Pecore senza pastore: don Luigi Sturzo argomento della serata di Lodi Liberale con Rocco Buttiglione

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Non abbiamo una classe dirigente che sia in grado di lavorare nel solco della complessità. Secondo Rocco Buttiglione, intervenuto in Lodi Liberale, la situazione attuale è più declinata come una massa, che non riesce ad aggregarsi per diventare popolo, nonostante il mercato offra una quantità infinita di relazioni, che rilevano i bisogni sociali, molto più che non la politica in sé.

Nel 136esimo evento di Lodi Liberale è stato presentato il libro di Flavio FeliceI LIMITI DEL POPOLO. Democrazia e autorità politica nel pensiero di Luigi Sturzo” pubblicato da Rubbettino Editore, insieme all’autore (Professore di Storia delle Dottrine Politiche presso l’Università degli Studi del Molise), Rocco Buttiglione (Professore di Filosofia presso l’Istituto di Filosofia Edith Stein di Granada) e Antonio Campati (Ricercatore in Filosofia Politica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore).

Il liberalismo volutamente giusto di Lodi Liberale, che ha presentato un libro che parla di pensiero cattolico e di pensiero liberale.

“Nel gennaio del 2014 Flavio Felice venne per la prima volta con noi per presentare un suo libro, da allora è sempre rimasto in contatto con l’associazione; mentre per Antonio Campati è la prima volta in Lodi Liberale. Rocco Buttiglione invece porta la sua esperienza poliedrica come esempio e testimonianza.” Il presidente di Lodi Liberale Lorenzo Maggi ha spiegato come mai il pensiero cattolico sia presente nella tradizione liberale da sempre: nel libro viene analizzata la filosofia politica di don Luigi Sturzo, in 400 pagine viene scandagliato il pensiero di questo personaggio, soffermandosi sui concetti e sulle parole: popolo autorità e democrazia, capisaldi della politica sturziana.

Il teorico sociale don Luigi Sturzo fu un antifascista convinto, un pensatore di una straordinaria attualità.

“Moralizziamo la vita pubblica. Non è moderno il male di una vita pubblica moralmente inquinata: sotto tutti i cieli, in tutte le epoche, con qualsiasi forma di governo, la vita pubblica risente i tristi effetti dell’egoismo umano. Quanto più è accentrato il potere e quanto più larghi sono gli afflussi del denaro nell’amministrazione pubblica (Stato, enti statali e parastatali, enti locali), tanto più gravi ne sono le tentazioni. La funzione di controllo alle pubbliche amministrazioni, sia legale e tecnico, sia parlamentare, è un necessario limite agli abusi del potere, ma non è mai tale da impedirli. Se non c’è un efficace vigilanza dell’opinione pubblica e una pressione popolare per la moralità amministrativa e politica, le corruzioni saranno tali da superare quelle famose di Chicago o di Tammay Hall a New York. Ma c’è un altro pericolo, ancora peggiore: quello dell’insensibilità del popolo stesso di fronte al dilagare dell’immoralità nell’amministrazione dello Stato, sia perché attraverso partiti, cooperative, sindacati, enti assistenziali e simili, coloro che hanno in mano i mezzi dell’opinione pubblica partecipano alla corruzione dei politici o si preparano a parteciparvi con l’alternarsi dei partiti (di questo male si soffre negli Stati Uniti); ovvero perché tutto il potere e tutti i mezzi di opinione pubblica sono in mano ai governi, come avviene nei Paesi totalitari.”

“Molti hanno approcciato il pensiero di don Luigi Sturzo. Se fosse santificato sarebbe una cosa molto bella.” È l’auspicio di Lorenzo Maggi per l’anniversario della morte del pensatore.

“L’immoralità pubblica non è caratterizzata solo dallo sperpero del denaro, dalle malversazioni e dai peculati. Applicare sistemi fiscali ingiusti o vessatori è immoralità; dare impieghi di Stato o di altri enti pubblici a persone incompetenti è immoralità; aumentare posti di lavoro senza necessità è immoralità; abusare della propria influenza o del proprio posto di consigliere, deputato, ministro, dirigente sindacale, nella amministrazione della giustizia civile o penale, nell’esame dei concorsi pubblici, nelle assegnazioni di appalti o alterarne le decisioni è immoralità.”

NELLA SCHIERA DEI LIBERALI ITALIANI

Luigi Sturzo è, secondo il presidente di Lodi Liberale, uno dei rappresentanti più importanti del pensiero cattolico e liberale italiano.

“Anche l’Università stanca, come quella italiana, può produrre autori originali che hanno fortemente assimilato un pensiero, che viene dalla propria tradizione, per riproporlo, facendolo entrare in contatto con altri pensieri. L’autore, professore di Dottrine politiche, ha la capacità di utilizzare la filosofia per capire il presente, oltre che quanto è stato pensato nel passato, per orientarci nelle difficoltà di oggi”.

Rocco Buttiglione ritiene che in questo libro il tema del populismo, molto attuale, sia un elemento che ha a che fare con l’immoralità. Ai tempi di Platone si parlava di sofisti, quando si prendevano in considerazione il relativismo morale ed etico, dove la politica era semplicemente un gioco di potere.

PECORE SENZA PASTORE, UN POPOLO ABBANDONATO A SE STESSO

“La politica è anche, come diceva Giovanni Paolo II, un lavoro per il bene comune” non solo un controllo delle istanze morali fine a se stesso. La chiesa (a prescindere dalla confessione) cerca di parlare in nome della moralità espressa da un popolo, partendo dalla sua storia, senza questo parametro morale è facile perdere la fiducia e essere instabili e insicuri nella vita pubblica. Secondo Buttiglione un popolo senza classe dirigente è una massa che segue solamente l’utile immediato.

“Il filo conduttore di questa ricerca è argomento in cui Sturzo è maestro. Populismo e popolarismo sono due cose diverse, ma hanno dei punti di contatto – secondo Buttiglione – per i populisti il popolo è una realtà di massa indifferenziata, mentre il popolarismo è una somma di individui con una storia, una famiglia, un Comune, una realtà!” Sono due concezioni profondamente diverse della democrazia.

“In Rousseau non c’è nulla fuori dallo Stato, mentre in Locke la persona non si aliena nello Stato, ma realizza una parte dei diritti e ne mantiene anche altri, controllando quanto più intimo. La nostra cultura deve a San Tommaso il primato del conservatorismo: la persona e l’uomo non appartengono alla comunità politica in tutto, ma solo in parte. La persona trascende l’ordine politico.”

L’UOMO NON È RIDUCIBILE ALLA COMUNITÀ POLITICA NEL RISPETTO DI SE STESSO

“La personalità umana, secondo la Costituzione Italiana, si espande nelle istituzioni, rimanendo ontologicamente superiori alle comunità cui appartiene. Creando la comunità si crea il popolo, il Parlamento, che è la nazione: una sintesi, insomma, provvisoria.”

LA PRINCIPALE CAUSA DI POVERTÀ È IL MONOPOLIO

“I mercati sono istituzioni umane, sono in realtà tutti imperfetti: mercati in cui esistono attriti e posizioni di potere, monopoli, i quali si impadroniscono del potere economico e fanno in modo che la massa non possa accedere al bene economico in sé. Le posizioni di monopolio e di potere interne al mercato, che non dipendano dal mercato economico ma da altri sistemi di potere, andrebbero smantellate.”

“Il populismo si trasforma in popolarismo quando si comincia un’alfabetizzazione politica, creando associazioni, iniziando a fare, partendo dal piccolo, dalla persona, dalla comunità, dal Comune. In caso contrario, se non si rispettano questi passaggi, il politico e lo Stato si sostituiscono alle persone e le persone diventano massa. Il principio di sussidiarietà ci insegna che possiamo pensare a come risolvere i problemi, prima di arrivare allo Stato, quando si arriva allo Stato qualcosa non ha funzionato, questa è la grande lezione di Luigi Sturzo, che in questo processo di massificazione globale è ancora più attuale!” Secondo Rocco Buttiglione la società articolata non è esposta alla tentazione di delegare tutto al potere superiore alienando se stessa.

Ad uno Stato accentratore tendente a limitare e regolare ogni potere organico e ogni attività civica e individuale, vogliamo sul terreno costituzionale sostituire uno Stato veramente popolare, che riconosca i limiti della sua attività, che rispetti i nuclei e gli organismi naturali – la famiglia, le classi, i Comuni – che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private. E perché lo Stato sia la più sincera espressione del volere popolare, domandiamo la riforma dell’Istituto Parlamentare sulla base della rappresentanza proporzionale, non escluso il voto delle donne, e il Senato elettivo, come rappresentanza direttiva degli organismi nazionali, accademici, amministrativi e sindacali: vogliamo la riforma della burocrazia e degli ordinamenti giudiziari e la semplificazione della legislazione, invochiamo il riconoscimento giuridico delle classi, l’autonomia comunale, la riforma degli Enti Provinciali e il più largo decentramento nelle unità regionali. Questo ideale di libertà non tende a disorganizzare lo Stato ma è essenzialmente organico nel rinnovamento delle energie e delle attività, che debbono trovare al centro la coordinazione, la valorizzazione, la difesa e lo sviluppo progressivo. Energie, che debbono comporsi a nuclei vitali che potranno fermare o modificare le correnti disgregatrici, le agitazioni promosse in nome di una sistematica lotta di classe e della rivoluzione anarchica e attingere dall’anima popolare gli elementi di conservazione e di progresso, dando valore all’autorità come forza ed esponente insieme della sovranità popolare e della collaborazione sociale.”

“In questo libro finalmente viene introdotto nella Storia del pensiero della Filosofia Politica don Luigi Sturzo, che ad oggi non era mai stato inserito tra i pensatori politici, in modo ufficiale: con questa visione così organica, in dialogo con altri politologi citati nell’opera” ha detto il professor Antonio Campati, introducendo la sua recensione al libro.

LUIGI STURZO PER CAPIRE IL PRESENTE

“Grazie a questo suo dialogo tra il pensiero di Sturzo e la politica si presentano notevoli spunti di riflessione utili alla comprensione del presente. Questo è il più grande pregio di questo libro”. Secondo Campati il libro consente di andare a riflettere su parecchi argomenti politici scottanti, come ad esempio il principio di libertà, di rappresentazione, di democrazia. Disintermediare il rapporto tra cittadini e Stato è una cosa buona? Secondo don Luigi Sturzo no. Il corpo intermedio è fondamentale. Un esempio di corpo intermedio potrebbe essere il partito politico.

Il rapporto tra liberalismo e tradizione cattolica è delicatissimo”.

TUTTO IL POPOLO POTENZIALMENTE E’ ELITE, NON COME MASSA; BENSI’ COME ORGANIZZAZIONI

Come in una fabbrica non ci può essere macchinista o ingegnere o direttore senza la capacità, così nella società politica non si deve arrivare a esserne dirigenti senza le qualità necessarie e il tirocinio sufficiente”.

Secondo Antonio Campati “Sturzo è un teorico delle élite, in quanto è fortemente convinto che esse sono alla base della democrazia: chi si assume la responsabilità politica deve essere in grado di farlo. Secondo Sturzo le élite sono importanti per un buon funzionamento della democrazia: in diverse occasioni egli sottolinea come il dinamismo interno alla democrazia sia dato proprio dalla formazione e dalla circolazione di nuclei politici ed economici.

Chiamiamo questi nuclei élites, con grave scandalo dei demagoghi che fanno appello alle folle. Se il termine non piace, se ne scelga un altro, la nozione rimane perché è nelle cose”.

I partiti politici sono il luogo in cui le persone si organizzano per uscire dal concetto della massa e per realizzare il progetto programmatico che hanno in mente, ma viviamo un’epoca di ubriacatura da massa e da populismo, che sono i due nemici principali del popolo.

“Spesso chi fa politica, se è populista, scende in mezzo alle persone, ma non sempre è in contatto realmente con il popolo: a volte si incontra i popolo, a volte si fa una sfilata, per massificare, annullare la personalità dei singoli, assecondando le passioni più basse in nome di consenso!” Lorenzo Maggi citando il libro di don Luigi Sturzo, così egli ben mette in evidenza la diversità tra populismo e popolarismo.

“Molte delle mie conoscenze sono dovute al percorso che ho fatto – il professor Flavio Felice racconta la sua esperienza in seno all’Università – proprio studiando Michael Novak nella lettura di Rocco Buttiglione alla luce della lente di Papa Carol Wojtyla presso l’Università di Teramo, entrai in contatto con la Scuola Austriaca e conobbi Dario Antiseri. Ironicamente leggendo “L’etica cattolica e lo spirito del capitalismo” di Novak, conobbi il pensiero di don Luigi Sturzo”.

Don Luigi Sturzo fu certamente un analitico delle élite, non il solo, ma certamente il suo apporto è importante, come quello degli altri, per rendersi conto che l’inclusione è una forma competitiva che consente di accedere all’ascensore sociale, insomma consente di rimescolare le carte della società, a condizione che siano le istituzioni ad essere inclusive, altrimenti lo sforzo è inutile.

“Questa intuizione di Sturzo in argomento di élite, egli parlava di democrazia come processo che non consente la cristallizzazione delle istituzioni. L’elemento estrattivo infatti emerge laddove le istituzioni assumono una rendita di posizione che le rende non scalabili ed inscalfibili. Anche in questo senso don Luigi Sturzo combatte il monopolio, tanto delle idee che del potere, rompendone le catene”.

Flavio Felice racconta che, presentando Sturzo qualche anno fa, si trovò nel paradosso che – in quanto cattolico – Sturzo era messo alla porta dalla vulgata tradizionale. Per questo nasce il libro.

LA PLURARCHIA DI DON LUIGI STURZO

“Sturzo si è opposto al populismo offrendo uno strumento attraverso il quale superarlo, ovvero il partito politico. Quell’atteggiamento populistico era il figlio di una estromissione. Egli capiva che bisognava preparare i cattolici all’ingresso della vita istituzionale del paese. Il percorso non inizia dal partito, ma dalle leghe, dalle associazioni, dal sindacato, dalle cooperative: Sturzo non credeva nel monopolio della politica, infatti. Infatti è più adatto il percorso plurale delle varie forme di potere e di rappresentanza nella società, che porterà i cattolici a un posto in politica” secondo Flavio Felice dalla fine dell’ottocento al 1919 si prepara il campo per la nascita di un partito politico cattolico. Di respiro nazionale, di matrice cattolica ma aconfessionale”.

Il Partito popolare italiano viene fondato da Luigi Sturzo il 18 gennaio 1919 a Roma  al motto di un «Appello ai liberi e forti». In quel particolare contesto storico, il colpo d’ala di Sturzo fu quello di creare un partito laico, democratico e di ispirazione cristiana, con una precisa piattaforma programmatica: difesa della famiglia e libertà di insegnamento, lavoro inteso come diritto e referendum locali, centralità delle autonomie territoriali e forme di previdenza sociale, rappresentanza proporzionale e voto alle donne, libertà della Chiesa e costruzione di un ordine mondiale nuovo.

IL POPOLO RAGIONA SPESSO CON LA PANCIA

“Il popolo del populismo si rivede attraverso un processo di identificazione, per cui il leader si comporta come pensa che si comporti il popolo, mangia come il popolo, si veste come il popolo, parla come il popolo, insomma cavalca le mode sperando che il popolo lo segua e lo ami per questo!” il facile potere del populista viene descritto in modo dritto e chiaro da Flavio Felice che spiega come mai tra i leader italiani di oggi, in pratica, non ce ne sia nemmeno uno paragonabile a quelli del passato.

Secondo la visione di questo libro, se dovessimo proiettarlo sull’oggi, non siamo esattamente in una buona situazione, ma in una situazione molto rischiosa e problematica, in quanto il popolo non sa gestire la complessità globale, la politica non la contempla e i politici, forse, ne sanno anche meno. Forse non la contemplano.

A cura di Martina Cecco

 

DECALOGO DEL BUON POLITICO

  1. È prima regola dell’attività politica essere sincero e onesto. Prometti poco e realizza quel che hai promesso.
  2. Se ami troppo il denaro, non fare attività politica.
  3. Rifiuta ogni proposta che tenda all’inosservanza della legge per un presunto vantaggio politico.
  4. Non ti circondare di adulatori. L’adulazione fa male all’anima, eccita la vanità e altera la visione della realtà.
  5. Non pensare di essere l’uomo indispensabile, perché da quel momento farai molti errori.
  6. È più facile dal No arrivare al Si che dal Sì retrocedere al No. Spesso il No è più utile del Sì.
  7. La pazienza dell’uomo politico deve imitare la pazienza che Dio ha con gli uomini. Non disperare mai.
  8. Dei tuoi collaboratori al governo fai, se possibile, degli amici, mai dei favoriti.
  9. Non disdegnare il parere delle donne che si interessano alla politica. Esse vedono le cose da punti di vista concreti, che possono sfuggire agli uomini.
  10. Fare ogni sera l’esame di coscienza è buona abitudine anche per l’uomo politico.

 

Don Luigi Sturzo

 

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