Bernard de Mandeville “LA FAVOLA DELLE API. Vizi privati e benefici pubblici”

“Sul mercato italiano non esistono nuove traduzioni ed edizioni di questo autore e di quest’opera.”

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1795

Nel 121esimo evento di Lodi Liberale è stato presentato il libro di Bernard de MandevilleLA FAVOLA DELLE API. Vizi privati e benefici pubblici” insieme a Raimondo Cubeddu (Professore di Filosofia Politica presso l’Università di Pisa), Paolo Luca Bernardini (Professore di Storia Moderna all’Università degli Studi dell’Insubria) e Daniele Francesconi (Direttore di Festival Filosofia di Modena, Carpi e Sassuolo).

Si parla ancora di Libri e spunti che possono essere fecondi per il pensiero liberale, molto spesso frainteso e caricaturizzato: in questo percorso gli autori e il commento sono indicativi per chi è interessato al progetto di Lodi Liberale, ha detto Lorenzo Maggi, presidente dell’associazione.

Indietro di 3 secoli, “La favola delle api” risale al 1705 e viene utilizzato anche sottotraccia nel mondo filosofico.

Bernard de Mandeville è un autore provocatorio e scandaloso, che non era sicuramente apprezzato dai suoi contemporanei, ma Hayek lo descrive come uno spauracchio per le persone rispettabili e devote, da taluni era visto come un mostro immorale”.

“Una sorta di precursore dell’ordine spontaneo, che aveva cercato di provocare delle riflessioni, a cui Lodi Liberale ha dedicato la tessera lo scorso anno, per l’anniversario.” Ha detto Maggi.

Smettetela dunque con i lamenti: soltanto gli sciocchi cercano di rendere onesto un grande alveare. Godere le comodità del mondo, essere famosi in guerra e, anzi, vivere nell’agio senza grandi vizi è un’inutile Utopia nella nostra testa. Frode, lusso e orgoglio devono vivere, finché ne riceviamo i benefici: la fame è una piaga spaventosa, senza dubbio, ma chi digerisce e prospera senza di essa? Non dobbiamo il vino alla vite secca, misera e contorta? Fino quando i suoi germogli erano trascurati, soffocava le altre piante e non dava che legna, ma ci allietò con il suo nobile frutto, non appena fu potata e legata. Così il vizio diviene beneficio, quando è sfrondato e contenuto dalla giustizia. Anzi, se un popolo vuol essere grande, esso è necessario allo stato, quanto la fame per farli mangiare. La semplice virtù non può fare vivere le nazioni nello splendore; chi vuol fare tornare l’età dell’oro, deve tenersi pronto per le ghiande come per l’onestà”.

L’ENTOMOLOGIA POLITICA E LE INIMICIZIE POSTUME CON ROUSSEAU

Bernard de Mandeville si distingue per un aspetto non necessariamente solo liberale, ma per la tradizione del pensiero occidentale, che connette l’entomologia alla politica. La società delle api, delle cicale, delle formiche, è stata presa come una specie di modello. Ma è molto importante vedere come un intellettuale si rapporti al mondo animale, vedendo in esso una possibile proiezione di una società perfetta.” Ha detto il professor Paolo Luca Bernardi, che dell’autore di occupa anche per motivi di docenza. “La stessa società inglese viene vista come un alveare, anche se Mandeville non sarebbe inglese di origine. Egli conosce pure dall’Olanda il mondo politico della sua nuova terra, pensa quindi a questo paragone tra una società ben organizzata e una tradizione entomologica che parla dell’alveare. In Italia fu Giovanni Bonifacio a fare un paragone tra le api e la società. L’ape è stata un simbolo dell’Accademia dei Lincei, come esempio, laboriosa e trasformatrice dei fiori e del miele, ape che crea, che ha un modello sia individuale che sociale.”

“L’alveare non rappresenta necessariamente la virtù, ma anche il vizio: al di là del contesto liberale: nel momento politico attuale abbiamo un esempio nella mentalità ambientalista, ma anche se pensiamo a La Fontaine che attingeva ad Esopo, parliamo di un concetto che torna. Ci sono diversi animali che sono presenti nella letteratura, dall’antichità ad oggi.” Ha detto.

“Sul mercato italiano non esistono nuove traduzioni ed edizioni di questo autore e di quest’opera.”

Bernard de Mandeville per una serie di motivi diventa un parallelo di Niccolò Macchiavelli. Per questo l’autore venne demonizzato, anche postumo, da Rousseau. Il discorso del VIZIO INDIVIDUALE rende l’autore inviso nell’epoca del positivismo”. Quando si legge Rousseau l’idea di una società dell’alveare e del vizio si adatta alla città, ma non al villaggio, dove trionfa invece la virtù. La tradizione di opposizione a questo autore si protrae fino alla fine del ‘700, i suoi libri sono considerati in modo negativo, anche per le sue idee politiche, sulle case di tolleranza, etc…

Bernard de Mandeville parla dei bordelli facendone provocazione ma anche esempio d’economia.”

“Mentre per Rousseau la virtù di patria e personale sono alla base di una concezione politica ben definita, al contrario l’idea atomistica di Mandeville si colloca nel grande fermento di pensiero liberale nella scuola del Deismo, che trionfa dopo la morte di Locke, in direzione possibilmente epicurea e ateista”. Ha detto. Lontana da ogni ortodossia religiosa. “Non è stato tradotto in Italia nel ‘700, ma poteva essere letto in inglese o in francese” ha detto. Scrive poco tempo dopo il Trattato di John Locke, fondamento liberale.

L’orgoglio e la vanità hanno costruito più ospedali di tutte le virtù insieme. Bernard de Mandeville

VIZI PRIVATI E BENEFICI PUBBLICI

“Mandeville è stato un pensatore che ha avuto una enorme influenza, seppure non riconosciuta, con un motto che spesso è più conosciuto dell’autore stesso. Il titolo del suo libro è spesso citato, come pubbliche virtù, in seguito alla copertina BUR, ma si tratta dello stesso libro.” Raimondo Cubeddu sottolinea che grazie ad Hayek, Mandeville è stato utilizzato in molti ambiti di studio.

La favola delle api è un poemetto satirico dell’olandese Bernard de Mandeville. Composto nel 1705, inizialmente in circa 433 versi, fu successivamente ampliato a più riprese, nel 1714, nel 1723, nel 1724, e nel 1728, fino a divenire un’opera in due tomi.

Pubblicata anonima nel 1705 con il titolo The Grumbling Hive, or Knaves Turn’d Honest (L’alveare scontento, ovvero i Furfanti resi onesti), nel 1714 l’operetta fu ristampata, con l’aggiunta del sottotitolo Vizi privati e pubbliche virtù (poi divenuto una frase proverbiale) e infine nel 1723 con il titolo Fable of the Bees: or, Private Vices, Publick Benefits (La favola delle api: ovvero vizi privati, pubbliche virtù).

“Con la sua ironia l’autore sottolinea che il sistema morale cambia, la genesi della favola delle api è molto lunga, inizia nel 1705 e finisce vent’anni dopo, con una serie di aggiunte, arrivando a una sintesi ideologica così come espressa nel suo poemetto, cercando di evitare la censura, di cui aveva una sorta di timore” ha detto “ tutto questo fa scandalo perché egli ha coraggio di dire che i sistemi morali e sociali si infrangono rispetto alle novità che emergono in quel periodo in Inghilterra.”

“Mandeville fa scandalo perché ci sono dei sistemi morali e sociali che si infrangono da un sistema che sta cambiando: nella società commerciale, la moralità, pre industriale, mette in discussione tutti gli assunti della moralità precedente. Questo si ricongiunge al tema dell’epicureismo di Mandeville.” Ha detto.

“Egli è l’espressione di una cultura che pervade ed esplode in Francia ed Inghilterra e si diffonde ovunque: con la ripresa della Critica della Religione di Spinoza. Mandeville cerca in Spinoza una risposta ad una società atea. Ci sono molte luci e molte ombre in questo tipo di società, possibile in relazione a una concreta dinamica di una società commerciale, che andava prefigurandosi.” Ha detto.

Giove è il Dio epicureo che sta in alto, e sente le api che si lamentano, per questo l’alveare viene detronizzato e si rifugia nel tronco di una foresta abbandonata. Per questo chi sogna i tempi antichi deve essere pronto anche alle ghiande: si avvera il miracolo PLATONICO che tutti diventiamo saggi e virtuosi e quindi abbiamo la decadenza. La morale cristiana non basta perché la VIRTUS non rende gli uomini migliori, ma qualsiasi azione, a prescindere dei criteri, ha delle conseguenze che non sappiamo prevedere.” Ha detto Raimondo Cubeddu.

OGNI INDIVIDUO CERCA DI MIGLIORARE LA PROPRIA CONDIZIONE

“Questo è umano, ma nel far questo l’uomo si organizza, fa delle leggi, le perfeziona, si accorda con altre persone e il peso di tutte queste cose che sarebbero dovute servire per ridurre le conseguenze indesiderate delle nostre azioni, diventa così pensante che forse potrebbe essere meglio non averne.” E questo è secondo Cubeddu una misura non priva di conseguenze indesiderate.

“Le idee di Mandeville sono rimaste emarginate e sconosciute fino a che Hayek non ha cercato di dare loro una sistematicità. Il liberalismo tradizionale era scarico e quindi fa una grandiosa operazione culturale cercando di ricostruire una genealogia nobiliare, diciamo, alla Tradizione della Scuola Austriaca e nel far questo istituisce un PONTE da Mandeville a Carl Menger, passando per David Hume.” Adam Smith resta allora escluso di fatto da questo arco di filosofia politica. Ha detto.

MANDEVILLE E LA FAVOLA DELLE API, LE OSSERVAZIONI SULLA SOCIETA’ MORALE E POLITICA

“I linguaggi politici del primo ‘700 inglese sono gli interlocutori dell’opera di Mandeville, che per molti versi oltre che provocatorio, era molto reattivo, per cui aveva sempre in mente un avversario quando operava la sue scelte letterarie. Il suo stile è parodistico e sovversivo.” E’ quanto pensa Daniele Francesconi.

“La richiesta a Giove di disporre il ritorno della virtù è fatta per la ricostituzione delle VIRTU’ NATURALI, nella RIDUZIONE ai PRINCIPI, come fece Macchiavelli e come era un trend in epoca Repubblicana, visto che si immaginava che questo avesse un saldo positivo” ha detto.

“Non si può avere la riduzione di una società politica, senza rinunciare ai vizi e alla ricchezza. In Inghilterra sono molto attive le Società interne alla Chiesa inglese che – con una serie di interventi – si prefiggono l’idea di tornare al cuore della virtù collettiva. L’Alveare scontento fa parte di questo progetto.” Ha detto.

“In termini di teoria morale e di antropologia politica vi è un accumulo di osservazioni saggistiche e non sistematiche che contengono una serie di contenuti che saranno rimaneggiati diverse volte, per arrivare alla versione finale, che contiene anche due saggi in cui attacca le istituzioni di carità, dimostra che non c’è ricchezza dove c’è carità. Il secondo saggio riguarda invece la società in sé, nella visione naturalistica Mandeville pensa che lo stato di natura e il linguaggio, il proprio interesse privato, siano individuali nel solco epicureo, lucreziano.” Ha detto.

“L’autore ha una fama demoniaca. Nel 1728 dando alle stampe la seconda e ultima parte dell’opera aggiunge dei dialoghi di trattatistica filosofica morale. Dialoghi tra Cleomene ed Orazio (virtù stoiche).”

La sua intera teoria politica è pensata come una risposta polemica al pensiero politico del Terzo Conte di Shaftesbury, Anthony Ashley Cooper, nato a Londra nel 1671 e morto poco più che quarantenne, nel 1713, a Napoli, dove si era stabilito per cercare un clima più adatto alla sua fragilissima salute.

L’ONESTA’ E LE GHIANDE

Il suddetto era un alfiere, una cesura tra i valori del passato e del presente, aveva una visione della società inglese e moderna fondata sull’idea che la civilizzazione e il progresso fossero un continuum. Mandeville rovescia e smonta questo pensiero, mostrando che non si possono avere virtù e civiltà con la ricchezza, che l’interesse privato e quello pubblico non possono coesistere, non si possono immaginare sullo stesso piano le virtù private e quelle civili perché questo sarebbe ipocrita.

I dialoghi di Shaftesbury sono dialoghi tra persone aristocratiche che dialogano con pacatezza, mentre i dialoghi del IV Stato nel senso inglese del termine, ovvero la borghesia e il ceto commerciale, viene sviluppata da The Spectator, di Joseph Addison & Richard Steele.

Con i suoi argomenti di estetica, letteratura, lifestyle che insieme alle notizie, erano il nutrimento necessario del buon borghese del ‘700 , “The Spectator” riscosse un successo talmente ampio che si stimò fosse letto da ben il 10% dei Londinesi.

“Il progresso del commercio portava dei vantaggi ben superiori rispetto a quelli di una buona educazione di valori e di classe” ha detto, per cui Mandeville nel primo ‘700 rovescia il pensiero e stabilisce che il nuovo punto forte della società saranno la modernità, la città, l’uomo del commercio e delle relazioni interpersonali, non certo il circolo chiuso di aristocratici o lord.

“Amore di sé e amore per sé sono profondamente differenti. Il primo è intimistico e il secondo narcisistico e richiede un certo impegno tipico e insopprimibile insito nella natura umana, di essere apprezzati”

UN AUTORE NON RICONOSCIUTO

Il suo impatto troppo forte e i suoi contenuti molto radicali sono stati limitati e penalizzati: nonostante sia stato letto da tutti, nonostante sia stato preso anche come fonte, non è stato però riconosciuto, probabilmente a causa della sua sostanziale dinamica immorale entro cui dipanava il pensiero, rispetto ai valori fondanti della società occidentale, almeno. Tuttavia siamo ancora qui a parlarne.

Il vizio è tanto necessario in uno stato fiorente quanto la fame è necessaria per obbligarci a mangiare. È impossibile che la virtú da sola renda mai una nazione celebre e gloriosa.“

“Nonostante siano passati oltre 300 anni dall’epoca della stesura dell’opera, essa è ancora attuale, da leggere certamente” ha detto Lorenzo Maggi.

A cura di Martina Cecco

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