di LUCA MARTINELLI
Queste elezioni regionali ci hanno regalato un improvviso colpo di scena, di quelli che nessuno avrebbe mai potuto sospettare: al momento, le liste del PDL nel Lazio non potranno essere ammesse al voto, perché sono state consegnate dopo il termine previsto delle ore 12 di sabato scorso.
Ovviamente, vari esponenti del partito di centrodestra hanno dato il via alla cagnara, chiedendo perfino l’intervento del Presidente della Repubblica per impedire un “abuso” evidente: l’impossibilità di poter votare la lista del “primo partito italiano” (definizione del PDL data dagli stessi appartenenti del PDL) nel Lazio, regione dove le due candidate sono testa a testa.
Questa imbarazzante, ed a tratti sconfortante, situazione è tuttavia frutto di un’inimmaginabile incompetenza mostrata dall’incaricato della consegna delle liste. Che questi si sia allontanato dalla fila solo per litigare con il responsabile radicale o per andare a prendere i lucidi dei simboli che avrebbe dimenticato (le ricostruzioni variano a seconda della fonte), resta il dato di fatto: si tratta soltanto di una sublime manifestazione di incompetenza.
Talmente sublime che, ormai, non ci resta che ridere per non piangere. Comunque vada a finire, ovvero sia che il ricorso presentato dal PDL venga accettato in appello, sia che venga definitivamente rigettato, la vicenda finirà in maniera surreale.
Se il PDL fosse riammesso, infatti, si ammetterebbe implicitamente che le leggi elettorali italiane non valgono più nulla di fronte alla legge del più forte. E il PDL, dall’alto del suo 40% di consensi, è il partito al momento più forte in Italia.
Se il PDL venisse invece escluso, verrebbe impedita la legittima espressione del voto alle decine di migliaia di elettori di quel partito e verrebbe, di fatto, seriamente pregiudicata la competizione elettorale della Polverini, che vedrebbe mancare un forte sostegno alla sua candidatura solo per colpa di un incompetente.
La soluzione non appare a portata di mano e, qualunque essa sarà, peserà in maniera evidente sulle elezioni laziali e sulla classe politica, che ne esce ancora una volta distrutta nell’immagine.