IL CERVELLO, LA MENTE E L’ANIMA di Edoardo Boncinelli (Recensione)
Ognuno a modo suo…
Lettura oltremodo interessante dalla quale apprendiamo come in questi ultimi decenni abbiamo imparato a capire un poco delle funzioni del nostro cervello che modella l’individualità di ognuno di noi. Edoardo Boncinelli nella materia è fra i più prestigiosi ricercatori nostrani ed un po’ come l’autorevole Cavalli Sforza – internazionalmente ancora più noto – è anche altrettanto competente come divulgatore scientifico.
Qui l’autore espone e chiarisce le caratteristiche e la genesi stessa della nostra individualità; queste proprietà derivano dalla costituzione fisica e chimica di ogni individuo ed egli spiega come la consapevolezza dei propri limiti umani ci spinge a cercare risposte ai nostri infiniti dubbi. Infatti, non avendo accesso a quella che dev’essere la verità assoluta, possiamo al massimo riconoscere l’errore e la menzogna, mentre le incertezze ci stimolano in continuo alla ricerca che – come il grande Popper giustamente suggerisce – non ha mai fine. Otteniamo nuove nozioni ad ogni nuovo giorno che passa e le scoperte che si aggiungono, a loro volta, formano nuovi quadri nella nostra mente, generando distinte interpretazioni, ma anche altri dubbi ed ulteriori domande da rispondere, proprio per poter continuare a soddisfare le nostre incertezze nella vana, ma pertinente, ricerca di arrivare alla verità ed in questo modo tentare di poter dare sfogo ai nostri dilemmi ed alle costanti singolari insoddisfazioni.
Da questa constatazione, contrariamente a quanto sostengono gli apostoli del potere politico favorevoli alla solidarietà istituzionalizzata, possiamo dedurre che l’incertezza è virtuosa ed il dubbio è fecondo; che la necessità e l’egoismo – come insegna la sagace Ayn Rand – è un bene biologico; che il bisogno è creativo perché genera i semi più fertili, mentre coloro che credono di poter fornire certezze all’individuo fomentano la rassegnazione, infatti le certezze e la sazietà non solo sono improduttive ed inutili, ma sono addirittura deleterie. Gli individui debbono essere incoraggiati a potersi mettere alla prova, in primo luogo per conoscere se stessi, i propri limiti e le proprie potenzialità, principalmente per capire e questa pratica non può essere delegata ad altri, poiché la facoltà di misurarsi è degli individui che così imparano essere responsabili.
Non è a caso che in questi nostri tentativi, abbiamo bisogno di poter fare continuamente delle comparazioni; infatti, se non avessimo termini di paragone, non potremmo imparare né evoluire; non per niente, tutti noi partiamo da una base di ignoranza, ma nella misura in cui passiamo per le esperienze e cognizioni aggiungiamo ingredienti che ci permettono di sovrapporre le diverse “immagini” che permettono di meditare sui risultati che derivano questi confronti. Ed ecco che cessiamo di essere semplici spettatori passivi per agire come scrutatori attivi, sempre in attesa di risposte che conducono a conclusioni seppur sempre provvisorie anche queste.
Ed è mediante questo perenne processo che fin dai primordi la nostra indole cambia; infatti, proprio dal momento in cui il crescente bisogno ha indotto la primitiva specie umana ancora, a far uso di attrezzi, usando pietre per rompere le ossa ed i semi per alimentarsi quando, ad un tratto, per cause meteorologiche, l’alimento che prima era abbondante, doveva scarseggiare. E grazie a tale bisogno, abbiamo imparato a conoscere nuovi valori. Lo si capisce anche dall’ osservazione del comportamento dei bambini che, toccando, assaggiando, pesando ed agitando tutto ciò che capita loro sotto mano, imparano a conoscere nuovi valori dai quali, alla fine, riescono a dedurre quei parametri che conferiscono la consapevolezza della propria dimensione nello spazio.
E qui varrebbe la pena chiedersi come Freud poteva immaginare che un feto disponesse già di un subcosciente ancora prima di sviluppare una coscienza? Jean Piaget, invece, insegna giustamente che la consapevolezza – quindi la coscienza – è il risultato di un lento processo di apprendimento che si forma nei nostri primi anni di vita. Inoltre, ognuno di noi percepisce determinate sensazioni in gradi distinti e che agiscono sulla nostra mente a seconda delle predisposizioni specifiche di ogni singolo individuo percezioni che, a loro volta, dipendono dalle diverse circostanze che possono influire sulla propria indole attraverso quelle reazioni chimiche e fisiche che non agiscono allo stesso modo in tutti gli individui. Così, si modella in ogni individuo una propria irripetibile indole. Perciò, nessuno segue lo stesso sviluppo dei propri sensi. Del resto, così come gli animali e gli insetti captano stimoli di gradi di luce, di suoni di temperatura, di odori e così via, che noi non percepiamo, ogni individuo ha una sua predisposizione particolare agli stimoli; allora, ognuno di noi tende a consolidare preferenze specifiche, ma non definitive. E mentre noi ne captiamo solo alcuni, gli stimoli nella natura sono numerosissimi; Boncinelli conclude che se noi captassimo tutti gli stimoli esistenti, potremmo forse impazzire.
Infatti, i sensi umani captano solo un determinato numero di suoni, luci, odori e sapori e ciò ogni individuo in maniera distinta; per questo ciò che è sgradevole per alcuni, per altri può risultare piacevole e viceversa. Il nostro organismo è regolato anche dai geni che ospita e che, a loro volta, condizionano la nostra mente, modellando la nostra stessa costituzione con la finalità di mantenerci in vita, ma soprattutto per garantire a se stessi la vitale sopravvivenza. Infatti, come apprendiamo da IL GENE EGO ISTA di Richard Dawkins, i geni non cessano di vivere dopo la nostra morte. La nostra mente, dunque, è stata modellata per tale finalità e non tanto per aiutarci a capire se stessa o per comprendere l’ambiente che ci circonda. Per riuscire a capire, invece, è necessario interagire con e nella realtà. Se poi pretendiamo veramente indagare sul senso della nostra vita, rischiamo di non uscirne mai; probabilmente, anche Boncinelli concorderebbe con le conclusioni del grande liberale messicano Premio Nobel per la letteratura, Octavio Paz, il quale suggerisce che una delle finalità umane è appunto quella di dare un senso alla vita, cercando appunto una finalità che abbia un senso. La ricerca, infatti, ha un senso…
Pertanto, ognuno di noi possiede un cervello unico ed irripetibile ciò che ci rende quindi, individui che agiscono a seconda delle singolari inclinazioni derivanti dalle nostre particolari sensibilità ai diversi stimoli come, per forza, saranno uniche pure le nostre esperienze. Infatti, se partiamo dal principio che siamo tutti composti da un numero di cellule diverso delle cellule degli altri, anche le nostre sensibilità saranno distinte, come distinte dovranno essere di conseguenza, anche le nostre singolari esperienze, come inevitabilmente, potranno essere uniche anche le nostre interpretazioni che inducono ognuno di noi a cercare soluzioni in maniere particolari anche se sovente similari.
Allora, cosa vorrebbero farci credere coloro che intendono imporre indiscriminatamente a tutti l’ambigua eguaglianza con finalità uniche per tutti, se poi ognuno di noi ha le sue legittime preferenze? Certo, siamo individui ed abbiamo preferenze specifiche, mutevoli in momenti distinti. E come suggerisce il grande pensatore della Scuola Economica Austriaca, Premio Nobel per l’economia, Hayek, in circostanze similari possiamo ricorrere a mezzi e metodi differenti, come in circostanze distinte, possiamo ricorrere a mezzi e metodi similari. Quindi, scegliamo le strategie che ci sembrano più adeguate in funzione del luogo, del momento e di altre situazioni dettate anche dal nostro stesso instabile umore in rapporto a stimoli che percepiamo dall’esterno in determinati frangenti.
Noi non contempliamo la realtà passivamente come se stessimo seduti davanti alla TV; viviamo la vita in maniera interattiva ed interpretiamo la realtà attraverso le deduzioni elaborate dalla nostra mente che reagisce ed agisce alla chimica del nostro corpo anche sulla base delle registrazioni accumulate dalle nostre esperienze che sono sempre uniche. E dinanzi all’imprevisto scatena in difesa il senso di timore; per cui uno si irrigidisce, mentre un altro si può accasciare per il fatto che in noi si è sviluppata la nostra particolare individualità. Spesso, noi non avvertiamo nemmeno un parametro a cui siamo ormai assuefatti; piuttosto, è un cambiamento che stimola la nostra osservazione, così come un cartellone pubblicitario esistente per molto tempo nelle medesima posizione non è più notato, ma basta che cambi qualcosa, magari l’ubicazione che immediatamente il nostro spirito di osservazione si attiva. Pertanto, siamo eternamente attratti dalla novità che stuzzica la nostra fertile curiosità, sempre pronta a modificare paradigmi.
Allora, non essendo tutti soggetti e sensibili agli stessi stimoli, a parità di grado, alcuni stimoli ci lasciano indifferenti ed altri, invece, ci procurano sensazioni, generando emozioni capaci di scatenare passioni che condizionano il nostro comportamento, senza necessariamente seguire una logica e senza che qualcuno possa prevedere a priori una nostra qualsiasi preferenza; infatti, non agiamo sempre in modo razionale. Non per niente, Pascal difende l’idea che “il nostro cuore ha ragioni che la ragione non intende”. Per cui, sta all’individuo e non alla cosiddetta società di fare le scelte che Platone o Campanella ed i loro seguaci tanto preconizzano rispettivamente nella Repubblica e Città del Sole.
Inoltre, tutto è movimento e tutto cambia continuamente, non solo la realtà ma anche il modo di interpretarla. Infatti, la cultura che si arricchisce e che prosegue nella sua evoluzione, è il risultato dell’accumulo di nozioni che, a loro volta, si aggiungono alle nostre esperienze ed alle nostre nuove scoperte alterando i paradigmi su cui basarci. Così, conserviamo e trasmettiamo tale patrimonio alle successive generazioni. Ed oggi, grazie alla globalizzazione che ci ha condotti all’era della conoscenza, potendo condividere le poliedriche esperienze con altri nostri simili di altre zone, è possibile godere i vantaggi delle cognizioni che derivano dalle particolari specializzazioni che siamo stati in grado di mettere a punto nei nostri specifici ambienti.
Anche il nostro cervello che elabora e conserva le tante cognizioni si comporta in maniera distinta; così, in alcuni gli stessi dati possono essere registrati e conservati in aree distinte del nostro sistema centrale: in alcuni, le informazioni, possono essere – per così dire – archiviate nell’area riservata alla visione ed in altri, nell’area destinata al linguaggio. Il linguaggio a sua volta, essendo formato da convenzioni che attribuiscono significati ai termini, possono acquisire valori distinti in tempi e luoghi separati; quindi, essendo anche il linguaggio un ordine spontaneo in continua evoluzione, è altrettanto soggetto diversa interpretazione a seconda del contesto ed interazione fra individui distinti.
In conclusione, questa bellissima pedagogica lettura ci aiuta a capire l’importanza che l’individualità ricopre nella nostra esistenza e come la stessa dipende dalle irrinunciabili libertà che debbono accompagnare lo sviluppo ed il progresso umano, proprio perché ognuno di noi ha una maniera di vedere e di intendere del tutto particolare, essendo perciò ogni singolo individuo in grado di interpretare situazioni e contenuti, elaborando soluzioni specifiche alle quali altri non erano ancora giunti. Inutile aggiungere che la legittimità delle libertà individuali deve sempre terminare dove inizia la legittimità delle libertà altrui.
Pertanto, quei modelli politici che hanno la pretesa di conoscere gli interessi particolari degli individui e che ricorrono alla coercizione, confiscando le nostre legittime libertà perché si considerano in diritto di aggiudicarsi la messianica prerogativa di poter imporre limiti diversi da quelli che sono propri dell’individuo, anche se si avvalgono delle Legge positiva da loro stessi elaborata, essi commettono un delitto proprio perché tali pratiche non sono avvallate dalla legittimità conferita da quella che è la legge naturale.