La 133esima serata di Lodi Liberale ha portato un contributo notevole per la rassegna dei Classici del pensiero liberale con la presentazione il 7 giugno scorso, in compagnia di Carlo Lottieri, Dario Caroniti e Paolo Luca Bernardini, del libro di Ètienne de La Boétie “Discorso sulla servitù volontaria“, pubblicato da LiberiLibri.
“Il pensiero liberale è spesso mal spiegato, demonizzato e caricaturizzato – ha detto il presidente dell’Associazione Lodi Liberale Lorenzo Maggi – e questa sera presentiamo un libro scritto nel 1552/3 pubblicato da LiberiLibri. Storiograficamente per definizione il primo filosofo politico libertario, Ètienne de La Boétie si è proposto come un antimonarchico, antitirannico, scagliato contro il potere del dittatore, della persona che detiene od usurpa il potere a danno dei molti. Questo è un libro non necessariamente ponderoso, ma è comunque di valore: in esso alcuni principi, come il fatto che l’asservimento dettato da abitudine e consuetudine, che si esplica in accettazione dei vincoli che vengono imposti, porta ad accettare privazioni della nostra libertà senza rendersene nemmeno conto. Questo libro non è un invito alla violenza sovversiva, ma alla revoca del consenso implicito.”
E’ il popolo che si fa servo, che si taglia la gola, che, potendo scegliere se essere servo o libero, abbandona la libertà e si sottomette al giogo.
“Carlo Lottieri ha scritto per quest’opera una post fazione che ci introduce in un viaggio curioso che si dipana in un percorso che vola alto, come ha scritto il quotidiano di Lodi Il Cittadino.”
Siate risoluti a non servire più, ed eccovi liberi; non voglio che vi scontriate con lui o che lo facciate crollare, limitatevi a non sostenerlo più, e lo vedrete, come un grande colosso cui sia stata sottratta la base, cadere d’un pezzo e rompersi.
“L’edizione del testo in questione è del 2004. Da storico della prima età moderna cercherò di essere meno puntuale sugli aspetti speculativi, che lascio ai colleghi, cercando di inquadrare quest’opera sulla linea della storia. Questo trattatello si inseriva in un nucleo vivido di fermento culturale, oppure era un libro che ha era l’incipit? Questo libro nasce nell’amplissima trattatistica estremamente fertile della Francia anticattolica, vi sono decine di libelli in argomento. Il libro va collocato nella tradizione del pensiero liberale che – ha detto Paolo Luca Bernardini – ha radice all’origine dell’umanità, almeno quella occidentale.”
“Oltre al trattatello in sé vi sono delle poesie, dei sonetti, scritti in francese, nell’ambito della concettistica prebarocca, di difficile interpretazione!”
“Un ulteriore aspetto da considerare è quello di ripensare il concetto geografico della Francia (ex Perigord) della Regione della Dordogne francese, in campagna; non è forse vero che a un certo punto lo statalismo e il centralismo viene visto in modo diverso rispetto alla posizione, anche culturale, del Bordeaux? Esiste una grande dialettica nella storia francese tra Parigi e le periferie, dove non solo si sviluppano correnti e movimenti anticentralisti, ma anche pensieri libertari. Le idee che trionferanno non saranno certamente queste della liberazione e della disobbedienza civile, ma trionferà lo Stato come macchina burocratica.”
“L’autore appartiene a una élite intellettuale, cita Plutarco e Senofonte, appartiene senza dubbio alla cultura classica.”
ANCHE I BUOI MALTOLLERANO IL GIOCO.
“Ci sono elementi di modernità anche al di là di quello che si trova nel pensiero politico: il testo riproietta tutto in una ipotetica battaglia tra Repubblica e Tirannide, contro l’impero.”
“Questo è davvero un classico, un testo che potrebbe essere scritto anche poco tempo fa, che ci chiede come mai accettiamo di vivere in milioni di persone in città, governati come armenti, senza opporci alla tirannide. Una domanda che un liberale si pone continuamente. E’ interessante che, ben prima delle masse e della globalizzazione, si inizi a riflettere sulle masse che accettano il tiranno.”
Ma a proposito, se per caso nascessero oggi delle persone del tutto nuove, non abituate alla sottomissione, né attratte dalla libertà, e che non conoscessero cos’è l’una e cos’è l’altra, se non a stento i nomi; se gli si prospettasse di essere servi o di vivere liberi, quali regole sceglierebbero? Senz’altro preferirebbero obbedire alla sola ragione anziché servire un uomo; a meno che non si tratti di quelli d’Israele, i quali, senza costrizione né bisogno, istituirono un tiranno: così non leggo mai la storia di quel popolo senza provarne risentimento, quasi fino a diventare così disumano da rallegrarmi dei tanti mali che gliene derivarono.
“Tendo a collocare questo autore nel suo periodo storico che non è quello in cui si afferma lo stato, ma quello della concezione iniziale dello stato, la cui idea era limitata al Macchiavelli. La sua critica è essenzialmente rivolta contro una visione della società, della morale e dell’etica legate al Cristianesimo, si sviluppa nel seno della nuova filosofia moderna, insieme ai grandi umanisti, come Erasmo da Rotterdam e Tommaso Moro. Questa è un’opera giovanile che si colloca tra i suoi 16 ed i suoi 20 anni. Egli si troverà quindi in un contesto di eradicazione di un sistema terminato, senza all’orizzonte una proposta nuova. Quando afferma che il potere si regge sul consenso cita il sistema de La Repubblica di Platone, in cui si vive in un argomento dove il modello umano si ritrova in seno a dei principi comuni e si sottomette assegnandosi alla categoria di popolo e si schiavizza da sè.”
In quel periodo il mondo antico era oggetto di culto: rivalutato nel XII secolo per derivazione dalla cultura Medievale, che espande la latinità fino alle alte latitudini. Nello scollegamento della realtà di sogno che ha come interlocutore il grande classico, ma nella vita quotidiana non si ripete. In questo la delusione.
“Etiénne de la Boétie dal sogno letterario – si faccia specie della descrizione dei mondi fantastici, nello stesso periodo della Battaglia di Lepanto, in cui viene scritto il Don Chisciotte – ci porta alla realtà. L’abitudine era di mantenere una posizione facendo leva sulla letteratura e portandola in politica. Che cosa mettere al posto di quanto si va ad abbattere? Era la domanda principale. L’uomo in rivolta usa quindi la letteratura a suo piacimento, non la considera nella sua autonomia, la piega al comando, fintamente, per ricollocarsi al posto di dio, una volta abbattuto.” Secondo il professor Dario Caroniti la sostituzione del dominio di Dio avviene con il dominio dell’uomo, ma di fatto si passa da una sottomissione all’altra.
“La virtù ellenica dell’andreia, della fortezza, come la chiamavano Platone e Aristotele, se non è governata, porta ad una ribellione dalla quale materialmente origina l’oppressione, dello Stato, che è una creazione del mondo moderno che si colloca in sostituzione dello spirito trascendente e che ne prende il posto, al punto di unificare i fini pratici con i fini esistenziali. In seno a questo si disperdono le libertà.”
E’ cosa davvero sorprendente, eppure tanto comune da doversene rattristare piuttosto che stupire, vedere migliaia d’uomini asserviti miseramente, con il collo sotto il giogo, non costretti da una forza più grande, ma in qualche modo, come sembra, incantati e affascinati dal solo nome di uno, di cui non dovrebbero nè temere la potenza, poiché egli è solo, né amare la qualità, poiché nei riguardi di tutti loro è disumano e feroce. Son dunque gli stessi popoli che si fanno dominare, dato che, col solo smettere di servire, sarebbero liberi. E’ il popolo che si fa servo, che si taglia la gola, che, potendo scegliere se esser servo o libero, abbandona la libertà e si sottomette al giogo.
SI AFFRONTA LA MORTE COMANDATI DA UN UOMO
“Questo saggio è un testo molto problematico: abbisogna di una nuova versione filologica, corredata di note, che ci permetta una lettura migliore, con dei riferimenti più espliciti. La parte iniziale, l’incipit, è molto interessante, in quanto è ricco di riferimenti classici. All’inizio vi è una citazione di Ulisse in cui si mette in evidenza che la storia del capo necessario va lontano nel tempo: l’uomo non vuole essere governato, ma non ha mai avuto il coraggio di realizzare il fatto che non va bene essere dominati da altri!”
Il professor Carlo Lottieri spiega che, la servitù volontaria, si libera, ma solo concettualmente, dall’idea della schiavitù tirannica. L’uomo resta schiavo volontario.
“Ètienne de La Boétie asserisce che l’uomo non deve comandare qualcun altro. Quando Hans Kelsen parla di un ordine politico limitato dal diritto, limitato dalla volontà del legislatore, constata che il limite di una autolimitazione è nessun limite. Quindi secondo La Boétie la penetrazione della politica è intima, la vita è permeata dal dominio. Il potere è in grado di controllare le persone dall’interno.”
IL RUOLO DELL’ABITUDINE, COME APPARATO EDUCATIVO
“In George Orwell troviamo la descrizione analitica del potere nelle distopie del ‘900- Il potere che nel suo trionfo conquista l’anima, ci porta volontariamente ad annientare il nostro essere, a cambiare la nostra lingua, a ragionare in modo diverso, a rovesciare la realtà – come si legge in Orwell in 1984 – e in questo contesto alla fine governando gli uomini trattandoli come armenti, si arriva ad allineare la malvagità e la stupidità alla corruzione e ancora al potere in sé.”
L’ESTETICA POLITICA
“Il potere per conquistare i nostri cuori deve creare distanza e nascondimenti: c’è la costruzione di un’estetica e di una teologia dove alla fine il potere sfrutta la religione e la rende insignificante. In questi passaggi più che cogliere l’essenza di un testo antireligioso, se ne colgono i tratti in difesa dello spirito di libertà della religione, scevra dalla devozione al potere temporale, del re taumaturgo, del re vescovo, della religione che comanda e del comando che si fa religione. Il potere costituisce una devozione per il re: il gallicanesimo ne sarà espressione.”
VENEZIA CITTA’ DI UOMINI E NON PARCO DI ANIMALI
“La natura umana è per la libertà. Ci sono una serie di passaggi che si collocano nel realismo politico: il potere è una organizzazione. Parliamo quindi di una struttura: questo è un testo contro l’obbligo politico e in favore di una possibilità di vita morale: la possibilità di un’esistenza morale viene meno quando la propria condotta non è in un contesto di libertà ma quando il potere si è appropriato della tua stessa anima. In questo senso possiamo parlare di una visione piramidale, dove il controllo colloca le persone in un contesto di relazioni malate: non esistono amici, ma complici, le persone di usano a vicenda in maniera strumentale.”
In Montaigne si trova una frase che riconosce l’unicità dell’amicizia, forse la frase più bella che si trova nella storia politica, relativamente all’amicizia tra lui de La Boétie: sia riassume nel perché io sono io e lui è lui. Il re invece non ha amici in quanto attira a sé e si dissolve dal punto di vista morale.
A cura di Martina Cecco