Tragica cronaca di 778 pagine di impietosi orrori sistematicamente elencati e cronologicamente descritti; compendio di drammatici avvenimenti, di tragici lutti, di faziose persecuzioni, di implacabili vendette, di false accuse, di confessioni estorte sotto lunga straziante tortura; di dolorose sevizie fisiche e mentali; di vili ricatti e meschine minacce di ritorsioni contro i propri più prossimi membri di famiglia in cui solo pochissimi resistevano. Il tutto cinicamente organizzato dal Grande Fratello, ovvero dal Capo dei Maiali– per rievocare le definizioni che George Orwell ha riservato al satrapo di Stalin in due delle sue magnifiche quanto celebri opere: quelle del fantascientifico 1984 e della favola LA FATTORIA DEGLI ANIMALI.
Non c’è da meravigliarsi se il grande autore britannico – di sincera fede socialista -, dopo aver combattuto con i repubblicani durante la guerra civile in Spagna, già colpito dall’intollerante fanatismo anarchico che regnava in quel modello politico, recatosi in Unione Sovietica per, finalmente, trovare l’autentica realizzazione del Paradiso del Proletariato, rimane ancora più deluso dal regime totalitario che governava in maniera del tutto surreale. Infatti, se confrontata agli abusi perpetrati dagli esaltati comunisti e dai settari anarchici della Spagna repubblicana, nell’Unione Sovietica troverà una realtà ancora più devastante, quella di uno stato inquisitorio perverso, arbitrario e dispotico più estremo, dunque, infinitamente peggiore.
Tuttavia, se Orwell compone in maniera così eloquente quelle sue penetranti satiriche allegorie, nonostante riflettano la concreta reale assurdità del sistema politico sovietico di Stalin, al contrario, l’americano Robert Conquest, autore del GRANDE TERRORE, ci mette in diretto confronto con la sistematica e drammatica realtà storica dei cinici e crudeli metodi architettati da quello che possiamo, senza alcun dubbio, definire il peggiore di tutti i più spietati tiranni che la storia umana abbia registrato, superando addirittura lo stesso dissennato Führer.
Per rendersi conto di quella incredibile realtà, è utile leggere le – a volte – piuttosto ripetitive descrizioni di come il despota ordiva le sue congiure; infatti, con oscure trame fabbricava segreti intrighi, addirittura nei confronti dei suoi più fedeli commilitoni, facendo arrestare arbitrariamente non solo i suoi avversari, ma perfino i suoi stessi più vicini collaboratori e compagni, nonché i rispettivi parenti e conoscenti nell’intuito di eliminare ogni possibile residuale compromettente testimonianza. Di fatto, sovente, dopo avere indotto i suoi assoggettati quanto autoritari agenti a perseguitare individui a tutti i livelli per età, genere, posizione, e non solo di dissidenti o di chi potesse eventualmente costituire una minima minacce alle sue inarrestabili ambizioni per il potere assoluto. In certi casi, bastava anche il più semplice e puerile sospetto di aver anche casualmente incontrato o scambiato pur solo per corrispondenza con qualche straniero; ciò, era già motivo per essere affidati ai crudeli magistrati che su ordine diretto di Stalin dovevano ottenere confessioni estorte a qualsiasi costo, ricorrendo alle più disumane torture sotto i ferri dei violenti aguzzini, che ricorrevano alle più minatorie impietose intimidazioni per strappare informazioni, magari, inventate o suggerite, mostrando agli accusati sotto ricatto, i loro figli abusivamente trattenuti, sotto minaccia di macabre ritorsioni, pure loro; il tutto, su diretto ordine dallo spietato oppressore.
La lettura, tuttavia, richiede non solo una certa perseverante volontà di arrivare fino in fondo, questo, per il continuo ripersi delle diverse spesso ridondanti monotone descrizioni; dei sistematici interrogatori, degli illeciti processi sempre molto similari, ma principalmente per i forti sentimenti che possono generare certe strazianti ingiustizie; i metodi sadici e cinici applicati, che un tale disprezzo esplicito per la vita umana possano fomentare al sensibile lettore: perfidi seviziatori forzano sotto ogni genere di torture fisiche e psicologiche, nonché di maliziosi ricatti coinvolgendo ignari amici, i propri figli, consorti, parenti in genere, compagni di lavoro, superiori e colleghi degli accusati in moltissimi casi del tutto innocenti ed estranei alle accuse; tenuti sotto il torchio fino all’estremo, forzati fino a cedere e firmare confessioni, accettando condanne, con eventuale falsa promessa di riduzione delle pene. In molti casi, le autoaccuse erano ottenute con la promessa di essere poi scagionati, perdonati o giudicati con la sanzione di condanne solo simboliche ed apparenti, seguite dalla presunta grazia concessa dallo stesso amico Stalin. Invece, a sentenza pronunciata, seguiva immediatamente l’ordine di esecuzione; veri assassini come presunti rei confessi e, facendo sovente sterminare tutti i possibili testimoni e rispettivi parenti più prossimi, mentre i figli più piccoli venivano assegnati a famiglie o ad istituti dove dovevano essere rieducati in modo adeguato per, non solo dimenticare i propri genitori, ma anche per imparare ad odiarli come “traditori” del potere costituito.
Ebbene, qui vale la pena di aprire una parentesi per ricordare un altro delicatissimo fatto descritto dal noto autore argentino, naturalizzato americano, Andrés Oppenheimer – giornalista, editore di diverse testate argentine, americane, spagnole e dell’insospettabile britannica BBC inclusa; vincitore di numerosi riconoscimenti internazionali per i suoi servizi giornalistici investigativi (fra cui il Premio Pulitzer relativo allo scandalo Iran-Gate). Questo autore, dunque, dopo essere riuscito a mantenere contatti con presidenti amici del regime cubano – il sandinista nicaraguense Daniel Ortega ed il folcloristico Manuel Noriega -, trascorre circa sei mesi a Cuba, contattando perfino ufficiali sovietici, investiga meticolosamente il caso spinoso della fucilazione di cinque importanti militari. Egli, in più di cinquecento interviste, e dopo aver messo insieme numerosi tasselli per comporre un complicato mosaico, riesce ad ottenere informazioni confidenziali da diverse fonti, molte delle quali in assoluto segreto: da alti funzionari del regime, testimoni diretti, includendo la stessa Alina, figlia dissidente di Castro; le vedove dei militari giustiziati: Maggiore Armando Padròn Trujillo il quale, dopo aver servito il Ministero degli Interni cubano per 27 anni, era stato designato all’ amministrazione degli affari commerciali di Cuba in Panama; del Capitano Jorge Martínez Valdéz, aiutante di generali che, potendo viaggiare all’estero, godeva di speciali privilegi; del Colonnello Tony de la Guardia, incaricato del Ministero degli Interni per poi occuparsi di affari esteri con la finalità di contornare l’embargo commerciale imposto dagli Stati Uniti; e soprattutto di uno dei più prestigiosi ufficiali del regime, il Generale Arnaldo Ochoa, già eroe della rivoluzione castrista ed amico intimo del grande comandante Fidel Castro e fra i pochissimi che potevano dargli del tu. Tutti erano stati scoperti dai servizi segreti americani – tramite un infiltrato che si spacciava come narcotrafficante -, in un compromettente coinvolgimento di Cuba nel contrabbando di cocaina, trafficato verso la Florida, proveniente dalla Colombia via Panama ecc. Così, nel 1989, Oppenheimer pubblica il saggio LA HORA FINAL DE CASTRO che gli proporzionerà perfino il premio letterario spagnolo Ortega y Gasset; opera di oltre 450 pagine che si leggono come se fosse un vero romanzo di un tragico quanto drammatico ambiguo intrigo politico.
Ecco che in esso l’autore smaschera il dittatore, descrivendo come Castro, dinanzi all’inconfessabile evidenza, non potendo far altro che far giudicare i suoi fidati uomini, per non essere egli stesso implicato direttamente nello scandalo che gli avrebbe potuto costare la poltrona – come avverrà più tardi con Noriega del Panama – simulerà un altrettanto scandalosa messinscena con un pubblico processo “farsa”. Dunque, affrettandosi allo stesso tempo a tranquillizzare i suoi accusati, assicurava loro in segreto che il processo sarebbe solo di facciata, mentre egli avrebbe poi provveduto a chiudere con loro la questione cameratescamente. Ed infatti, a conclusione della teatrale montaggio processuale, che era stato seguito con enorme interesse ed ansia in tutta l’isola, la sentenza verrà portata concretamente a termine ed il 13 Luglio del 1986, quando alle tre di notte, i militari accusati, discretamente prelevati, sono impietosamente fucilati, dissimulando in questo modo le dirette responsabilità del grande comandante. E con ciò, Castro, era riuscito a convincere di essere stato del tutto estraneo a quelle criminose attività, ma conferma palesemente, di aver imparato bene la lezione del maestro Stalin che aveva fatto scuola anche nella DDR di Honecker con i famosi metodi della STASI…
Orbene, che nei loro cosiddetti paradisi del proletariato non esistesse uno stato di diritto non costituisce alcuna novità; tutti sappiamo che appena i comunisti riescono ad impadronirsi del potere, la prima cosa da fare è quella di eliminare ogni genere di libertà individuale; mettere sotto rigido controllo l’informazione e condizionare l’opinione degli individui presto ridotti al livello di semplici sudditi: guai tentare di esternare idee proprie fuori dai canoni o dalle direttive del potete in carica. Non solo in pubblico, ma perfino in famiglia è necessario essere prudenti, perché nelle scuole gli stessi alunni sono educati in maniera che qualsiasi dissidenza deve essere subito denunciata. É così che si realizza una delle prerogative del comunismo, minare quella che nei Paesi liberi costituisce l’anima della società, la cellula della famiglia; così, gli stessi genitori diventano mere pedine di un regime. Allora, il nucleo, nel collettivismo passa ad essere totalmente assoggettato all’autorità indiscussa del sistema; quindi, non solo la proprietà, ma anche la vita privata viene condizionata a subire il controllo da parte del monopolio di Stato al quale tutti devono sottomettersi.
Ciò che invece scandalizza qualsiasi onesto cittadino buon pensante, cresciuto in ambiente democratico, è che molti dei nostri intellettuali – veri o presunti tali -, ma non solo loro, pur avendo visitato l’Unione Sovietica ai tempi di Stalin, dopo aver conosciuto quella triste realtà dal vivo, al loro rientro in Patria, faranno semplicemente finta di niente e come spiegava già il libertario Frédéric Bastiat, adottano il loro tradizionale principio di “insistere su ciò che si vede, ma tacere su ciò che non si vede”. Ed il caso più notorio è quello del grande “genio” francese, Premio Nobel per la letteratura, Sartre, famoso per il suo strabismo – in tutti i sensi, anche figurativo – che si scandalizzerà del suo amico, ugualmente Premio Nobel per la letteratura – certamente a maggior merito – Albert Camus; ed ecco che sacrifica l’amicizia a favore del dogma e dell’ideologia, mettendolo sotto accusa per aver scritto il saggio L’UOMO IN RIVOLTA, in cui con spontanea coerenza critica la rivoluzione, perché essa produce solo militanza e conservazione, mentre l’individuo deve perseverare, rimanendo fedele a sé stesso, anche ribellandosi sempre a tutto ciò che considera ingiusto, falso ed indegno. Pertanto, nella loro ambiguità, quel genere di intellettuali indottrinati, venivano smascherati per la loro mal celata ipocrisia, al punto che proprio a loro, uno dei massimi pensatori del secolo scorso – già militante ed amico dello stesso Sartre – Raymond Aron, fin dal 1955 aveva dedicato un’aperta critica a tanta falsità, con il saggio poi tradotto in italiano con il titolo L’OPPIO DEGLI INTELLETTUALI. E, mentre il marxista Camus verrà semplicemente condannato all’ostracismo dai compagni, Sartre dichiarava apertamente che di certe cose non era bene parlare… Proprio Aron, poi, sostituirà in qualità di consigliere di De Gaulle, il collega André Malraux che, a sua volta, aveva giustamente criticato l’idea sorta al primo Congresso degli Scrittori svoltosi a Mosca nel 1934, dove si sosteneva che stava giustamente agli scrittori – ingegneri delle anime – di condizionare l’opinione delle masse; ed a questo proposito, diverrà famosa la sua frase “se gli scrittori erano gli ingegneri delle anime, non bisognava dimenticare che la più alta funzione degli ingegneri era quella di creare“; dunque, in totale antitesi del principio che bisognava formare le anime secondo il dogma marxista, dispensando gli individui dallo sforzo mentale di raziocinare. Poi, bisognerà attendere il 2000 per poter leggere un saggio dell’ex marxista Fraçois Furet IL PASSATO DI UN’ ILLUSIONE dove, in oltre 600 pagine, egli ci confermerà la disgrazia che è stato l’inutile esperimento collettivista sovietico.
Ma anche fra i nostri politicanti non sono mancati gli onesti (dinanzi a tanta ambiguità, Ignazio Silone, seguendo l’esempio di Camus, Orwell, Aron e tanti altri, rinuncerà all’ideale socialista e lascerà il partito, assumendo pure lui inclinazioni più vicine al liberalismo). Fra gli ipocriti, invece, si distinguerà in modo particolarmente più osceno Palmiro Togliatti che è stato, forse, il campione dell’ambiguità. E guarda a caso Robert Conquest ci riferisce in diversi punti, ma specialmente alle pagine 637 e 643, come il Segretario del nostro PCI, dopo aver tentato di questionare la dubbia condanna di compagni comunisti internazionali, alla fine cede all’abilità arbitraria di Stalin. Ma l’autore spiega ancora come lo stesso cognato di Togliatti – Paolo Robotti – era stato arrestato e per la docilità del “Migliore” nei confronti di Stalin, finalmente verrà liberato, ma con i denti rotti e la spina dorsale danneggiata in modo irreparabile; ed alle pagine 653-654, descrive che “il nostro”, sempre per ordine di Stalin, aveva partecipato anche alla purga dei comunisti spagnoli; ed infine, alla pagina 760 Conquest riproduce uno stralcio del discorso in cui sempre il buon impenitente Togliatti, in pieno 1956, cerca ancora di giustificare i metodi sovietici. Eppure, nel 2000 perfino Massimo Caprara, ex segretario di Togliatti, pubblica il libro QUANDO LE BOTTEGHE ERANO OSCURE, dove si leggano diverse rivelazioni, fra le quali, come il Migliore definiva i giornalisti che, a seguito delle rivelazioni di Chrusčev gli rinfacciavano di non aver mai criticato Stalin, li definiva “scimmie urlatrici”. Ma Caprara esprime tutto il suo triste rammarico per il fatto del suo superiore non aver mai espresso una parola per salvare i comunisti italiani che Stalin aveva spedito in Siberia, impediti di rientrare in Italia, dove avrebbero potuto compromettere la popolarità del più forte partito comunista dell’Occidente.
Infatti, è proprio nel Febbraio del 1956 che, durante il suo “Discorso Segreto” del XX Congresso del partito, Nikita Chrusčev, il successore del peggiore tiranno dell’era moderna, aveva finalmente ammesso, in modo assolutamente coerente e coraggioso, denunciando l’incredibile delirante repressione praticata dal paranoico Stalin, dettagliando tutta una serie di criminosi delitti, mascherati da equivoci quanto perfidi processi, ma che alla fine questo stesso insano incubo, non aveva risparmiato nemmeno i suoi più intimi collaboratori che, pur avendo diligentemente contribuito alle barbare persecuzioni, erano stati deliberatamente eliminati, ripagandoli con gli stessi depravati e disumani metodi.
Oggi, alla luce di tutto ciò che non può più essere negato, dopo aver assistito all’euforia dei Tedeschi Orientali dinanzi al crollo del vergognoso Muro di Berlino, ci sono ancora militanti marxisti come Minà che osano esaltare il regime dispotico venezuelano, ammiratori dei regimi dispotici di Castro, Hugo Chaves, Evo Morales e dei presunti democratici Lula e Dilma Rousseff – e perfino Massimo D’alema, ora, si espone a difendere questi due governanti sotto accusa proprio a pochi giorni dalla prossima destituzione dalla Presidenza della ex-terrorista marxista brasiliana; infatti, tanto Lula quanto la “Presidenta” che in piena attualità hanno fallito nel tentativo di introdurre anche in Brasile, il nuovo modello collettivista, cosiddetto “bolivariano”, com’è stato inutilmente fatto in Venezuela e Bolivia. Di fatto, questi stessi ammiratori del castrismo – che a suo tempo hanno dato fraterno rifugio al nostro terrorista assassino Cesare Battista – ormai demistificati dal peggiore scandalo di corruzione della storia della politica mondiale, sono stati smascherati dalla cruda realtà ed ora si trovano chiamati a rispondere alla Giustizia, già sotto investigazione e sotto accusa – in parte – con mandato di arresto già decretato.
Ciononostante, i nostri impenitenti nostalgici del collettivismo, orfani del vecchio PCI, sembrano di non aver imparato molto dalla storia ed ostinandosi a credere ancora a quei tragici ideali, perdono così, eccellenti opportunità quando si rifiutano tuttora di rinnegare quello che, di fatto, è stato uno dei peggiori periodi storici dell’umanità e parteggiano per coloro che vorrebbero rifondare il fallito collettivismo.
In conclusione, questo libro che in molti avevano tentato di screditare, ma scritto dal più competente biografo di Stalin, conviene osservare con quanto anticipo questo autore aveva saputo penetrare nelle maglie dei segreti della Cortina di Ferro, consolidando il sospetto di quanto si diceva sull’Unione Sovietica, senza averne tuttavia i dati di cui disponiamo oggi Tuttavia, ad un certo punto, contrabbandate in Occidente giungevano le devastanti conferme dai diretti testimoni, grazie alle opere di due futuri Premi Nobel per la Letteratura: DOTTOR ZHIVAGO di Boris Pasternak ed ARCIPELAGO GULAG di Aleksandr Solzhenitsyn che lasciavano il mondo incredulo e perplesso a bocca aperta. Infatti, essi fornivano le prove di ciò che Conquest aveva già descritto con tanto anticipo. Eppure, ci si può chiedere come mai tanti orrori non erano stati apertamente ammessi, è necessario puntare il dito verso coloro che sapevano, ma avevano scelto di assumersi la responsabilità di tacere. Questa è un’opere che cita un numero immenso di fatti e migliaia di documenti e di testimonianze che l’umanità non deve scordare perché le vittime che hanno pagato l’inutile esperimento derivato dalla Rivoluzione Bolscevica, supera di molto le decine e decine di milioni di torturati, discriminati e morti ingiustamente, in nome di un’utopia che orami solo pochi osano ancora a difendere.