SERGIO FABBRINI – Head del Dipartimento di Scienze Politiche, Università Luiss Guido Carli stamattina a Palazzo Geremia, a Trento, ha intrattenuto una gremita sala con uno dei primi talk della kermesse del Festival dell’economia di Trento, organizzata dal Gruppo 24 Ore.
SERVE UNA VISIONE CRITICA SULL’EUROPA
Sono stati 45 minuti di geopolitica complessivamente esaustivi: esiste un ruolo per l’Italia in Europa, e per le altre nazioni? Quale il gusto dell’individuo nella sua identità in Europa, quale Europa nel mondo? Sono molti i quesiti che sono stati toccati durante la mattinata, ma principalmente ci si è chiesti: a chi corrisponde precisamente l’interlocutore “Europa”?
SERVE RAFFORZARE E MIGLIORARE L’EUROPA
Secondo il professor Fabbrini sarebbero proprio queste incertezze a rendere meno efficace la politica condotta dall’Unione europea, minata da limiti interni, mancato coordinamento, poca chiarezza, ma anche soggetta a forze centripete e competitor interni che, con una politica sana, non dovrebbero essere così impattanti, pur non escludendo il diritto democratico delle singole nazioni di avere loro proposte in merito, non va bene che ci si appiattisca sulle scelte della Germania economica o della Francia militare o dell’Italia populista abbracciando una visione e facendola europea: la visione dell’Europa infatti non deve essere una somma della volontà delle nazioni, ma un prodotto ragionato ottenuto dalla relazione tra queste volontà.
L’intervento di Fabbrini ha aperto così questo Festival, iniziato con la pioggia, ma partecipato pienamente. La road map di Fabbrini è stata importante perché indica la strada per i lavori festivalieri.
DOPO LA GUERRA FREDDA
“Dal 1989 al 1991 alla guerra Russo-Ucraina, il grande riequilibrio: l’Europa deve avere una prospettiva più ampia, porre la questione internazionale ed europea al primo posto della riflessione politica e scientifica. L’Europa è debole nella capacità della reazione, io sollevo domande – ha detto il professore – non ho le risposte. Spetta a una buona democrazia trovare buone risposte.”
“La guerra Russa all’Ucraina, su cui abbiamo discusso, è ingiustificata e proprio per questo rappresenta un punto di svolta: finisce il dopo guerra fredda iniziato dopo il 1991 perché ci dimostra che la visione mercantilista molto forte, a trazione tedesca, italiana, è stata smentita: essa si basava sull’idea che noi sviluppiamo interdipendenze economiche e commerciali con Russia e Cina che allenteranno le posizioni antagonistiche, in quanto compartecipi della sopravvivenza del mondo. Questa era un’idea liberal che ha creato il sistema globale dell’ordine liberale. Putin però lo mette in discussione e mette anche in discussione l’Europa come politica.”
LA POTENZA NORMATIVA DELL’EUROPA NON FUNZIONA PIU’
“Non c’è un’alternativa seria, l’Europa è diventata un’enorme potenza normativa: al nostro interno vi erano anche delle esigenze storiche.”
GLI SCHEMI SONO SALTATI, TUTTO DA RIFARE?
Putin ha rotto questo equilibrio e la globalizzazione si è spezzata: l’economia è sempre meno liberata, il sistema regolativo è saltato, non ci sono più regole ferme interne ed esterne alle potenze e i paesi ricchi si sono trovati destrutturati, nell’ascesa di milioni di persone in Cina e in India come condizioni di vita; in Europa e in USA invece si è andati verso una sorta di declino, che ha scatenato la fortissima reazione populista, che in Europa è stata vissuta con la Brexit e in USA è rappresentata dal successo di Trump: il nazionalismo è quindi tornato in pompa magna e da qui nasce la necessità di ragionare sulla transizione.
“Nella storia è tornato il concetto di potere e di potenza: noi sappiamo cosa sia la potenza, abbiamo inventato il fascismo, altri il nazismo; con Putin torniamo a guardare in faccia le potenze. Questi Stati agiscono come autonome potenze nazionali, la Turchia, l’Arabia Saudita, la Cina hanno consentito che si formino equilibri regionali diversi, dove non c’è più un ordine unipolare che fa perno dal Dopoguerra sul multilateralismo americano. In questo meccanismo ci sono regole, c’è un organismo che le fa rispettare, presuppone e richiede una negoziazione costante sugli interessi, che trova una soluzione che non esclude nessuno. L’ordine liberale globale si è dimostrato il più civile. Questo ordine adesso è in difficoltà.”
LA GUERRA DEGLI INTERESSI DELLE NAZIONI
“Il mondo globale era abbastanza uniforme e piatto, con le stesse potenziali offerte, in un mondo di tutti e di nessuno ci sono dinamiche personalistiche che possono determinare conseguenze strutturali, come nel caso di Putin.”
Il professor Fabbrini ha definito il mondo del G7 come un mondo POST Polare. I leader che ne fanno parte non hanno più in mano la leadership del potere: non è il West che è declinato, ma il “rest” che è asceso.
TESTA A TESTA TRA CINA E AMERICA?
L’argomento, secondo il professore, è alquanto complesso perché l’America può contare su un elettorato ben diviso tra due fazioni, nazionalista e internazionalista; il resto del mondo è libero di intrattenersi in accordi e relazioni libere dove vi è una forte ascesa del nazionalismo, che era stato ridotto a zero per adesso essere tornato assolutamente in auge. I paesi del G7 declinano in termini di popolazione e di PIL; i paesi in via di sviluppo ed emergenti invece stanno migliorando notevolmente, principalmente Cina ed India. Questi due paesi sono un terzo della popolazione mondiale, sono l’uno autoritario e l’altro autocratico. Infine vi è la Russia che ha caratteristiche dittatoriali.
LA CALACITA’ DI REAZIONE DELL’EUROPA E’ LIMITATA
“L’Europa non ha la capacità di muoversi: la maggior parte della cronaca riguarda fatti dei singoli paesi, la UE ha avuto certamente una buona reazione sia alla pandemia che alla guerra. L’Unione Europea ha avviato un programma molto importante, anche di fronte alla guerra, rafforzando l’aiuto militare all’Ucraina, imponendo 11 pacchetti di sanzioni economiche al sistema oligarchico di Putin, dando una risposta. Non ha fallito.”
La dimensione critica ci dice che questo non basta, perché L’Unione europea non è attrezzata a muoversi nel sistema mondiale. Specialmente questa UE ha rafforzato principalmente i capi dei diversi paesi: Degasperi insisteva nel 1952 con Spinelli perché nel Trattato della comunità europea delle difese era centrale il concetto federale di un esercito della difesa: serve che non ci si basi sui singoli stati nazionali, perché serve una forza europea. Quel trattato fu bocciato in Francia il 30 agosto del 1954. Nove anni dopo la fine della guerra.
CHI E’ L’EUROPA?
“Un Consiglio europeo che decide sulla base dell’unanimità come arena diplomatica, dove qualsiasi presidente pone il veto, non può prendere delle decisioni regolari, ma prende decisioni solamente nei casi limite. Probabilmente ci sono troppi leader e tra questi ci sono dei rapporti asimmetrici. Se io devo fare una telefonata a Bruxelles, diceva Kissinger, a chi telefono?”
La democrazia, ha detto il professore, è fatta di rendiconto, non si possono responsabilizzare 27 persone contemporaneamente. L’Unione europea è il progetto più importante che questo territorio ha prodotto da sempre. Dobbiamo fare i conti con la tecnologia da migliorare, con le idiosincrasie, con la dipendenza militare dall’America. Se andiamo a vedere la spesa militare delle varie nazioni notiamo che tra Unione Europea e Russia, ad esempio, ci sono spese completamente diverse, noi spendiamo più di tre volte della Russia, ma abbiamo dovuto attendere che fossero gli americani ad appoggiarci. Anche dal punto di vista geografico la NATO è diventata una realtà completamente europea.
“Noi facciamo ancora i free riders? Se per noi pagano i contribuenti americani, allora decidono anche per la nostra sicurezza, per cui serve rafforzare la capacità economica, competizione sulle grandi tecnologie, incrementare l’inclusione sociale, non far sparire la classe media, altrimenti il populismo governa. Serve creare una capacità fiscale e militare senza creare uno stato. Prima di allargare serve un attimo pensare ed approfondire, perché l’Europa non va allargata per aumentare il carattere intergovernativo. Se Serbia, Moldavia, Georgia e Ucraina entrano in Europa incrementano le forze nazionaliste, ma non è lo stesso per il resto d’Europa, per cui serve avere sangue freddo e tenere fermo il punto sul concetto di unione sovranazionale.”
Martina Cecco