L’aministia: se l’ordine è fondato sul diritto e la società cerca sicurezza

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PIERO SAMPIERO

Rileggevo pochi giorni fa Il processo di KafKa e la paradossale drammatica vicenda del suo protagonista che mette a nudo il mistero inestricabile della giustizia,  mistero presente tuttora in Italia a motivo di una legislazione farraginosa e contraddittoria e di un sistema giudiziario antiquato e distante anni luce dal cittadino, dalle sue esigenze ed aspirazioni ad un’ordinata convivenza civile radicata nell’equità.

Il codice di procedura penale fu rinnovato nel 1989, nel tentativo d’introdurre anche nel nostro paese il sistema accusatorio in sostituzione di quello fino ad allora vigente, derivato dal codice Rocco e comunemente denominato inquisitorio, per dar modo di realizzare il giusto processo e la parità tra difesa ed accusa, secondo le indicazioni della carta costituzionale e, dunque, maggiore speditezza dei procedimenti e più ampie garanzie per l’imputato o l’indagato, con una contestuale deflazione delle cause penali in corso.
A distanza di tanti anni, sono tutti concordi nel ritenere che quella riforma e i successivi aggiustamenti intervenuti per rendere più efficiente la macchina giudiziaria, nel segno dello stato democratico-liberale, eminentemente rispettoso della persona umana, sono stati un fallimento clamoroso.
La causa di questo disastro è sostanzialmente legata, a mio sommesso avviso, alla mancata modernizzazione e ad un radicale cambiamento dello stato e, quindi,  della magistratura nelle sue varie articolazioni (inquirente  e giudicante) e della stessa avvocatura.
Noi continuiamo ad avere lo stesso assetto di cinquantanni fa, con in più l’aggravante che non pare profilarsi all’orizzonte un disegno organico per realizzare un processo penale all’altezza dei tempi e dell’Europa e un sistema carcerario dal volto umano. “Chi è animato da sentimenti liberali vorrebbe il rispetto dell’ordine fondato sul diritto e al contempo la garanzia di una società sicura.”
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L’Italia è ai primissimo posti tra i paesi condannati dalla Corte europea di giustizia per inadempimenti alle regole comunitarie e per il maggior numero di detenuti in attesa di giudizio con le prigioni inadeguate, fonte di gravissimi problemi sotto il profilo igienico sanitario e della tutela della dignità individuale.
Siamo un paese che affonda nel marasma della crisi economica, condizionato da un malessere sociale sempre più incontenibile e soprattutto carente di strumenti adeguati per giungere a rapidi giudizi per assicurare la certezza del diritto.
L’uso e l’abuso delle misure personali cautelari, che costringono in carcere decine di migliaia di persone, per le quali non è stata ancora definita con sentenza la responsabilità nella commissione dei reati loro ascritti, non può che definirsi una scandalosa violazione dei diritti umani più elementari, ed è ben lungi dall’essere risolta con procedure ordinarie legislative.
Il nuovo Ministro della Giustizia si trova di fronte ad un compito immane sulla strada del rinnovamento dell’apparato e di una ennesima iniziativa riformatrice dei codici penali, ma intanto il problema delle carceri non può restare senza una soluzione celere e ben mirata a rendere i luoghi di detenzione più vivibili e a smaltire l’enorme arretrato di cause (finora ammontanti a circa ottomila processi pendenti). E dunque quella che solitamente è considerata una misura eccezionale diventa una strada necessaria ed obbligata, caldeggiata peraltro da voci autorevoli sia religiose che laiche.
Le proposte per una nuova amnistia sono in attesa di essere discusse e devono essere approvate celermente nel solo modo possibile: escludere dal provvedimento i reati di maggiore allarme sociale, rendendo alfine possibile, in un clima di serena obiettività, la strada maestra della riforma dell’ordinamento giudiziario con una visione organica ed articolata, senza interferenze né compromessi corporativi, sul modello di altre nazioni più avanzate della nostra e alla luce della scienza del diritto, depurata da retoriche petizioni di principio e tautologie, inutili orpelli e barocchismi, consuetudini bizantine.

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