Da tempo, Saif Al-Islam Gheddafi, aveva dichiarato di voler candidarsi per “liberare il territorio dal controllo delle organizzazioni terroristiche e dagli stranieri” e, nel 2016, aveva fondato il partito “Fronte popolare per la liberazione della Libia”, di ispirazione laica e socialista araba.
Fronte che, in tutti questi anni, non ha mai smesso di lottare, nel Paese, per il ritorno della democrazia, della sovranità libica e del socialismo.
Sono passati esattamente dieci anni dalla barbarica uccisione di Mu’Ammar Gheddafi, ad opera dei ribelli fiancheggiati dalla NATO, dalla Francia, dalla Gran Bretagna e dagli USA, nell’ambito delle sedicenti “primavere arabe”, volte a soffocare il socialismo panafricano e panarabo e, quindi, destabilizzare la Libia e i Paesi ad essa vicini, sostenendo il fondamentalismo islamico.
Gheddafi fondò, nel 1977, la Jamahiriya, ovvero la Repubblica Popolare e Socialista di Libia, edificata sul socialismo e la democrazia diretta popolare e, dalla sua morte, avvenuta il 20 ottobre 2011, per la Libia fu il caos, il tracollo sociale, economico, civile e democratico.
Caos che permane e che solo elezioni libere e democratiche, libere da ingerenze degli USA, dell’UE e dal fondamentalismo islamico, le potrebbero ridare stabilità.
Saif Al-Islam Gheddafi, ultimo dei sostenitori istituzionali del padre, fu per questo imprigionato e scarcerato nel 2015, a seguito di un’amnistia.
Secondo una stima, i suoi sostenitori, supererebbero ampiamente il 50% dei libici, i quali non hanno mai dimenticato le riforme sociali, socialiste e democratiche varate dal padre e non hanno mai dimenticato le ingerenze euro-statunitensi che hanno destabilizzato e distrutto il loro Paese.
Saif Ghaddafi ha spesso inoltre ricordato come le idee del padre (grande estimatore di Rousseau e degli anarchici Proudhon e Bakunin), contenute nel “Libro Verde, ”, abbiano conquistato l’Occidente, come ad esempio l’uso dei referendum popolari e l’azionariato popolare delle imprese.
Luca Bagatin