La giudice britannica Vanessa Baraister ha respinto la richiesta di Washington di estradare il giornalista, attivista e fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, negli USA.
Assange è accusato, negli USA, di “spionaggio e pirateria informatica”, per aver contribuito a diffondere file riservati relativi, fra gli altri, ai crimini di guerra compiuti dagli Stati Uniti, in Afghanistan e Iraq.
Accuse che sarebbero costate, ad Assange, una condanna a ben 175 anni di reclusione.
La giudice Baraister ha negato l’estradizione a seguito delle condizioni psicologiche dell’imputato, il quale sarebbe a “rischio suicidio”, secondo la giustizia britannica e quindi incompatibile con il rigido regime carcerario statunitense.
Già un anno fa il Relatore speciale sulla tortura alle Nazioni Unite, Nils Melzer, aveva espresso preoccupazione relativamente alla salute di Assange, esposto a “tortura psicologica continua o altro, trattamenti inumani o crudeli e degradanti”, ravvisando ciò dopo averlo visitato nel carcere britannico nel quale era detenuto.
Gli USA hanno – ad ogni modo – annunciato di voler ricorrere in appello.
Soddisfazione per la sentenza da parte del giornalista investigativo Glenn Greenwald, il quale fu in prima fila nella diffusione dei documenti segreti rivelati da WikiLeaks, pur non soddisfatto del fatto che la giudice “abbia sposato la maggior parte delle teorie d’accusa dei procuratori USA”.
Della stessa opinione la ONG statunitense Freedom of the Press Foundation, la quale ha dichiatato che “L’accusa contro Julian Assange è una delle minacce più pericolose alla libertà di stampa da decenni” aggiungendo che “Il verdetto rappresenta un enorme sollievo. Anche se la giudice non ha preso la sua decisione a tutela della libertà d’informazione, ma decretando essenzialmente il sistema carcerario USA troppo repressivo, si tratta comunque di un risultato che protegge i giornalisti”.
Sull’argomento era intervenuto anche l’ex bassista dei Pink Floyd Roger Waters, da sempre in prima linea a difesa delle libertà civili e i diritti sociali e da sempre promotore della liberazione di Assange. Roger Waters aveva dichiarato, poche ore prima della sentenza, che “Se lo estraderanno negli USA, per lui sarà finita. Il caso Assange è cruciale per la libertà di espressione, per il giornalismo e i diritti umani in generale. Assange, perseguitato negli anni, ha pubblicato quei documenti per farci capire quanti scomodi segreti ci nascondono i nostri governanti: altrimenti non avremmo mai saputo dei crimini americani in Iraq o Afghanistan” e ha proseguito affermando che “Ora gliela vogliono far pagare per le sue rivelazioni. Julian non ha rubato niente, non ha commesso alcun crimine. Mi pare di vivere quanto profetizzato da George Orwell: i “ministeri della verità”, dove si decide la narrativa del potere”.
Julian Assange, giornalista e programmatore australiano che si è sempre definito un libertario chypherpunk, fondò il sito web WikiLeaks nel 2006, allo scopo di pubblicare e far conoscere al mondo documenti segreti, mettendo a nudo gran parte delle nefandezze del mondo politico internazionale.
Per la sua attività investigativa fu accusato di spionaggio.
Nel 2012, il governo socialista ecuadoriano presieduto da Rafael Correa gli concesse asilo politico presso l’Ambasciata dell’Ecuador a Londra.
Lo status di rifugiato politico gli fu revocato nell’aprile 2019, allorquando il nuovo Presidente dell’Ecuador, Lenin Moreno (il quale, pur eletto nelle file socialiste, attuerà ben presto politiche liberali e filo statunitensi, rinnegando il suo stesso programma elettorale), decise di consegnarlo alla giustizia britannica.
Felicitazioni per la decisone del tribunale britannico di non estradare Assange negli USA, sono giunte anche dall’ex Presidente ecuadoriano Rafael Correa e – in particolare – dal Presidente socialista del Messico Andres Manuel Lopez Obrador, il quale vuole fare richiesta al governo britannico affinché Julian Assange venga rilasciato.
Obrador si è infatti detto disponibile a fornirgli asilo politico in Messico e sta già avviando le procedure in questo senso, attraverso il Segretario degli Affari Esteri.
Luca Bagatin