L’indice di sviluppo inclusivo: capitali materiale, umano e naturale al posto del solo PIL

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Trento si conferma punto di riferimento importante per economisti e studiosi di varie discipline. Partha Dasgupta, dopo aver partecipato all’edizione 2007 del Festival “Capitale umano, capitale sociale” è tornato a Trento in questi giorni per una lectio magistrale dal titolo “La vera ricchezza delle Nazioni” . Sir Partha Dasgupta bengalese di nascita e docente dell’Università di Cambridge (UK) nel suo intervento alla Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Trento ha cercato di rispondere ad alcune domande: si possono sostituire gli attuali indicatori di sviluppo (Pil e le sue varianti) con misure più complete della vera ricchezza e dei livelli di benessere delle nazioni? La crisi può essere un’opportunità per trasformare l’economia globale in senso inclusivo e ambientalmente sostenibile? Come Dasgupta ha sostenuto anche in numerose pubblicazioni, andare oltre il prodotto interno lordo è possibile e socialmente necessario: uno dei punti fondamentali consiste nel passare, appunto, dal Pil al prodotto interno netto e in questo passaggio tenere conto di molti più fattori di quanto non si faccia normalmente. Secondo l’economista “i beni non sono quelli prodotti ma quelli umani”. Il modello cooperativo è un passo avanti rispetto all’impresa privata in quanto il guadagno non è considerato l’unica priorità, il capitale umano ha un suo peso.

Una delle maggiori debolezze del capitalismo, secondo Dasgupta è la sopravvalutazione dell’indicatore del reddito. La su proposta, preannunciata già nell’edizione 2007 del Festival dell’Economia, è quella di considerare “l’indice di sviluppo inclusivo”, come misura della ricchezza di un Paese (National Wealth, dal titolo del suo articolo). Questo indicatore dovrebbe certamente considerare la ricchezza materiale della Nazione (infrastrutture, macchinari…), ma anche la ricchezza umana (salute, educazione…) e il capitale naturale (struttura degli ecosistemi, risorse naturali…).Nel sistema economico attuale, le cooperative sono le imprese che hanno prestato maggiore attenzione agli aspetti sociali e ambientali che vanno oltre il Pil, ma ancora manca una vera e propria riflessione, una presa di coscienza che potrebbe essere possibile con, appunto, l’indice di sviluppo inclusivo. Questo dovrebbe essere considerato, però, in evoluzione nel tempo, e non solo sul periodo breve. Rispetto alla crisi, ad esempio, per quanto essa sia lunga, l’indicatore dovrebbe essere confrontato non su un lasso di tempo di 5 anni (o più) ma su centinaia di anni per dare una misura reale dello sviluppo sociale. Non troppo ottimismo da parte del professore di Cambridge rispetto alla crisi come opportunità per migliorare lo stato delle cose. C’è ancora troppa preoccupazione solo sul solito andamento dei prodotti interni lordi, e si trascura di valutare altri elementi ben più importanti, tra cui il tasso di occupazione, spesso insufficientemente considerato.

Fonte: Ufficio Stampa Provincia Autonoma di Trento

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