Quello del giovane filosofo e attivista politico post-jugoslavo Srecko Horvat – autore di diversi scritti su testate quali “The Guardian”, “Der Spiegel” e “The New York Times” – è un pensiero critico. Non già un pensiero socialista originario e autentico, ma comunque un pensiero critico, che annovera tra le fila dei suoi sostenitori personalità come Noam Chomsky e Ken Loach.
Horvat racconta il suo pensiero in un agile volumetto edito da NovaEuropa, che raccoglie tre interviste realizzate da Alfie Brown, dal titolo “Sovversione !”.
Di “sovversivo”, per così dire, c’è l’analisi del filosofo relativamente alla politica, all’amore e alla tecnologia. Aspetti apparentemente distanti fra loro, ma in realtà profondamente connessi.
In ambito politico, Horvat, denuncia il fenomeno globalista e capitalista, facendo notare come le varie guerre di Libia e Siria siano state funzionali ad interessi euro-atlantici. In Libia le compagnie petrolifere occidentali erano indebitate con Gheddafi e, nonostante questi avesse proposto loro di rinegoziare il debito, ciò non era comunque funzionale ai loro interessi. E così la Siria, che era l’unico Paese del Medioriente a non essere indebitato e ove erano state rinvenute nuove risorse naturali.
Horvat racconta di come, invece, alla Gracia non sia stato consentito di rinegoziare il debito con l’estero e, dopo l’avvento al potere di Tsipras, siano state adottate politiche di lacrime e sangue, che ancora oggi stanno soffocando il suo popolo.
Secondo l’opinione di Horvat, purtuttavia, la Grecia avrebbe potuto salvarsi se al potere, oltre che Tsipras, vi fossero stati il laburista Corbyn in Gran Bretagna e Podemos in Spagna. In quanto, a suo dire, la Grecia avrebbe goduto di maggiore supporto in Europa.
Tsipras, diversamente, ha ricercato il supporto di Hollande e Renzi e questi non lo hanno per nulla supportato.
Secondo Horvat il modello vincente è quello internazionalista e del cosiddetto Movimento dei Paesi non allineati, sviluppatosi anche grazie al contributo del leader jugoslavo Tito e di quello indiano Nehru, oltre che del presidente egiziano Nasser, del leader cinese Zhou Enlai e di quello indonesiano Sukarno.
Horvat ritiene dunque che se oggi esistesse una sorta di Movimento dei Paesi non allineati, unito e cooperante, ci si sarebbe potuti opporre ad operazioni come la guerra in Libia, in Siria o alla triste vicenda greca.
Il pensiero di Horvat, più che mere forme di protesta, comprende forme di democrazia diretta, ovvero di orizzontalità, ma anche di verticalità, ovvero forme di organizzazione verticale della democrazia diretta, attraverso gruppi di lavoro che coniughino le opinioni di tutti con quel tanto di organizzazione che serve. In proposito egli cita il movimento Occupy Wall Street del 2011, al quale egli stesso prese parte e fu uno degli animatori.
Horvat, in questo senso, si richiama al modello proposto dall’ex Presidente del Brasile Lula, il quale, quando fu eletto, propose forme di partecipazione popolare a livello regionale e nazionale, quali ad esempio l’introduzione del cosiddetto bilancio partecipativo (idea sorta alla fine degli Anni ’90), laddove la comunità ebbe la possibilità di decidere sul 30% del bilancio pubblico.
Particolarmente interessante è l’analisi di Horvat sull’”amore”. Ovvero su come il capitalismo globalizzato abbia messo in vendita persino tale nobile e antico sentimento. E lo abbia fatto attraverso siti di incontri o “social” quali Tinder o simili. Laddove un software è in grado di prendere pressoché scelte al nostro posto, in quanto, attraverso i nostri personali profili online, sembra conoscerci meglio persino dei nostri genitori o dei nostri amici ! E ciò proprio perché l’essere umano è così narcisista da farsi attirare dai “social” e quindi cedere ad essi ogni sua informazione o fotografia.
Il discorso di Horvat è molto interessante, sia per i suoi risvolti sociologici, politici e, inevitabilmente, economici e a vantaggio dei pochi che hanno a disposizione i mezzi per carpire i nostri dati e invitarci nei loro “harem” virtuali, nei loro “speed date” virtuali. “Luoghi” asettici e privi di ogni romanticismo dettato invece dal contatto e dalla conoscenza umana reale, priva di quel narcisismo che non ci fa in realtà ricercare una persona diversa da noi, ma una persona che – purtroppo – soddisfi unicamente le nostre aspettative e il nostro bisogno di essere amati. Il nostro bisogno di narcisismo, appunto.
Aspetti peraltro, come scrive lo stesso Horvat, rilevati decenni prima dal sociologo statunitense Christopher Lasch nei suoi saggi “La cultura del narcisismo” e ne “L’io minimo”.
Per quanto concerne la tecnologia, Horvat ammette la portata rivoluzionaria del web, ma anche il fatto che esso è concentrato nelle mani di poche grandi imprese multinazionali, quali ad esempio Google e Facebook – divenute dei colossi principalmente grazie all’acquisizione di imprese più piccole o di startup innovative – le quali sono in possesso dei dati di milioni di utenti e sono slegate da qualsiasi tipo di controllo pubblico.
Egli esalta piuttosto il progetto WikiLeaks di Julian Assange, il quale è stato in grado di sovvertire le regole del business e del Potere (di quello che egli definisce “capitalismo di sorveglianza”), mettendo a disposizione del pubblico informazioni riservate, spesso fra governi e/o fra governi e imprese private.
“Sovversione !” è un saggio/raccolta di interviste davvero interessante. E’ un condensato, per così dire, di pensiero critico, come scrivevo all’inizio del pezzo. Un saggio che getta luce sul presente e lo fa con franchezza e spirito pragmatico.
Luca Bagatin