MARTINA CECCO
Vinta la semifinale Italia – Germania con un gioco da maestri che non ha lasciato dubbi sulla qualità della squadra. Una partita importantissima quella di ieri, che ci porta in finale, interpretata da tanti anche come una metafora sulla crisi europea: inevitabile il confronto della satira su Mario Balotelli e Mario Monti, gli Eurobond e la Merkel, il mercato europeo e gli Europei 2012 di calcio, qualche ironia anche per chi ha la spina del nazionalismo. Se da un lato l’entusiasmo scoppia, allo stesso modo pagine e pagine di satira esplodono di una gioia di rivincita che la dice lunga sulla stretta al cuore che preoccupa davvero gli italiani, oltre gli Europei di calcio. Un paragone scontato o una realtà che emerge dal grigio del torpore nazionale?
Le piazze delle maggiori città d’Italia sono state fornite per la occasione della semifinale, di maxi schermi per permettere a tutti di scendere in strada a fare il tifo e a godersi la partita in un clima calcistico di vecchio stampo, dove le bandiere e i cori fatti in compagnia la fanno da padrona nel contesto di una partita che ha risvegliato gli animi nazionali anche in chi non è soggetto a facili entusiasmi. Bagni di folle di giovani e meno giovani che hanno tifato con amore e con cuore per portare in finale l’Italia. Ben ripagati da una partita all’ultimo respiro, che non ha lasciato scampo alla Germania.
Eppure anche in questo momento felice della nazione non mancano le polemiche tra chi sostiene che mettere il calcio in piazza significa “tagliare la strada” alle iniziative economiche, in altre parole togliere clienti ai bar perché la felicità si paga .. e chi sostiene come Daniele, che gli italiani sono un popolo di stolti che si unisce solo per occasioni “stupide” come il calcio “a me fa’ tristezza vedere che sono tutti uniti per una stupida partita, fatta in un paese che per il calcio ha promosso il massacro di cani per le strade, giocata da giocatori strapagati incapaci di correre per più di 10 minuti .. ma per cose più importanti, per questa Italia spolpata fino all’osso, non hanno mai tempo e tanto meno interesse e infine chi come Simone sostiene che lo stesso dovremmo fare contro le tasse al Governo e “se tutti quelli che scendono in piazza per festeggiare la nazionale facessero altrettanto per protestare contro le tasse che ci stanno strangolando, saremmo un paese migliore”.
Diversi punti di vista, con molto in comune. Le città dal Sud al Nord Italia sono rimaste mute, tra una azione e l’altra, con gente viva, vera, attaccata al pallone e alla partita senza fiatare, con gli occhi lucidi e tante cose nella testa. Che le piazze siano gremite di giovani quando si tratta di calcio e che le città si accendano quando l’Italia vince è un dato di fatto: alcune occasioni come le partite di calcio, i concerti, le manifestazioni sociali di intrattenimento sono quasi sempre ripagate da un considerevole successo; è un dato di fatto che tifare Italia sia anche un modo per appassionarsi a una sfida prendendo una posizione senza dubbi e senza incertezza.
Quello che sarebbe interessante scoprire è come mai la gente decida di muoversi in massa per vedere la partita in compagnia, mentre non si senta ugualmente stimolata, ad esempio, per muoversi in altri ambiti, come appunto il lavoro o le tasse o i diritti civili. La personalizzazione delle situazioni non aiuta a unire, mentre lo sport e la musica possono far convergere i pensieri più disparati su un unico obiettivo, appunto uscirne vincitori! La crisi economica aiuta certamente a focalizzare l’attenzione sulle cose che piacciono. E la semifinale Italia – Germania è certamente stata uno stimolo all’adrenalina per sentirsi per un momento più leggeri e più uniti.
Alla gente piace un linguaggio più semplice e più diretto, piace essere coinvolta e piace dire la sua, esempi come i social network non dicono il contrario e dimostrano invece una forte vitalità dello spirito personale degli individui: il calcio è più semplice della politica e del sociale, non tocca direttamente le tasche e non mette in dubbio la purezza del manifestare pro o contro una squadra. Un linguaggio sportivo dunque è un modo per parlare anche di sé.
A sostegno di questa ipotesi un giovane tifoso dell’Italia, Florian convinto che “queste occasioni sono lo stimolo a una nuova dialettica della politica – vive a Trento ma ha dei legami anche con la Germania – questo triangolo di finale non è casuale, Italia, Germania, Spagna in sfida nel calcio come nell’economia; i giovani di oggi non capiscono più il concetto della parola politica: la dialettica si sviluppa durante gli eventi che possono dare uno stimolo costruttivo che ci aiuta a capire come viviamo in un mondo troppo veloce per i vecchi linguaggi. La palla rotonda, aiuta a capire come gira veloce il mondo, e come i giovani, intorno a una palla, possono essere coinvolti con messaggi più diretti e inclusivi.”