di RAFFAELLO MORELLI
I gravi errori PDL non riguardano solo il PDL: il contrario lo sostiene solo la cultura delle procedure slegate dalle questioni reali della società.
Nel presentare le liste, gli incaricati PDL , a Roma hanno fatto cose assurde che non hanno precedenti nella Repubblica e a Milano sono stati del tutto approssimativi. Cumulati, i due casi vanno oltre il grosso pasticcio. Ribadiscono che il PDL confonde la necessità del fare politica in modo non burocratico ( che sarebbe un tipico principio liberale) con l’arroganza di chi, invasato dall’esser maggioritario, pensa di poter fare senza regole (che è un tipico atteggiamento illiberale).
La sintesi del pasticcio è qui. Punto e a capo. Alla pagina dopo il seguito. Che pure c’è.
Gli incredibili errori hanno reso altissimo il rischio che in due grandi regioni siano assenti le liste del partito più votato. Da qui l’innegabile interesse del Presidente del Consiglio a trovare un rimedio. Che però non esclude l’interesse di tutti a trovarlo.
Senza dubbio, il Presidente del Consiglio avrebbe dovuto cominciare dalle scuse per gli errori, e dopo proporre una rosa di soluzioni da scegliere con l’opposizione. Le scuse non le ha chieste e la rosa l’ha presentata al Presidente della Repubblica. Così si è arrivati al decreto interpretativo. A questo punto, è irresponsabile rifiutarlo perché non è stata la strada più giusta. Contano solo la valutazione del rischio e la conseguente natura del decreto (tralasciando il sofisma di salotto che lo Stato non potrebbe intervenire in materia di raccolta firme alle regionali, nonostante il paese unitario).
Primo. I liberali sono fautori delle regole procedurali perché le procedure della convivenza rendono possibile la convivenza tra diversi. Insomma, la procedura è sostanza ma a patto di non prescindere dalla sostanza della convivenza. Nel caso, lasciare fuori la maggior forza politica (seppure per colpa sua) è profondamente antidemocratico perché trasforma le procedure in sostanza facendole prevalere sui rapporti della convivenza reale. Non lo diciamo solo noi. Lo affermano anche due massimi esponenti della cultura di riferimento dell’opposizione di sinistra, l’attuale Presidente Napolitano e l’ex Presidente Scalfaro.
Secondo. Il decreto è stato controfirmato da Napolitano in quanto non innovativo delle regole elettorali. Interpretando quelle esistenti, consente agli organi amministrativi di porre qualche rimedio al pasticcio. Si badi bene. Il pasticcio di una tornata elettorale senza il partito maggiore, non il rischio – che riguarda solo il Popolo della Libertà e che rimane immutato – del giudizio degli elettori sui comportamenti degli incaricati.
Arrivati qui, il PDL ha avuto un colpo di fortuna. Al pasticcio della maggioranza, l’opposizione non è stata capace di dare risposta politica. Proseguendo nella linea di un’alternativa affidata ai tribunali, ha sollevato solo questioni di tipo procedurale e per di più si é divisa sul comportamento del Presidente della Repubblica. Il PD declama che le regole non si cambiano durante la partita, che é meglio rischiare l’assenza di una lista e che Napoliltano è incolpevole. Invece Di Pietro grida che il decreto è incostituzionale e chiede l’impeachment per Napolitano reo di non averlo bloccato. Ma queste sono posizioni fragili e contrastanti che faciltano la campagna tradizionale del centro destra. Infatti, la necessità che sia alle elezioni il maggior partito è l’assunto di Napolitano, noto come uomo di sinistra coerente. Anzi, Berlusconi ha fatto quel tipo di decreto per lo stop di Napolitano a scelte assai più invasive. E dare per scontata l’incostituzionalità del decreto senza averne titolo, cerca i voti della gente eccitata sulla complicità di Napolitano, ma è un’idea repellente per l’opinione pubblica non movimentista e lontana dalle esasperazioni.
Dunque, il colpo di fortuna del Popolo della Libertà è intanto che gli elettori non hanno più presente solo i gravi errori del centro destra ma anche quelli che sta commettendo l’opposizione. E soprattutto che può ricominciare il solito refrain dell’opposizione che dice di no a tutto e che disfa senza mai costruire qualcosa. Se poi la lista PDL a Roma – non ammessa dal TAR lunedì 8 e lo stesso giorno ripresentata in base al decreto – sarà questa volta ammessa dall’Ufficio Elettorale di Roma e se nella manifestazione di sabato 13 l’opposizione sarà unita nei toni esagitati e sui temi esasperati, bisognerà riconoscere che la fortuna aiuta anche chi fa di tutto per non meritarla.