25 Aprile col monocordo? “Le forme autonome della resistenza italiana” in Lodi Liberale

0
1317

Nel 127esimo evento di Lodi Liberale è stato presentato il libro curato da Tommaso Piffer “LE FORMAZIONI AUTONOME NELLA RESISTENZA ITALIANA”, pubblicato da Marsilio, insieme a Eugenio Capozzi (Professore di Storia Contemporanea presso l’Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa), Marco Patricelli (Storico) e Massimo De Leonardis (Professore di Storia dei Trattati e Politica Internazionale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano).

In occasione del 25 aprile Lodi Liberale, seppure con un giorno di ritardo, ha presentato un libro che parla di una parte poco nota della Resistenza italiana, insieme a personaggi di un certo livello, seguiti dal pubblico internazionale. “Questo bel libro è stato curato da un amico di Lodi Liberale, Tommaso Piffer” ha detto Lorenzo Maggi “mette intorno a uno stesso tavolo 14 autori che hanno collaborato con i loro saggi alla formazione di un argomento contrastato come quello della Resistenza, che viene trattato spesso con una narrazione generica che non rende il merito della conoscenza storica nel complesso. Le gambe della Liberazione sono state senza dubbio tre, per cui è bene sapere che – oltre al partigiano militante di sinistra – ci sono stati anche partigiani di altro stampo: liberali, monarchici, ex militari, ex internati, politici di diversa matrice rispetto ai fascisti ed ai comunisti, etc… per un liberale non si può prescindere ad esempio da Edgardo Sogno”.

Infine, nella Liberazione, il contributo eroico e militare, nonché in termini di vite umane, ha avuto un ruolo fondamentale la componente degli Alleati”.

“Anche l’aiuto, il supporto, il contributo fattivo e concreto da parte di alcuni religiosi, i cattolici che hanno avuto un ruolo nella resistenza per convinzione personale, è liberazione”.

La Brigata ebraica intervenne in Italia nel momento della liberazione, non se ne parla nel libro, ma va ricordato che in quel periodo, dopo un addestramento in Egitto e Cirenaica, la Brigata fu imbarcata su due navi dirette in Italia (sbarcò a Taranto) e fu integrata nell’VIII Armata britannica.

A lungo ignorata dalla storiografia, la Resistenza autonoma rappresentò una componente estremamente significativa del movimento di liberazione dal punto di vista numerico, militare e politico. Formazioni come il primo Gruppo Divisioni Alpine di Enrico Martini Mauri, le Fiamme Verdi o la Osoppo inquadrarono migliaia di uomini, che spesso portarono in dote l’indispensabile esperienza militare acquisita nel Regio Esercito. Fu grazie a uomini come Alfredo Pizzoni, Edgardo Sogno e Raffaele Cadorna che il CLNAI poté garantirsi la fiducia degli alleati occidentali. Finita la guerra, così come era nelle intenzioni dei leader della Resistenza autonoma, il paese rigettò ogni tentazione rivoluzionaria e si dotò di solide strutture democratiche. Questa raccolta di saggi restituisce per la prima volta alla Resistenza autonoma il ruolo che le spetta nella storia della guerra di liberazione, mettendo a confronto le esperienze politiche e militari di diversi contesti regionali.

SABOTAGGIO E CORRIERI, CONTROSPIONAGGIO E AUSILIARI: LA RESISTENZA

“A differenza dei soldati regolari, per i partigiani non si possono avere delle cifre sicure: è arduo avere dei dati certi sulla durata e sulla presenza esatta sul campo. Durante i giorni della Liberazione i partigiani sono aumentati esponenzialmente, non si poteva scegliere dove militare, bisognava comunque inserirsi nel contesto adattandosi. Senza i rifornimenti in danaro, viveri, equipaggiamento e armi, non sarebbe stata possibile nessuna missione. Ci furono dunque questi anelli di raccordo che consentivano sabotaggi e operazioni, erano Ufficiali di Collegamento. Quasi tutti militari e italiani. 498 campi per i materiali e 55 per il resto. Circa 5 mila azioni aeree furono organizzate in favore dei partigiani, il 61% andando a buon fine, se vi era la luna piena, se vi era bel tempo, per di più!” Secondo il professor Massimo De Leonardis i primi rapporti fra la Resistenza e gli inglesi furono gestiti da Ferruccio Parri, che era il controcanto del partito comunista, motivo che spinse questi a rapportarsi alla Svizzera. La stragrande maggioranza dei partigiani italiani voleva una democrazia di tipo occidentale, mentre in oriente l’Armata Rossa impose il comunismo.

La storia prima che la storiografia si è incaricata di archiviare l’impostazione marxista a lungo predominante nella storiografia resistenziale. Ma la lettura iper-politicizzata della storia della Resistenza che ha imperversato per decenni ha avuto un costo che va ben al dì là della sottovalutazione del contributo delle formazioni autonome. Questa lettura non aveva infatti alcuna possibilità di dar vita a una narrazione collettiva nel quale l’intero Paese potesse identificarsi, e così è stato. Tommaso Piffer

RESISTENZA E’ IDEA DI PATRIA

“Questo volume è un incentivo ad approfondire taluni aspetti, la prosecuzione di un cammino e al contempo un inizio del processo del riannodarsi della storia della Resistenza da restituire alla società culturale italiana, che ne è carente a causa della vulgata tradizionale. Le formazioni autonome sono un qualcosa di molto vario, ma sono accomunate da un’esigenza di non ideologizzazione” ha detto il professor Eugenio Capozzi. Ma del resto salvarsi la pelle e liberarsi dalla morte, non è certamente una questione ideologica.

Il moto patriottico, di rinascita nazionale, di identificazione tra la patria e la libertà, fu un fatto molto importante, una spina dorsale non da poco della resistenza è comprovatamente militare, per cui non solo socialista, cattolica, liberale, ma anche semplicemente patriottica”.

La Resistenza autonoma rappresentò una componente estremamente significativa del fronte resistenziale dal punto di vista numerico, militare e politico. Formazioni come l’Osoppo, le Fiamme Verdi o il i gruppo divisioni alpine di Enrico Martini “Mauri” inquadrarono migliaia di uomini, che spesso portarono in dote l’indispensabile esperienza militare acquisita nel Regio esercito. Fu grazie a uomini come Alfredo Pizzoni, Edgardo Sogno e Raffaele Cadorna che il cln Alta Italia poté garantirsi la fiducia degli alleati e quindi il sostegno militare ed economico senza il quale, come ebbe a dire Ferruccio Parri, la Resistenza avrebbe dovuto praticamente “chiudere bottega”. Dall’intervista di Tommaso Piffer.

I MAIELLINI, CHI ERANO?

“Questo progetto editoriale abbatte uno steccato in cui la storiografia si era autonomamente rinchiusa. La Brigata Maiella non viene spesso citata nonostante i suoi 1500 combattenti, divisi in 4 compagnie, con commandos, mitra e armamenti: non trova spazio nella narrazione della resistenza. Essa è un’anomalia che sgretola ab originem il mito della Resistenza nota come Vulgata resistenziale. Questa unità, che si distingue per essere stata armata dagli alleati e per aver combattuto fuori dalla circoscrizione, abbatteva il monolite ideologico della resistenza. Gli inglesi non avrebbero mai armato una parte militare politica.” Secondo Marco Patricelli la Brigata Maiella, che indossava la divisa inglese aggiunta di un nastrino tricolore era in realtà una formazione partitica, non politica, ma ben motivata dal punto di vista politico in senso stretto. Essa si attiva nel momento in cui si prende atto che la furia distruttiva non avrebbe risparmiato alcun futuro e che era indispensabile opporsi a chi rubava la dignità degli italiani. La Brigata Maiella nasce nei paesi di montagna dell’Appennino Abruzzese.

“Questa formazione non ha mai avuto nessuna sconfitta militare, ma non è certamente lei ad aver vinto la guerra, che è stata condotta e vinta dagli Alleati, per rendersene conto è sufficiente contare il numero delle vittime e fare una concreta proporzione. Ma l’esperienza del riscatto e il coro polifonico della ricostruzione del panorama della libertà dello stato va riportata come complessiva. Il 25 aprile in Italia viene vissuto male, un popolo che non riesce a fare la pace con se stesso difficilmente lo farà con la storia.”

LE DONNE LIBERALI NELLA RESISTENZA

Come non si raccontano le altre facce della Resistenza, anche alle donne liberali, di cultura medio alta, con conoscenza della lingua inglese, cosa non da poco all’epoca, non viene mai fatta menzione. A dirlo è Rossella Pace, la ricercatrice storica che ha curato questa parte del volume dedicata alle donne liberali. “L’analisi delle fonti primarie ha evidenziato non solo che molte partigiane liberali agivano in proprio ed in funzione coadiuvante degli uomini, ma inoltre che anche esse, al pari di comuniste, socialiste, azioniste, cattoliche ebbero un ruolo di primo piano nell’organizzazione, nel coordinamento, nella direzione della lotta».

Il libro contiene i saggi di: Marco Andreuzzi, Danilo Aprigliano, Alfredo Canavero, Eugenio Capozzi, Giampaolo De Luca, Ernesto Galli della Loggia, Rossella Pace, Marco Patricelli, Paolo Pezzino, Tommaso Piffer, Roberto Tagliani, Francesco Tessarolo, Roberto Tirelli, Fabio Verardo.

A cura di Martina Cecco

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento!
Inserisci il tuo nome