Epidemia di Aids: l’Italia al terzultimo posto nella classifica Europea

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di Claudia Moschi

Siamo abituati ad essere gli ultimi della classe, ma in questo caso il dato è davvero preoccupante. Secondo la classifica europea redatta dall’organizzazione Health Consumer Powerhouse in merito alla prevenzione e gestione dell’Aids, presentata a Bruxelles questa settimana, l’Italia si colloca al terzultimo posto, dopo di noi solo Grecia e Romania. La classifica, che comprende i 27 Paesi dell’Unione Europea più Svizzera e Norvegia, è stata compilata in base al nuovo “Euro Hiv Index” prendendo in considerazione 28 indicatori relativi a quattro aree fondamentali: impegno del Governo e diritti del malato, accesso alle cure, prevenzione e risultati. La nostra pagella, dunque, non è lusinghiera: dei mille punti raggiungibili l’Italia si è attestata sui 614, mentre il Lussenburgo si è guadagnato la medaglia d’oro con 857 punti. Le fonti della classifica provengono fondamentalmente da statistiche pubbliche, sondaggi tra i pazienti e ricerche indipendenti: a nostro sfavore ha giocato la scarsa reperibilità di queste informazioni. “L’Italia ha una performance molto irregolare in ogni singola voce della classifica – ha affermato la dottoressa Beatriz Cebolla, direttrice dell’Euro Hiv Index – ed è oltremodo necessario mettere in atto un efficace sistema di monitoraggio e analisi della situazione. Un collaudato sistema di prevenzione che l’Italia potrebbe adottare è l’introduzione dell’educazione sessuale come materia obbligatoria a scuola e, più in generale, una maggiore educazione rivolta al resto della popolazione allevierebbe le frequenti discriminazioni che i pazienti subiscono da medici insufficientemente sensibili alla problematica dell’Hiv”. L’organizzazione sostiene che, mentre il numero di persone che convivono col virus dell’Hiv aumenta in ogni Paese dell’Unione, i fondi stanziati per fronteggiare l’epidemia diminuiscono. La pratica dei rapporti sessuali a rischio sta diventando sempre più frequente, così come la criminalizzazione e la ghettizzazione delle persone colpite dall’Aids: esistono norme che rendono perseguibili penalmente coloro che trasmettono il virus anche qualora il contagio fosse inintenzionale. L’accesso alle cure per gruppi di emarginati come gli immigrati irregolari – spiega la Health Consumer Powerhouse – non è garantita in quasi ogni Paese europeo. Le discriminazioni contro i pazienti affetti da Hiv sono frequenti tanto sul posto di lavoro che a scuola e nessun governo sembra sapere il reale numero di cittadini contagiati. Si può dunque dire che è un problema europeo la fiacca capacità di gestire l’emergenza che, nonostante il breve periodo di contenimento all’inizio del decennio, è tornata a livelli allarmanti. Lo scorso marzo, dopo le dichiarazioni del Papa Benedetto XVI rilasciate in occasione del suo viaggio in Africa in cui sosteneva che l’utilizzo dei profilattici fosse inutile per fronteggiare il dilagante contagio nel continente più colpito dalla piaga dell’Aids, l’Unione Europea era insorta definendo i preservativi come “uno degli elementi essenziali nella lotta contro l’Aids e la Commissione Ue ne sostiene la diffusione e l’uso corretto, considerando che ci siano chiare prove scientifiche che ne confermano il ruolo di prevenzione nella diffusione dell’Aids sostenendone attivamente l’uso”. I programmi di prevenzione finanziati dai fondi comunitari e nazionali riguardano anche la diffusione di preservativi e campagne di educazione per favorirne un uso corretto eppure quandoa giugno il Consiglio Provinciale di Roma ha approvato una mozione per l’installazione di distributori automatici di preservativi nelle scuole superiori e nelle Università della Capitale, oltre ad una debita campagna informativa di prevenzione, è scoppiato un putiferio: il paritio di maggioranza si è opposto sostenendone l’insufficienza mentre dalle file dei cattolici militanti si sono sollevate grida di protesta che invocavano l’astinenza come la migliore, se non l’unica, possibilità di evitare il contagio. Al di là del proprio credo religioso o della propria educazione sociale il miglior sistema per combattere l’Aids resta l’informazione, la conoscenza del problema grazie alla diffusione di notizie e dati ad opera di organizzazioni specificamente preposte. Sapere cosa siano Hiv e Aids, come può avvenire il contagio e, cosa altrettanto importante, come questo non possa avvenire (così da evitare la discriminazione irrazionale delle persone colpite dal virus), quali strumenti aiutano a prevenire l’infezione e come monitorare la propria situazione (Onu, Croce Rossa, Oms e Sistemi sanitari nazionali stanno investendo grandi risorse per la promozione del test dell’Hiv) sono elementi fondamentali e, a giudicare dalla classifica di Health Consumer Powerhouse è necessario che l’Italia si metta al lavoro per rimediare al suo brutto voto.

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