A Roma l’anteprima del Festival dell’Economia di Trento

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“Cadendo subito dopo le elezioni europee il Festival, un fenomeno di comunità tutto italiano, è una straordinaria occasione di dibattito politico, in una città efficientissima dove tutto è walking distance, con il pubblico che segue gli incontri nelle sale e attraverso il grande schermo in piazza”. Così l’editore Giuseppe Laterza che a Roma, presso la sede dell’Associazione Stampa Estera, ha introdotto la conferenza d’anteprima del Festival dell’Economia di Trento, in programma dal 30 maggio al 2 giugno. “Il tema è di grande rilevanza – ha detto Tito Boeri, direttore scientifico del Festival – e molto studiato in questi ultimi anni. Soprattutto per chi studia le reazioni tra economia e decisione politica. Chi ha subito gli effetti negativi della globalizzazione – ha detto – si è orientato su una nuova offerta politica che si caratterizza per la critica radicale alle classi dirigenti tradizionali. Il Festival rifletterà su cause economiche, politiche e culturali di questo cambiamento e sugli effetti a livello europeo. Ne parleranno, tra gli altri, Pippa Norris, Daron Acemoglu, Joel Mokyr, Olivier Blanchard con il ministro dell’economia Giovanni Tria”.

Poi la conferenza, con l’economista Guido Tabellini, che ha presentato uno studio sulle opinioni dei cittadini europei, realizzato con Alberto Alesina ed Enrico Spolaore, dal quale emergerebbe che una maggiore integrazione politica non sarebbe fattibile, anche se tutti sono d’accordo che sulle questioni importanti si è più uniti. Lo studio evidenzia, inoltre, che c’è meno eterogeneità tra i cittadini europei che tra i cittadini dello stesso Paese.

“Fissato il centro culturale, che è la Germania – ha spiegato Tabellini – scopriamo che le periferie culturale non coincidono con quella economiche. Quindi c’è meno distanza dal centro da parte della Grecia di quanto non ce ne sia da parte di alcune zone della Francia. Le distanze culturali sono aumentate all’interno dei paesi. Quindi a prescindere dall’integrazione europea. Gli ostacoli all’integrazione – ha aggiunto – sono il senso di identità nazionale che mi fa sottostimare le differenze interne e le divergenze economiche. Dove c’è più disoccupazione c’è più diffidenza verso l’integrazione. Una strada da coltivare, per favorire l’integrazione – ha concluso – è quella di una cultura comune, attraverso una comune istruzione europea. Il modo in cui ci integriamo dovrebbe essere meno intergovernativo e più comunitario”.

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