di Elisa Palmieri
La manifestazione per la libertà d’informazione del 3 ottobre scorso, indetta dalla FNSI, per reagire contro i tentativi di introdurre leggi bavaglio e di impedire ogni forma di dissenso e di critica nei confronti di chi detiene il potere politico in Italia, ha portato sul tavolo di discussione dell’Europarlamento una richiesta di una direttiva europea sul pluralismo dei media in Europa. Tutti i gruppi politici hanno espresso la propria intenzione di risolvere il conflitto d’interesse fra il potere politico e quello mediatico esistente in Italia e scongiurarne di futuri sul territorio internazionale.
Un tempo la società e lo stato erano diretti e controllati da elites esclusive ed autoritarie che trasmettevano e si scambiavano il potere senza render conto del proprio operato a nessuno, al di fuori del loro ristretto ambito. All’apparenza non è cambiato molto.
Il direttore del Tg1, Augusto Minzolini, in un editoriale trasmesso nell’edizione delle 20, afferma che “l’informazione è piuttosto diventata il teatro di uno scontro tra poteri, e non si può pensare che i giornali abbiano sempre ragione. Nè che i giornalisti che hanno opinioni diverse siano nemici o servi”.
Oggi le persone vogliono sapere, capire, intervenire, contare. Gli old media e i new media, fruibili on line, si possono classificare in base al loro avvicinarsi alla dimensione di prodotto. Le notizie vengono commentate e arricchite. I semiologi dicono che non sono più mezzi d’informazione, ma di formazione dell’opinione pubblica. L’informazione diventa così una merce da vendere e il marketing la fa da padrone. Nascono inserti, magazine e supplementi, introducono gadget tutto sotto un unico scopo: quello di rendere appetibile agli inserzionisti il proprio prodotto.
Il capogruppo del PD Davide Sassoli, in vista del voto sulla risoluzione previsto per il 21 ottobre a Strasburgo, ha avanzato la richiesta di una “separazione tra chi raccoglie pubblicità e chi fa televisione”. Niente di più corretto, visto che le redazioni sono diventate, nel tempo, una succursale del potere politico ed economico. Al loro interno i giornalisti sono pedine utili per i loro servigi, non più libere di informare i lettori, ma al contrario promuovono, loro malgrado, la distorsione della rappresentazione dei fatti. Tutto in virtù del lato economico che fa “reggere la baracca”. L’istinto gregario ha rivoltato, come una buona massaia dispiega la biancheria, un’italiaetta di provincia che crede nei soldi facili e nel riscatto personale. Irving Lee disse che viviamo nell’epoca della “menzogna organizzata”.
L’importante, è far capire a chi è affetto da dissonanza cognitiva [predisposizione ad ignorare le informazioni che non corrispondono alla propria visione del mondo] che non è con le parole urlate da un pulpito che si cambia la direzione in cui si sta andando.
Per approfondimenti
Il padrone in redazione, Giorgio Bocca, ed. Sperling & Kupfer, 1989
La logica dello sponsor, Paolo Girone e Beppe Zigoni, ed. Lupetti&Co., 1989