La figura di Giuseppe Garibaldi (1807 – 1882) è ancora oggi poco conosciuta, in quanto poco studiata ed approfondita, specie attraverso gli scritti di coloro i quali vissero e combatterono con lui e ne descrissero le gesta. Prima fra tutti la biografa e giornalista, oltre che patriota Jessie White Mario (1832 – 1906), le cui opere dell’epoca non risultano più essere state di recente ripubblicate.
Purtroppo sulla figura di Garibaldi, salvo gli storici contemporanei Denis Mack Smith e Aldo A. Mola, pochi sono coloro i quali hanno scritto del Generale in modo obiettivo, senza livore complottistico ed antirisorgimentale tipico di coloro i quali hanno preferito seguire certa storiografia clericale, anziché la realtà storica e le gesta dell’Eroe senza macchia, che visse e morì povero, senza onori, che peraltro rifiutò.
Giuseppe Garibaldi fu fra i fondatori, con Mazzini, Marx, Engels e Bakunin, della Prima Internazionale dei Lavoratori (1864) e questo certa storiografia preferisce dimenticarlo, forse perché il Generale fu socialista libertario, sansimoniano e umanitario. E Friedrich Engels (1820 – 1895), grande sostenitore dell’impresa dei Mille (1860), ebbe sempre per lui parole di stima, come quando, a proposito di tale azione militare, scrisse: “Garibaldi ha dimostrato di essere non soltanto un capo coraggioso, ma anche un generale dotato di una buona preparazione scientifica. L’attacco aperto a una catena di forti costieri è un’impresa che richiede non soltanto talento militare, ma anche scienza militare”.
Pochi sanno che il Generale Giuseppe Garibaldi scrisse peraltro due romanzi, ripubblicati nel 2006 dalla casa editrice Kaos, ovvero “Cantoni il volontario” e “Il governo dei preti”, entrambi pubblicati per la prima volta nel 1870, prima della Breccia di Porta Pia. Scrive in proposito il prof. Giorgio Galli nella prefazione ad uno dei romanzi di Garibaldi, ovvero “Cantoni il volontario”, riedito dalla casa editrice Kaos nel 2006: “Tra le righe di “Cantoni il volontario”, così come del “Governo dei preti”, si possono leggere i tratti del profilo di Garibaldi. Socialista libertario ingenuo ma non incolto, generale guerrigliero ma non militarista né guerrafondaio, eroe popolare vittorioso ma schivo, anticlericale eppure non insensibile alla fede e alla spiritualità. Solidale con le condizioni delle classi subalterne, rispettoso della figura e del ruolo della donna, cosmopolita e terzomondista ante litteram, perfino dotato di una sensibilità ambientalista (…)”.
Ritengo che tale descrizione fatta dal prof. Galli sia davvero emblematica e riassuntiva del personaggio che fu eroe di tutte le cause – dall’America Latina all’Italia – d’emancipazione popolare e sociale.
Eroe che richiese sempre precisi impegni ai suoi interlocutori e, non a caso, rifiutò di combattere a fianco dei nordisti nella Guerra Civile Americana o Guerra di Secessione Americana (1861 – 1865) in quanto Lincoln non prese mai un impegni pubblico per l’abolizione della schiavitù.
Fu amante dell’ambiente e degli animali, tanto che fondò l’Ente Nazionale Protezione Animali (ENPA) tutt’oggi attivo. Fu ingenuo, certo, in quanto si fidò del Re e di Casa Savoia pur di fare l’Italia.
Un’Italia che però non nacque come egli e Mazzini auspicavano: onesta, laica, indipendente, sovrana. Ma corrotta e ben presto clericale, al punto che Garibaldi – coerentemente con i suoi principi e le sue idee – il 27 settembre 1880 si dimise da deputato al Parlamento scrivendo sul giornale “La Capitale” di non voler essere “tra i legislatori di un Paese dove la libertà è calpastata e la legge non serve nella sua applicazione che a garantire la libertà ai gesuiti ed ai nemici dell’unità d’Italia. Tutt’altra Italia io sognavo nella mia vita, non questa, miserabile all’interno e umiliata all’estero”. Dopo di ciò il Generale tornò nella sua Caprera a fare il mestiere di sempre, ovvero l’agricoltore.
Garibaldi fu massone e teosofo e lo rimase per tutta la vita nel suo cuore, anche allorquando, in polemica con i massoni della sua epoca assai poco massoni, si dimise da ogni carica. Ricoprì la carica di Gran Maestro dell’Umanità (mai data a nessun altro massone) e, in Italia, la carica di Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia e fu il primo ad iniziare le donne in Massoneria, iniziando, pare, anche l’occultista russa Helena Petrovna Blavatsky (1831 – 1891), fondatrice della Società Teosofica e che fu sempre una sua sostenitrice, anche durante la battaglia di Mentana (1867) alla quale prese parte.
Molte cose potrebbero essere dette su Garibaldi, come sui suoi amori. Il più grande fu quello per la rivoluzionaria brasiliana Anita, ovvero per Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva (1821 – 1849), la quale combattè al suo fianco sia in America Latina che in Italia, in particolare durante la Repubblica Romana (1849), ove morì poco dopo a causa della malaria a soli 28 anni.
Giuseppe Garibaldi è e rimane una figura centrale nel panorama non solo risorgimentale, ma anche degli Eroi di tutti i tempi. Giuseppe Garibaldi fu infatti prima di tutto l’amico degli uomini e dei popoli per eccellenza e, come al conte Alessandro Cagliostro, sembrò toccare la stessa sorte: amato dagli umili, vilipeso da coloro i quali erano e sono in malafede.
Ma ciò non può toccare il cuore di coloro i quali ricercano, intimamente, il bene dell’umanità e credono nel valore dell’amore e della fratellanza universale. Senza distinzioni.
Luca Bagatin