Omicidio a Napoli: il Carabiniere va indagato?

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A Napoli sono le due di notte del 1 marzo quando Ugo, 15 anni,  e un suo amico di 17, sono in strada con una pistola giocattolo.
Puntano l’arma contro un carabiniere in auto e tentano di portare via il suo Rolex
Ma il militare reagisce.
Quattro colpi di pistola esplodono nella notte.
Ugo cade.
Due dei colpi lo hanno raggiunto al petto e alla testa.
Il militare è indagato per omicidio volontario mentre l’amico 17enne di Ugo è in stato di fermo.
Ci sarà un processo che stabilirà l’esatta dinamica dell’accaduto.
Ma la cattiveria esplosa tra i numerosi post, sono immediati.
Tutti contro il ragazzo ucciso.
Una cattiveria senza possibilità di difesa.
Perché Ugo è già morto.
Frasi squallide.
“Era un delinquente, uno scarto della società, meritava di morire”.
Parole crudeli, specchio dell’indifferenza.
Di un paese che non sa come vive Napoli, città fragile e insicura.
Un paese in cui, il lavoro latita e la criminalità è abitudine consolidata.
La famiglia del ragazzo è certamente responsabile di questa morte assurda.
Ma c’è anche la responsabilità di uno stato assente, istituzioni latenti, crisi di valori senza precedenti.
E tutti, sempre pronti a giudicare, a puntare il dito.
A quella età, ogni ragazzo, dovrebbe coltivare sogni, immaginare un futuro felice.
E invece Ugo muore alle due di notte in mezzo a una strada.
Una notte che segna una sconfitta per tutti noi, giustizialisti senza pietà.
Un ragazzo di 15 anni può anche essere recuperato, ma a chi può interessare?
Meglio giudicare quando ormai è troppo tardi.
Sarà la giustizia a decidere.
Nessun altro.
Ma sono dell’idea, che la vita, in una società civile, vada sempre preservata.
Luisa Betty

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