di LORENZO CASTELLANI
Nel nostro tempo tutti sono pronti a dichiararsi liberali. Ma quanti sono disposti ad esserlo veramente? E ancora, quanti sanno cosa significa realmente il concetto racchiuso dal sostantivo liberale?
L’Italia è storicamente un paese illiberale. Da sempre vessata da strutture statali pesanti ed invasive. Basti pensare a quelle delle dominazioni straniere fino alla metà del 1800, basti pensare allo Stato fascista, basti pensare alla pesantezza della macchina burocratica ereditata da sessant’anni di una democrazia edificata sul compromesso e sulla logica del tirare a campare tutti. I fantasmi dello statalismo ci rincorrono ancora. A partire da una pubblica amministrazione mastodontica ed inefficiente. Con troppi dipendenti statali. Con le tanto vituperate province che continuano a proliferare invece di essere eliminate, con il paradosso delle comunità montane in pianura, con le Regioni a Statuto Speciale che godono di privilegi amministrativi assurdi e spesso illogici. Dove lo stipendio non si guadagna ma viene ricevuto di diritto. Dove non esiste un controllo basato sul criterio dell’efficienza o se esiste è a discrezione di qualcuno o non viene applicato.
Per non parlare della struttura sindacale che oramai non rappresenta che un quarto dei lavoratori italiani e nonostante tutto paralizza il mercato, detta le sue regole nella libera contrattazione, succhia soldi pubblici; della politica che ha messo le mani sul libero mercato (si pensi alle cooperative rosse), dove le grandi aziende tanto pigre quanto ingorde fagocitano aiuti statali tenute in vita con flebo di denaro pubblico. Uno Stato che sempre e comunque ci mette le mani nelle tasche. Denaro prima di tutto nostro, di noi cittadini. Non si possono tagliare le ali alla competitività, addossando ogni responsabilità di sviluppo del Belpaese sulle spalle delle fiorenti piccole e medie imprese, dei validi e capaci professionisti.
Serve alleggerire la pubblica amministrazione, tagliare i costi, buttare il superfluo. Serve un mercato veramente libero e basato sulla competizione. Perchè la competitività, lo insegna la storia, è alla base del progresso. Le banche devono tornare a fare le banche, ad investire su chi propone e rischia senza farsi influenzare da chi siede nelle comode poltrone dei consigli di amministrazione e che spesso viene proprio da quelle grandi aziende che non vogliono perdere quote di mercato e intendono quindi controllarne la politica creditizia. Abbiamo bisogno di uno Stato laico e non di Governi che cedano ai ricatti ed alle pressioni della Chiesa per un pugno di voti cattolici. Si pensi alla legge liberticida sul testamento biologico varata in Parlamento. Noi non siamo laicisti, non siamo anticlericalisti, ma siamo laici. Eredi della tradizione cavouriana.
La libertà di scelta e di coscienza rientra da sempre nei nostri valori fondamentali. Così come la meritocrazia. Scuole pubbliche e private che sappiano stimolare il merito con borse di studio. Così che anche l’ultimo possa, se capace, diventare primo. Una scuola selettiva e che non giochi a ribasso. Si torni ad insegnare per i migliori della classe, così che tutti siano stimolati a restare al passo. Così come un’ università più aperta all’Europa ed al mondo. Internazionale e competitiva. Esente dai baronati e dai concorsi truccati. Perchè lo Stato liberale non è produttore di un’etica pubblica, bensì di un quadro giuridico entro il quale gli individui sviluppano le proprie potenzialità. Perchè più di ogni altra cosa questo Paese ha bisogno di persone. Di una classe dirigente giovane. Preparata ma allo stesso tempo intraprendente, ragionevole ma capace di rischiare con oculatezza.
L’Italia ha bisogno di colmare quel deficit di liberalismo che l’ attanaglia da sempre. La Libertà. Libertà politica, morale e civile. Libertà che solo il liberalismo applicato empiricamente alla democrazia ed all’economia può creare. Perchè essere liberali non vuol dire solo farsi interpreti di una dottrina politica, vuol dire avere alle spalle un sano e costruttivo background culturale. Il liberalismo non è solo politica, ma anche politica. E’ prima di tutto un’idea, uno stile di vita. Una pacifica rivoluzione che questo Paese, al contrario di altri, non ha mai visto. Una rivoluzione liberale. Noi ci crediamo, e tu?
Lorenzo Castellani
Responsabile Comunicazione Gioventù Liberale Italiana