Nella 24esima serata di lunedì 18 gennaio del 2016 è stato presentato il libro di Carlo Cottarelli “La lista della spesa. La verità sulla spesa pubblica italiana e su come si può tagliare” insieme all’autore, Alessandro De Nicola, Lorenzo Maggi e Giuliomaria Montini.
Il libro è il resoconto del periodo straordinario vissuto dall’autore a Roma: Carlo Cottarelli racconta la sua esperienza e spiega come si utilizza il denaro pubblico in Italia. Da Commissario straordinario come revisore della spesa pubblica. Il ricavato del libro è stato devoluto all’UNICEF.
“La spesa pubblica va tagliata. Questo è il punto di vista di un liberale in Italia, oggi. In questo libro – come ha detto Lorenzo Maggi – si spiega non tanto cosa non va bene, ma anche le possibili vie d’uscita rispetto a quello che bisogna ancora fare. Tagliare la spesa pubblica è giusto, facendo però una differenza tra austerity e investimenti. Le prime strategie sono deleterie, in quanto servono per rimediare errori e non sono espansive, al contrario il secondo metodo, che è giusto e anche utile.” Nel libro vi sono diversi esempi di come recuperare i soldi in questione. La spesa pubblica è un problema.
«Ci sono quattro modi per spendere soldi: Puoi spendere i tuoi soldi, per te stesso. E quando spendi i tuoi soldi per te stesso, stai molto attento a dove li spendi e ti assicuri di ottenere il massimo per ogni dollaro. Puoi spendere i tuoi soldi, per gli altri. Ad esempio, compro un regalo per qualcuno. Quando lo fai, stai attento a non spendere troppo, ma non sei nemmeno così preoccupato per il contenuto del regalo. Puoi spendere i soldi di qualcun altro, per te stesso. Bene, e se spendi i soldi di qualcun altro per te, allora assicurati di avere un buon pasto. Infine, puoi spendere i soldi di qualcun altro, per qualcun altro. E se posso spendere i soldi degli altri per qualcun altro, allora non mi interessa quanti soldi spendo o cosa compro. Ed è quello che fa il governo e rappresenta circa il 40% del reddito nazionale”. Milton Friedmann
Questo libro è stato molto apprezzato da chi si rende conto che la spesa pubblica è troppo alta: secondo De Nicola il problema italiano non è tanto e solo la spesa pubblica, ma più che altro il fatto che, a distanza di tanti anni, non si è fatto un passo avanti e si sono spesi un sacco di soldi per il mantenimento del problematico e non per una svolta. La media europea è fatta di tante cose, ma per dare concretezza a quello che si sta trattando, dopo la crisi economica recente del 2008, sia negli USA, dove è aumentato il deficit e sono diminuite le spese fiscali fino a quando poi si sono ripresi economia e è stato messo in atto il sequestration, il blocco automatico della spesa pubblica, con Obama, fino alla ripresa solida; in Inghilterra allo stesso modo esplode la spesa pubblica, fino a che lentamente con costanti tagli riescono a non aumentare le tasse, che sono circa il 36/37% del PIL, dieci punti in meno di quelle italiane, si parla di un’economia che cresce senza paragoni locali; il secondo paese che dopo la crisi ha avuto una grande crisi con Zapatero ma poi è cresciuto parecchio è la Spagna; infine – tralasciando la Germania e i suoi dipendenti pubblici e la sua spesa pubblica molto bassa – in Italia, non si riesce ad aggredire la spesa pubblica, come in Francia. In Italia e Francia l’economia non funziona bene rispetto alla spesa pubblica: in entrambi i casi parliamo di paesi fossili.
“Non ci sono sistemi inequivocabilmente devoti alla crescita, nemmeno calza l’esempio della Svezia, che era il paese più ricco del mondo, insieme alla Svizzera, negli anni ‘60” spiega de Nicola “ma attualmente hanno diminuito la spesa pubblica applicando una serie di riforme.” Non esistono cause ed effetti, ma che la spesa pubblica sia un investimento per crescere è una enorme bugia, un mito da combattere e eradicare.
“Il livello di spesa pubblica appropriato dipende anche da quanto un paese si può permettere. Non a caso, come motto per la revisione della spesa mi è stato suggerito un vecchio adagio cremonese: ‘Se se pol mia, se fa sensa’, ovvero: se non si può, si fa senza.”
Carlo Cottarelli dopo aver lavorato in Banca d’Italia ed Eni, dal 1988 al 2013 è stato nello staff del Fondo monetario internazionale, dirigendo il dipartimento di Finanza pubblica dal 2008 al 2013. È stato Commissario straordinario per la revisione della spesa, nominato dal governo italiano, dall’ottobre 2013 al novembre 2014.
OMOGENEITA’ SOCIALE
“Quando ho scritto il libro il trend della spesa pubblica era in costante aumento, in termini reali al netto dell’inflanzione e anche in termini nominali. Dal 2009 ha smesso di crescere in termini nominali, per cui per una sorta di meccanismo legato all’inflazione, ci sono state variazioni: le spese sono diminuite, per problemi legati appunto alla crisi. L’aumento invece della spesa è stato attribuito senza dubbio alle pensioni, in termini relativi.” Cottarelli spiega che c’è una certa differenza tra i tagli alla spesa per motivazione di scelta e i tagli alla spesa perché mancano i fondi, un paese ricco, che ha affidamento, che aumenta la spesa, è diverso da un paese che non riesce ad avere risorse e che deve farne a meno per forza.
Cottarelli confronta le Regioni, guarda dove sono precisamente le voci di spesa da tagliare e dove si collocano le spese, evidenziando che tra il nord e il sud ci sono enormi differenze: spese per i servizi, termini di pagamento, tempi di effettuazione dei servizi. Queste anomalie non sono facilmente spiegabili.
LE AUTO BLU che fanno tanto effetto non sono particolarmente costose, ma emergono dal punto di vista morale. Anche in questo caso c’è differenza tra il nord e il sud, ma anche tra le regioni normali e le regioni a Statuto speciale.
I comuni, infine, del nord, hanno una spesa più bassa rispetto ai fabbisogni standard: stanno al di sotto della spesa, mentre al sud stanno sopra. I costi della politica per persona al nord sono di13 euro, al centro 24, 25 al sud.
“Le operazioni di taglio della spesa e di efficientamento – spiega Cottarelli – fanno sempre del male a qualcuno, non possono fare bene a tutti nel breve. Nel lungo periodo sì. Spendere meno e produrre lo stesso standard dei servizi comporta dei costi. Rendere più efficiente il costo della pubblica amministrazione e dei servizi pubblici deve far bene a tutti, ma ci perdono nel breve i burocrati e le imprese. Il settore però dove questo potenziale conflitto tra efficienza e spesa è quello del personale pubblico: una buona parte della spesa delle pubbliche amministrazioni è spesa per il personale. Anche se non è la voce predominante della spesa.” In questo senso viaggia il senso delle nuove tecnologie e della digitalizzazione, ad esempio prendendo le Prefetture come punto di riferimento, per calcolare il risparmio.
Secondo Cottarelli infine la revisione della spesa consente di comprendere che sono anche le abitudini piccole che, perpetrate a lungo, comportano man mano aumenti di spesa, che sono del tutto evitabili. In taluni casi per di più la spesa non è giustificata dalla necessità contingente. In questo frangente Cottarelli parla anche dell’efficientamento energetico, vale per l’illuminazione pubblica ma anche per il riscaldamento dei palazzi pubblici, etc..
MENO INTERVENTO PUBBLICO E’ MENO POSSIBILITA’ DI CORROMPERE
Lorenzo Maggi porta a conclusione la serata facendo notare come ci sia anche l’argomento delle società partecipate da tenere in considerazione, dove si riduce ampiamente il margine del mercato, in settori che sono base dal punto di vista delle imprese. Infine Invita Cottarelli a parlare del mito della virtuosità dei comuni e a toccare il tema della corruzione.
LE RIFORME RECENTI IN FATTO DI PARTECIPATE, IL CASO MADIA
Il fatto che le società in cui può partecipare lo Stato e gli altri enti debbano essere una s.r.l o una s.p.a. non è di grande ostacolo, basta trasformare quelle che oggi sono cooperative o società in accomandita. La prescrizione che le imprese con meno di un milione di fatturato o più amministratori che dipendenti debbano essere vendute o liquidate, sarà pure facilmente aggirabile tramite fusioni e accorpamenti. E’ vero che la costituzione e l’acquisto di partecipazioni in società da parte di un ente pubblico deve passare il vaglio della Corte dei Conti e dell’Autorità Antitrust, tuttavia il diniego da parte della Corte non è chiaro se abbia il potere di bloccare la delibera ed in secondo luogo il Tar potrà pur sempre dire che la valutazione del Comune, della Regione o del Governo rientra nell’ambito di una inevitabile discrezionalità di alta amministrazione difficile da smontare se non nei casi più eclatanti. Da Riforma Madia, non tutte le partecipate si porta via, di Alessandro Cottarelli su Il Foglio.
(MC)