di Enrico Gagliardi
La tragedia del ragazzo ucciso a colpi di spranga ha gettato l’Italia nello sgomento ed allo stesso tempo ha riacceso polemiche stucchevoli, inutili, spesso addirittura patetiche nel loro dipanarsi.
È indubbio che l’omicidio di una persona per futili motivi, maturato poi in un contesto particolarmente disagiato rappresenti un fatto gravissimo, da stigmatizzare senza esitazioni; ma tale resta e cioè un fatto di cronaca per quanto grave. Inutile tutto il contorno di strumentalizzazione sviluppatosi subito dopo la vicenda.
Tutti i manuali di diritto insieme ai più grandi studiosi di giustizia penale stabiliscono che lo stato di diritto funziona attraverso il rispetto delle norme giuridiche ed in caso di violazione di queste attraverso sanzioni erogate sulla base di un giusto processo regolato dalla legge: i colpevoli dell’omicidio di quel povero ragazzo, già rei confessi, sono stati arrestati ed ora subiranno un processo al termine del quale con tutta probabilità subiranno una condanna piuttosto grave.
La “dialettica” tipica dello stato di diritto ha già funzionato, ha dimostrato tutta la sua efficacia: più di questo non si può chiedere, più di una condanna giusta non è giusto chiedere.
Lo democrazia (liberale, possibilmente) si fonda sul rispetto delle garanzie costituzionali, nulla di più.
Tutto il resto sono solo parole buone per la propaganda.