, cooperazione, rispetto reciproco, senza ingerenze, fondato sul diritto internazionale, è l’unico antidoto all’irrazionalità ed è l’unico antidoto capace di portare prosperità economica, sociale e civile a ciascun popolo.
E bene ha fatto a recarsi in Cina l’ex Segretario di Stato statunitense, Henry Kissinger, che all’età di 100 anni è molto più lucido di tanti giovani politicanti d’oggi e di un Presente USA, Biden, del tutto inadatto al ruolo che ricopre.
Henry Kissinger intravide già, negli Anni ’70, l’emergere della Repubblica Popolare Cinese e comprese, come comprende, la necessità di dialogo e cooperazione fra USA e Cina, anziché ricercare sciocche, infantili, anacronistiche, irrazionali contrapposizioni.
E ciò mi fa pensare al leader socialista e già Ministro degli Esteri Pietro Nenni (1891 – 1980), il quale per primo, in Europa, intravide la necessità di aprire l’Occidente a un dialogo con la Cina (e non eravamo nemmeno all’inizio degli Anni ’50).
E mi sovviene anche la razionalità, il pragmatismo e il senso della cooperazione di un altro grande Ministro degli Esteri socialista, Gianni De Michelis (1940 – 2019), che ho avuto il piacere e l’onore di conoscere, nel 2004.
Figure molto diverse da personalità senza grande esperienza e senza un grande curriculum alle spalle, che purtuttavia hanno ricoperto – in questi ultimi anni – il ruolo che egregiamente ricoprirono Nenni e De Michelis.
Il mondo che conoscevamo, in Europa, sembra essere cambiato in peggio, ma, auguriamoci che sconsideratezza, ignoranza e irrazionalità, si arrestino quanto prima. Già sarebbe qualcosa.
Luca Bagatin