C’e una bella differenza tra gestire un edificio e vivere il sistema come se fosse proprio
di Martina Cecco
Occorre andare oltre le riforme per maturare il senso di responsabilità dei singoli, questo per rivedere alla luce della cronaca il fenomeno italiano di fronte al problema scuole: per intervenire a cambiare il sistema scolastico è sempre stato necessario che ci siano delle emergenze, mentre, in caso contrario, tutto tace.
La considerazione vale in molti ambiti, ma in questi giorni si tratta proprio dell’emergenza scuole, in ogni ordine e grado; di poco più di due settimane fa sono le manifestazioni degli studenti in piazza, programmate dai giovani e dagli attivisti sindacali per discutere e progettare la scuola del futuro: insoddisfatti della Riforma scolastica della ministra Mariastella Gelmini, gli studenti hanno manifestato, occupato e rivoluzionato gli istituti, impegnandosi, in alcuni casi, in progetti a lungo termine.
E se da un lato aumenta il livello della qualità di preparazione dei singoli studenti, che dalle elementari all’Università sono nella maggior parte propensi a partecipare alle attività extracurricolari, raggiungere punteggio con esperienze di volontariato, usano la tecnologia attraverso computer e cellulari, imparano le lingue sul campo con i viaggi studio e visitano luoghi di interesse artistico e storico, dall’altro la scuola italiana li ripaga dell’impegno e risponde a “pezzi e bocconi”. *
Si tratta di una vera e propria emergenza dunque secondo quanto emerge dai dati dello SNALS Confsal, presentati proprio in seguito agli episodi degli ultimi giorni che hanno visto come protagonisti due studenti, morti a causa di una cattiva gestione delle strutture scolastiche. A Torino muore Vittorio, a causa di un soffitto che crolla, mentre a Milano muore un bimbo, per colpa di un balcone e poca attenzione. E immediata è la risposta sindacale, per cui viene chiesto ai Ministri Maroni e Gelmini di affrontare un piano straordinario di valutazione dello stato di sicurezza delle strutture scolastiche, punto che, nella ultima riforma della scuola, non è del tutto chiarito eccetto in tema di sicurezza anti-sismica, ritenuta a giusto titolo una delle priorità strutturali della scuola italiana.°
Non è certo colpa però degli attuali ministri se la scuola versa in condizioni poco rassicuranti: la revisione delle strutture, di competenza di ciascuna struttura, è stata prevista 57 mila strutture scolastiche differenti, tra pubbliche e private, oltre alle scuole delle regioni autonome come Valle d’Aosta e Trento e Bolzano, che fanno da sè. Si calcola che il danaro necessario al momento attuale sia di circa 13 miliardi di euro: il Piano di revisione degli edifici e delle strutture scolastiche risale al 2007, quando nel mese di Gennaio Legambiente denunciò che in circa 26 mila scuole italiane le condizioni tecniche non erano idonee a procedere nelle normali attività. Oltre che l’emergenza sismica, che riguarda tutte queste 26 mila strutture, che in caso di terremoto non riuscirebbero a garantire la sicurezza, si presentano le emergenze secondo il parametro 626/94, il problema delle barriere architettoniche e la mancanza di piani antincendio e di igiene e sicurezza sanitaria.^
E’ difficile capire come mai in alcune regioni il problema sia più diffuso, mentre in altre non lo sia, anche se per un fatto probabilmente solo economico per ogni regione sono state individuate particolarità e carenze che sono tipiche: per questo, se da un lato spicca l’emergenza sanitaria, in altre scuole sono le strutture di costruzione, come in altre invece emergono i problemi legati alla burocrazia o alla gestione interna.
Il fatto che sia sempre necessaria la tragedia, per pensare nuovi piani di intervento, fa indignare: dovrebbe essere naturale per ogni struttura prevedere il controllo delle condizioni in cui si opera, come dovrebbe, questo, essere un interesse diretto sia delle famiglie che mandano a studiare i figli, pagando tasse e spese scolastiche, che un interesse di insegnanti e dirigenti, che sono corresponsabili in caso di incidente. Non è chiaro come possa esistere ancora una situazione in cui si pensi a una scuola che, nonostante richieda a personale e studenti di rimanere in struttura parecchie ore: si parte dalle previste medie 25/40 alla materna, 27/34 alle elementari, 29/35 alle medie, 30/44 alle superiori a seconda dell’indirizzo, non faccia nascere in chi ci lavora o la frequenza l’interesse per valutare se la propria struttura è idonea oppure no.
Rimanere in un ambiente sano e protetto dovrebbe essere l’interesse di ciascuno, senza attendere che sia la disgrazia, il Ministro, l’Assessore, il Preside attivo, a far presente se ci sono dei problemi; l’interesse alla sopravvivenza dovrebbe essere una specie di insitnto naturale, lo stesso istinto che ha portato l’uomo dalle grotte alla villetta in campagna con cancelletto e viale alberato.
E’ normale che il problema economico sia il muro contro il quale si va a sbattere inevitabilemente, quando si procede a richieste di ammodernamento o di messa in sicurezza, ma non è normale che le richieste emergano solo quando si verificano momenti di crisi. Una Riforma, un incidente, delle disgrazie, a volte il sindacato, poi tutto tace, lasciando passare il tempo e lasciando stagnare i problemi. Davvero qualcosa nell’istinto umano è cambiato, ma stavolta in peggio.
* ANSA
° SNALS
^ Riforma Gelmini