Ci risiamo con la politica di bottega. Adesso è Veltroni a salvare Alitalia.

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Dopo essere stato sconfitto brutalmente alle elezioni, dopo essere rimasto leader solo per il popolo PD ma estromesso da i tantissimi “leader” democratici, dopo essere rimasto senza feudo, e dopo essere stato “sconsacrato” persino da Berlusconi, Veltroni scende in campo. Ma lo fa dopo che la CGIL ha dichiarato l’intenzione di accettare quello che non aveva accettato pochi giorni addietro. E’ la lecita risposta allo schiaffo politico servitogli dal Primo Ministro. Veltroni si dichiara il vincitore della sfida Alitalia perché ha convinto il Sindacato di Sinistra a firmare l’accordo. In questo commette due gravi errori. Il primo è strategico. Infatti il “Leader” PD tradisce la sua promessa elettorale di “politica armonica” e di dialogo. L’accusa di assenza al Premier è un puro assalto politico. Avrebbe invece dovuto dichiarare che come leader dell’opposizione ha contribuito a salvare il paese, insieme alla maggioranza. Infatti si può accusare di tutto Berlusconi ma non di essere stato assente su Alitalia. Qui il secondo errore tattico. Mancano i piloti, vedremo come finirà. Ma è evidente che la vittoria è Berlusconiana, la minaccia sempre più concreta del fallimento spaventa uno ad uno tutti i ribelli. Il rischio di finire senza lavoro e di non trovare più lavoro (chi assumerebbe come dipendente chi ha avuto un passato in Alitalia) o di dover lavorare seriamente secondo il mercato, e perdere tutti i benefici e privilegi di Alitalia impaurisce un po tutti. Meglio una telecom dell’aria, più mercato certo, ma senza troppo rispettarne gli obblighi manageriali. Questo resta il dramma irrisolto del paese. Il mercato manca nel DNA di molti italiani.

I risultati della ricerca sono preoccupanti, almeno con riferimento ad internet: il 62% di quanti hanno risposto non crede che i motori di ricerca conservino le “tracce” delle ricerche effettuate dagli utenti più di un giorno, e il 73% dice di non aspettarsi una profilazione a scopi di marketing sulle proprie scelte. Il 58 %, tuttavia, dichiara che – se fosse a conoscenza di profilazioni elettroniche da parte dei motori e avesse la possibilità di scegliere – le rifiuterebbe. Insomma, si delinea una ignoranza diffusa tra i nostri connazionali sulle pur legittime consuetudini commerciali di content provider come Google o Yahoo. Gli italiani che usufruiscono di siti gratuiti sembrano poi trascurare i propri diritti di scelta consapevole, e non pare che immaginino un trattamento dei loro dati successivo alle sessioni istantanee di ricerca.

Un atteggiamento esattamente opposto lo mostrano sulle comunicazioni telefoniche e sulla corrispondenza in genere: il 53% risponde di sospettare d’essere intercettato e addirittura il 60,5% considera probabile che famigliari o colleghi controllino di nascosto le proprie email. In questo caso, la distanza dalla realtà sembra inversa e decisamente eccessiva: saremmo un Paese di spiati.

Quanto alla curiosità e al gossip, emerge una fotografia più corretta e garantista: il 74% non condivide la pubblicazione di intercettazioni telefoniche sui giornali e soltanto il 2% di quanti hanno risposto al questionario dichiara di conoscere il reddito di almeno un vicino di casa.

Infine la fiducia nelle banche: solo il 45% si fida dei loro sistemi di sicurezza nel trattare i dati dei clienti on line, mentre il 55% teme di essere vittima di frodi con l’utilizzo su internet della carta di credito.

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