Proponiamo il commento di Piero Ostellino pubblicato sul Corriere della Sera del 10 Aprile, come espressione Liberale nel dibattito sulle riforme. Sul tema abbiamo anche pubblicato il commento di Bruno Poggi dell’Istituto Pareto.
di PIERO OSTELLINO
Presidente Berlusconi, si dedichi alle riforme promesse nel 1994
Presidente Berlusconi, la sua «fuga in avanti istituzionale» – l’ ipotesi di Repubblica presidenziale votata dal popolo – ha solo l’ effetto di alimentare le polemiche di chi l’ accusa di avere la vocazione del despota. La Repubblica presidenziale – che piaccia o no – è, nel mondo delle democrazie occidentali, un sistema di governo tanto democratico e liberale quanto quello parlamentare. Ne sono un esempio gli Stati Uniti e la Francia. Solo in Italia, chiunque la proponga, è respinta come una scorciatoia per la dittatura; in realtà, la si respinge perché conviene al «totalitarismo dei partiti». Ora, tale mistificazione è avvalorata (anche) dal «potere carismatico» – associato arbitrariamente a quello dei dittatori del Novecento – che lei ha sotto il profilo popolare, ma che resterebbe istituzionalmente «legale», cioè fondato sulla Legge, come è quello attuale, anche in una Repubblica presidenziale, costituzionalmente presidiata come vogliono certamente anche i suoi sostenitori.
L’ ipotesi di riforma istituzionale in senso presidenziale pare più un alibi, una giustificazione, che una proposta politica. Lei sembra lasciare intendere che non avrebbe fatto le riforme perché la Costituzione, così come è, non glielo avrebbe consentito e che solo disponendo di maggiori poteri le sarebbe possibile farle. Presidente, che questa nostra Costituzione sia anacronistica – soprattutto nella Prima parte, quella di cui lei, peraltro, non parla e dovrebbe – è un fatto, ma il punto non è questo. Per fare le riforme bisogna crederci; non sarà la Repubblica presidenziale a dargliene la forza se lei non ce l’ ha o se, per ragioni di convivenza con le molte lobby nel Paese, e all’ interno dello stesso Pdl, non la tirerà fuori.
Presidente, lasci perdere la riforma istituzionale. Non serve. Così, non riesce a convincere chi la vorrebbe giudicare solo per quello che fa, o non fa, per il Paese e finisce col dare ragione a chi la ritiene solo in cerca di potere e gratificazioni personali. Questa riforma la lasci per ultima. Prima, faccia le riforme che ci promette dal 1994 e che non ha fatto: della Pubblica amministrazione, per un contenimento degli sprechi e della spesa; la riduzione della pressione fiscale (anche in senso federale, ma senza indulgenze per le regioni meno virtuose); della Giustizia, non (solo) per proteggersi dalle «aggressioni» della magistratura ma, anche e soprattutto, per garantire il cittadino. Se le farà, non solo i voti popolari, ma anche un diffuso e convinto consenso politico internazionale, la porteranno alla presidenza della Repubblica. Le riforme ne devono essere la necessaria premessa; non ne sarebbero l’ automatica conseguenza, come pare credere e volerci far credere. Non inverta l’ ordine delle priorità. I prossimi tre anni saranno decisivi per stabilire se lei passerà alla storia per quello che ha fatto, piuttosto che per quello che non ha fatto. Ci pensi. Non sono in gioco le sue pur legittime ambizioni personali di salire al Quirinale; diciamo pure, la sua vanità. Ma il futuro del Paese.
Pubblicato a pagina 57 – (10 aprile 2010) – Corriere della Sera
[…] Piuttosto sarebbe opportuno affrontare la questione delle riforme istituzionali. Parallelamente pubblichiamo il commento di Piero Ostellino apparso sul Corriere di Sabato 10 […]