Tutte le strade portano ad Ottawa. Questa è ormai di fatto la parola d’ordine tra i camionisti canadesi. Nel secondo Paese più grande al mondo ce n’è di strada da fare per arrivare nella capitale, ma la distanza non ha spaventato affatto gli attivisti del “Freedom Convoy”.
Cosa sta succedendo esattamente in Canada? Qualcuno potrebbe averne sentito parlare distrattamente nei notiziari o aver letto qualcosa in rete, magari grazie a qualche contatto canadese.
File e file di camion hanno percorso le strade del grande Paese nordamericano per portare la loro protesta ad Ottawa, ribattezzata “Freedom Convoy”. Partita pochi giorni fa, l’iniziativa sta raccogliendo un successo incredibile. Una testimonianza su Twitter parla di 50 mila camion incolonnati per 70 chilometri a Winnipeg, tutti diretti verso la capitale canadese per portare la loro rabbia all’attenzione delle autorità.
Rabbia dovuta alle ultime restrizioni imposte dal sempre più impopolare governo Trudeau: l’obbligo di quarantena per i camionisti non vaccinati che rientrano in Canada dagli Stati Uniti. Ma perché proprio in Canada e perché proprio adesso?
Senza dilungarsi in spericolate analisi sociologiche, la spiegazione più semplice è che i canadesi non ne possono più. Gli americani amano prendere amichevolmente in giro i loro vicini del nord per la loro pazienza quando si tratta di mettersi in coda davanti ad un negozio o una biglietteria e per la loro esagerata educazione. C’è una battuta popolare secondo la quale se pesti un piede a un canadese, sarà lui a chiederti scusa.
Anche i pacifici e pazienti canadesi devono però essersi resi conto di averne solo due di piedi, per cui non rimane molto altro di cui scusarsi.
Verosimilmente, la quarantena per i camionisti che tornano in patria è stata la classica goccia che ha fatto traboccare un vaso ormai pieno fino all’orlo. Molti di loro non hanno gradito il fatto di essere stati trattati come eroi in grado di tenere in piedi l’economia canadese all’inizio della pandemia, per poi essere scaricati quando non più utili alla propaganda del governo liberal.
In Québec recentemente il governo locale ha deciso di sanzionare con multe coloro che rifiutano di farsi vaccinare. In New Brunswick i supermercati possono negare a loro discrezione l’ingresso ai non vaccinati anche per comprare beni di prima necessità. In British Columbia esiste la cosiddetta “vaccine card”: senza prova di vaccinazione si è esclusi da pub, ristoranti, palestre, e molte altre attività. Non è sufficiente avere un tampone negativo o dimostrare di essere guariti dal Covid: no vaccine, no entry. I dipendenti del governo federale non vaccinati vengono lasciati senza stipendio, anche se lavorano da casa.
Facile intuire a questo punto che si tratti di misure che nulla hanno a che vedere con la tutela della salute pubblica: non si capisce per quale ragione infatti si debba privare di stipendio chi lavora da remoto, come se qualcuno avesse fatto confusione tra virus informatici e coronavirus.
Così come appare privo di senso l’obbligo di quarantena per i camionisti non vaccinati, dal momento che è ormai chiaro a tutti che i vaccinati possono comunque contagiare altri, vaccinati o meno che siano.
Il governo Trudeau, come il governo Draghi in Italia, sembra più interessato a vaccinare a tutti i costi e a rendere la vita impossibile a chi non si piega, piuttosto che a contrastare la diffusione del Covid.
L’impressione allora è quella di un fiume carsico che sia emerso all’improvviso incanalando, o meglio incolonnando nei camion, rabbia a frustrazione che covavano da tempo. Su canali Telegram dedicati gli attivisti discutono da più di un anno ormai di come opporsi alla deriva autoritaria intrapresa dal governo Trudeau. Famoso in particolare il network “The White Rose”, con ramificazione internazionali.
Sulla pagina Facebook del governo della British Columbia, non sono pochi gli utenti che hanno manifestato fastidio per l’obbligo delle mascherine, sottolineando che era stato promesso un ritorno alla normalità per i vaccinati. Ritorno che ovviamente non c’è stato.
Non è un caso dunque che lungo le strade percorse dai camionisti verso Ottawa si siano ammassate parecchie persone con striscioni e cartelli di sostegno, e che si stiano tenendo manifestazioni anche in altre città canadesi. È come se i canadesi si siano risvegliati dal torpore e abbiano preso coraggio nel manifestare un dissenso troppo a lungo rimasto confinato tra una chat virtuale e chiacchiere tra amici dal vivo.
Un dialogo tra le parti appare comunque difficile. Da una parte migliaia di camionisti e loro sostenitori radunatisi a Parliament Hill, dove hanno sede House Of Commons e Senato canadese, che promettono di non andarsene fino a che gli obblighi vaccinali non saranno ritirati. Dall’altra un governo per il momento sordo ad ogni richiesta.
Mai come in questi frangenti la leadership di Justin Trudeau, primo ministro in un governo liberal di minoranza, è apparsa inadeguata. Trudeau si è messo in autoisolamento (nonostante un test Covid negativo), cosa che ha scatenato immediatamente le ironie dei molti che ritengono sia una semplice scusa per non affrontare i manifestanti. Il primo ministro canadese si è mostrato divisivo e punitivo, usando un approccio che anche Draghi conosce bene, arrivando ad insultare i canadesi non vaccinati, accusandoli di essere non meglio specificati estremisti di destra, misogini e razzisti. Benzina sul fuoco di una rabbia ormai impossibile da reprimere.
Poco trasparenti, sin dall’inizio della pandemia, i mass media tradizionali, impegnati a screditare i manifestanti per aver sventolato una bandiera nazista, senza fornire alcuna contestualizzazione (si trattava di neonazisti o di manifestanti che volevano paragonare il governo Trudeau al regime nazista?)
Impossibile prevedere l’evoluzione degli eventi nei prossimi giorni. Di certo quella a cui stiamo assistendo è forse la più grande protesta organizzata contro le restrizioni legate al Covid, al punto che in altri Paesi stanno prendendo nota e preparando iniziative simili (camionisti americani, francesi, belgi, spagnoli ed anche italiani stanno scaldando i motori).
Così come è certo che non si tratti di una piccola minoranza di canadesi come sostenuto da Trudeau, ma di migliaia di persone giunte da ogni parte della nazione, che al momento affollano il centro di Ottawa con canti, balli, fuochi artificiali ed il rombo dei motori dei camion, e che hanno già raccolto quasi 10 milioni di dollari in donazioni su GoFundMe, oltre ad una crescente attenzione internazionale.
Di Fabrizio Baldo in ATLANTICO QUOTIDIANO QUI