MARTINA CECCO
Il Cavaliere prepara il suo ritorno in campo per le prossime elezioni, che si prospettano per la primavera italiana 2013. Dietro un volto noto, nomi nuovi e qualche vecchia conoscenza. Un PDL ripulito dunque da chi non ha saputo mantenere fede al programma di partito, con un presumibile 30% di preferenze consolidato, fatto di elettori che si troveranno con in mano una penna, a cui dare un senso nella cabina elettorale, quasi obbligati a esprimere comunque preferenza per Silvio Berlusconi, se vorranno mantenere fede a un credo politico e ideologico.
Secondo le prime notizie che arrivano dal Palazzo si potranno contare sulle mani i vecchi rappresentanti di partito, che si vanno invece a sostituire con volti nuovi e purtroppo anche poco conosciuti nel mondo politico italiano, a causa specialmente dell’ombra di tenebra che distingue l’Italia in fatto di politica: più volte anche tra le nostre pagine abbiamo fatto denuncia di come sia manipolata e deviata la informazione che si dà sulle dinamiche che intercorrono nel percorso politico dei partiti. Più volte abbiamo sottolineato come in Italia la politica del fare ha uno scollamento con la politica del dire. Spesse volte a danno.
L’Italia è tuttavia impreparata a una competizione elettorale onesta e leale, senza assi nella manica e purtroppo senza una classe dirigente giovane e pronta per scendere in campo a piene mani per occuparsi del Governo: i giovani ci sono, ma non superano il “tetto di cristallo” sotto cui giacciono; non a caso, anche cercandoli, si ha reale difficoltà nell’individuare persone di punta a cui affidare un partito, spiccando il volo dalla melma eterogenea fatta di scandali, di ruberie e di incomprensioni, che ha infangato il Governo, portandoci alla deriva e alla s-considerazione nazionale da parte della opinione pubblica estera. Citiamo la Unione Europea e gli USA per parlare di qualcosa che ci tocca da vicino, ma gli esempi li conosciamo tutti di già, in fin dei conti otto mesi dal terrorismo mediatico “scaccia Italia” sono pochi per dimenticare.
Gli affondi verso il ritorno IV del Cavaliere sono già stati inflitti, a ridosso della sua dichiarazione di disponibilità alla ricandidatura: non solo le agenzie di rating tendono a considerare deleterio questo passo, ma anche gli istituti di demoscopia non danno questa volta per vincitore il PDL, anche se ancora non è nota la composizione della eventuale nuova squadra, che potrebbe invece avere qualche cosa da proporre. Il popolo del PDL rimane sempre lo stesso, almeno statisticamente e attende, mentre la opposizione al PDL ancora non è formalizzata come non è ancora chiaro il concetto di “larghe intese” che era stato balenato come possibilità: vediamo pochi politici esporsi in prima linea, il libero battitore Nichi Vendola, il guerriero Beppe Grillo, il serafico Gianfranco Fini, ma la sinistra bersaniana di vecchio stampo che cosa ne pensa?
L’Italia ha delle priorità da affrontare: la crisi economica e il regime di austerity che rende difficile il quotidiano per la classe medio bassa, il sostegno alle aziende che devono competere partendo dallo svantaggio di una nazione che hanno schiacciato in una Europa moderata ma solida, il grave problema del debito pubblico e della scarsità di risorse per il servizio al cittadino, solo della settimana scorsa la prima delle vere crisi regionali, di fronte ai tagli imposti dalla “dieta Monti”, il sostegno alle famiglie indebitate per puntare al mantenimento di un equilibrio economico, anche recuperando un solido legame con una politica economica e bancaria più sostenibile, a sacrificio del la logica del “far cassa” a tutti i costi.
L’Italia a questo punto ha bisogno di stabilità: stabilità di Governo prima di tutto, via dalla logica del personalismo e della guerra tra poveri/ricchi intestinale che devasta il partitismo nazionale; stabilità nei programmi e nelle riforme, a partire da quella elettorale per arrivare alla formulazione di una nuova autonomia delle Regioni; stabilità negli obiettivi, tagliando realmente privilegi e sprechi, incentivando quello che doveva essere il decreto storico per la nazione, la liberalizzazione; stabilità infine nella immagine che il paese vuole dare di sé, recuperando la fiducia che la opinione degli esteri ha perso verso l’Italia e mostrando una unità brillante nelle proposte e intransigente verso chi sbaglia, come serve per restare in Europa a pieno titolo e con lo splendore colorato che la distingue dalle nazioni della Mitteleuropa, più ligie al dovere forse, ma anche meno ricche di inventiva e di vitalità.
Il PDL è un partito solo e del Cavaliere, creato da lui stesso e nato solo ed esclusivamente dalla sua volontà. Se Silvio Berlusconi vincerà, avrà vinto tutto, se perderà, perderà tutto.