Nei decreti ministeriali e nei giornali non si trova traccia di cosa verrà riservato alle istituzioni e associazioni culturali chiuse dai primi di ottobre. Non ci sono regole e non ci sono neppure ipotesi giornalistiche di cosa bolle in pentola. Eppure l’associazionismo costituisce la storia di una città, di un paese, di un borgo, a volte è parte della storia nazionale e non solo. E’ un aggregazione di persone che volontariamente si associano per delle finalità che li accomunano. Ci sono finalità culturali in senso stretto, a volte anche specialistico, o finalità culturali e civili che affondano le proprie radici nella storia.
Va fatta una netta distinzione tra le istituzioni che ricevono stabili finanziamenti pubblici e che quindi stanno in piedi a prescindere, anche se sono chiuse e le istituzioni che non godono di finanziamenti pubblici ,ma devono affrontare le spese correnti anche se sono chiuse: personale, spese postali, tasse, riscaldamento biblioteca ecc. Il continuare a restare chiuse decreta la loro morte, pur non avendo fini di lucro, come i ristoranti che soffrono delle restrizioni anche assurde (il coprifuoco alle 22) a cui sono sottoposti. Non ci sono nome sui distanziamenti, sulla sicurezza, a meno di riandare all’estate scorsa, ma nessuno è così irresponsabile da riaprire senza precise e inequivocabili direttive che garantiscano la sicurezza. Eppure hanno riaperto le scuole con minorenni che danno certo meno garanzie di comportamento responsabile di chi viene ad ascoltare una conferenza. Qual è la differenza di un’aula e di una sala da conferenze? Vorrei che qualcuno me lo spiegasse. Hanno sempre tenuto aperti i luoghi di culto, mantenendo le regole dell’estate scorsa anche nei momenti più terribili della seconda ondata.
Le associazioni, al di là della loro funzione sociale, hanno anche un ruolo importante per molti perché aggregano persone, favoriscono rapporti umani, consentono uno scambio di idee diretto e insostituibile.
Sono una ricchezza collettiva ed individuale. In un noto Club internazionale al quale appartengo ,abbiamo fatto due cene con conferenza e due incontri da remoto. Si può dire un anno perso. Se la didattica a distanza non soddisfa i giovani, gli adulti difficilmente si esaltano per gli incontri da remoto. Vengo invitato un po’ da tutta Italia in convegni o conferenze da remoto, cerco di impegnarmi al massimo, ma vedo che il mezzo non consente di comunicare in modo soddisfacente con chi ascolta.
Ieri in un incontro romano su zoom siamo stati anche disturbati ripetutamente da gentaglia che si è messa a bestemmiare in modo osceno nell’anonimato. Se il Governo non decide presto ,non sarà certo possibile riaprire in luglio o in agosto. Gli istituti di cultura non creano reddito materiale, ma sono alla base di una civiltà comune basata sulla nostra storia. Nelle dittature i primi ad essere chiusi sono sempre stati i circoli culturali. Non vorremmo che nelle democrazie post- pandemiche la cultura venisse uccisa dal virus della noncuranza. Anche come responsabile del Centro Pannunzio rivolgo un appello al Presidente del Consiglio che è persona colta e stimabile.
Pier Franco Quaglieni in Pannunzio Magazine QUI
Foto Daniel Ventura