A dispetto dei timori della vigilia, originati dall’infelice dichiarazione di Macron su una Nato in stato di “morte cerebrale”, il bilancio finale del Leaders Meeting di Londra va valutato positivamente.
I capi di stato e di governo riuniti nella capitale britannica per celebrare il 70° anniversario dell’Alleanza Atlantica hanno riaffermato l’importanza del legame transatlantico. Inoltre, per la prima volta la Cina entra in una dichiarazione finale Nato. La crescita dell’influenza cinese presenta per l’Alleanza “opportunità e sfide”, economiche e di sicurezza, che non possono più essere ignorate. È la Federazione Russa, tuttavia, a rimanere al centro delle preoccupazioni dell’Alleanza, a causa delle sue “azioni aggressive che costituiscono una minaccia alla sicurezza euro-atlantica”.
Di particolare rilievo è la definizione dello spazio come quinto dominio operativo Nato – in aggiunta a terra, acqua, aria e cyberspazio. Tale decisione, insieme alla crescente attenzione alla cybersecurity, alle minacce ibride, alla protezione delle infrastrutture critiche e delle comunicazioni, mostra l’impegno dell’Alleanza a rispondere in modo efficace alle minacce e alle sfide del presente e soprattutto del futuro. Inoltre, i capi di stato e di governo dell’Alleanza hanno deciso di promuovere una riflessione strategica volta a rafforzare la dimensione politica della Nato attraverso la costituzione di un panel di esperti.
Paradossalmente, dunque, la dura critica di Macron ha contribuito a ricompattare gli alleati Nato, spingendo anche leader come Erdogan ad esprimersi a supporto dell’Alleanza. Tuttavia, l’approccio neogollista del presidente francese non va sottovalutato. In prossimità del Meeting di Londra, Macron ha tenuto a sostenere la sua visione con la volontà di difendere gli interessi francesi ed europei. Se voler tutelare gli interessi del proprio Paese è più che legittimo, il proposito di rappresentare quelli dell’Europa nel suo complesso appare quantomeno pretenzioso. Ergersi a protettore degli interessi europei, in contrapposizione a quelli statunitensi, nasconde una malcelata volontà di grandeur e una visione dell’Europa come strumento per promuovere gli interessi francesi. Considerando che dopo Brexit la Francia resterà l’unico stato nell’Unione europea dotato di un arsenale nucleare e di un seggio nel Consiglio di Sicurezza Onu che non intende condividere, le ambizioni di Parigi appaiono chiare.
Le più dure critiche agli affondi di Macron sono arrivate da Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti ha potuto presentarsi nella nuova veste di grande “fan” della Nato proprio in opposizione al presidente francese, da lui pesantemente redarguito prima dell’inizio del Meeting. Con ciò ha allontanato definitivamente da sé le critiche piovute all’inizio del suo mandato per talune dichiarazioni polemiche verso l’Alleanza Atlantica.
In realtà, il mutamento dell’atteggiamento del presidente Trump è dovuto principalmente all’efficacia e alla rapidità con cui i Paesi Nato hanno saputo ottemperare alla pressante richiesta statunitense di un maggiore contributo per la difesa collettiva. L’incremento di 130 miliardi in 5 anni delle spese nella difesa dei Paesi Nato, esclusi gli Stati Uniti, costituisce un importante risultato per Trump, che può presentarsi davanti all’opinione pubblica americana come il presidente capace di rimediare a situazioni ritenute inique nel rapporto con gli alleati.
A tale riguardo, è interessante quanto emerso nell’evento NATO Engages che ha preceduto il Meeting ufficiale e dove sono intervenuti il segretario generale, capi di stato e di governo, militari, docenti universitari, analisti, imprenditori e attivisti. Sia il primo ministro canadese Trudeau sia quello dei Paesi Bassi Rutte hanno evidenziato come le sollecitazioni di Trump per un maggiore impegno di spesa nella difesa da parte di molti Paesi europei e del Canada fossero giuste e condivisibili. Posizione espressa da tempo dallo stesso segretario generale Stoltenberg, che più volte ha ringraziato per il suo impegno in merito il presidente Usa.
La Dichiarazione di Londra ha anche ribadito l’approccio a 360° dell’Alleanza sulle sfide di sicurezza. Occorrerà pertanto calibrare la Nato in modo da focalizzare la sua attenzione su tutti i versanti da cui originano le minacce. Tuttavia, ad esempio, va notato come durante l’evento NATO Engages non abbiano trovato praticamente menzione le sfide e le minacce provenienti dal fianco Sud. Dovranno quindi essere i Paesi più direttamente colpiti dall’instabilità dell’area MENA a tenere alta l’attenzione su questo quadrante.
In tale contesto, l’Italia può e deve avere un ruolo di primo piano. Inoltre, l’Italia può più agevolmente trovare spazi di manovra all’interno dell’Alleanza piuttosto che nell’Unione europea. L’atteggiamento critico di Macron nei confronti della Nato offre all’Italia l’opportunità di presentarsi come alleato affidabile e attento, posizione che sarebbe apprezzata innanzitutto a Washington, sponda sempre più importante per Roma. Occasione persa: su questo fronte l’Italia deve fare di più, prendendo una posizione più decisa in merito alla sua collocazione atlantica.
Concludendo, dall’incontro dei capi di stato e di governo di Londra emerge un’Alleanza che, nonostante le differenze e 70 anni di età, appare solidamente ancorata ai suoi valori fondanti per la cui salvaguardia sta perseguendo un costante processo di adattamento volto ad affrontare efficacemente le sfide di domani.
Di Simone Zuccarelli in Atlantico Quotidiano QUI