Il Presidente russo Vladimir Putin, già dalla fine di gennaio, ha proposto una riforma della Costituzione e, ad oggi, ha presentato numerosi emendamenti che, fra gli altri, mirano a preservare il suo potere, anche dopo la fine del suo mandato presidenziale, ovvero dopo il 2024.
Tale progetto di riforma, sarà oggetto di referendum popolare il 22 aprile prossimo.
La gran parte degli emendamenti presentati, ad oggi, hanno ricevuto la forte opposizione di piazza in particolare dei nazionalbolscevichi di Altra Russia, il partito guidato dallo scrittore Eduard Limonov e del Fronte della Sinistra e, alla Duma, del Partito Comunista della Federazione Russa (KPRF) guidato da Gennady Zjuganov.
Tali forze di ispirazione socialista chiedono, infatti, che ogni singolo emendamento sia oggetto di voto popolare e trovano del tutto ingiusto e arbitrario il fatto che i cittadini debbano approvare o rigettare la nuova riforma costituzionale in toto.
I nazionalbolscevichi di Altra Russia e altre forze social-patriottiche, in merito, hanno manifestato a Mosca lo scorso 15 febbraio e in un comunicato hanno peraltro aggiunto che sono comunque consapevoli che nessun emendamento della Costituzione cambierà la situazione socioeconomica del Paese, fatta di ampie disparità fra ricchi e poveri.
I comunisti di Zjuganov, unico partito di ispirazione socialista ad avere comunque rappresentanza alla Duma, ovvero il Parlamento russo (essendo di fatto impedito dalle autorità governative a Altra Russia e al Fronte della Sinistra di presentare liste elettorali), da parte loro, hanno presentato 27 emendamenti e 15 progetti chiave di riforma. Progetti ad ogni modo respinti dall’autorità governativa.
Tali progetti si sostanziano nei seguenti punti: abolizione della riforma delle pensioni (ovvero per un ritorno all’età pensionabile a 60 anni per gli uomini e a 55 anni per le donne); elezione del membri del Consiglio della Federazione e dei giudici; introduzione della pianificazione dello sviluppo economico; dichiarazione dell’appartenenza delle risorse del sottosuolo al popolo russo; indicizzazione delle pensioni e degli assegni sociali; salario minimo e pensioni non inferiori al minimo sindacale; pagamento dei servizi di alloggio non superiori al 10% del reddito famigliare; il diritto della Duma di decidere relativamente alla fiducia o sfiducia al governo, ai suoi ministri e ai referenti delle autorità federali.
Il Partito Comunista della Federazione Russa, in sostanza, ritiene che l’attuale progetto di riforma costituzionale voluta dal governo non voglia affatto cambiare le condizioni socioeconomiche di lavoratori, contadini e intellettuali, bensì rafforzare gli interessi degli oligarchi e delle classi più abbienti. Rafforzando, dunque, non solo il ruolo del Presidente Putin, ma anche l’idea di coloro i quali, dal 1993 ad oggi hanno voluto distruggere l’Unione Sovietica, le sue conquiste sociali e la Costituzione introdotta da Stalin (che proprio oggi i comunisti hanno celebrato a Mosca, ricordando i 67 anni dalla morte).
Il KPRF chiede dunque un ritorno alla Costituzione socialista sovietica; denucia il processo di riforma costituzionale, invitando i suoi deputati a votare contro gli emendamenti dell’autorità governativa. Il Partito richiede, piuttosto, l’introduzione di leggi che riflettano gli interessi della maggioranza dei lavoratori russi e propone un referendum sulle sue 15 proposte chiave, promuovendo, infine, una campagna per boicottare il referendum popolare del 22 aprile prossimo, invitando i cittadini all’astensione.
Luca Bagatin