AUSILIA GUERRERA
Si salvi chi può: “il vento scuote la casa di Dio”, esclama Sua Santità Benedetto XVI. In questi giorni di cronaca-su-cronaca una strana figura si staglia come un’uggia malevola all’orizzonte fosco del Vaticano: un maggiordomo sui generis, sia per il privilegio del servizio reso sia per il disservizio deviato intrapreso. Sembra la Congiura de’Pazzi, pur non essendola, per fortuna!… Perché salvo il fatto che la dissimilarità con l’evento mediceo quattrocentesco è fortunatamente totale – basti solo pensare al fatto che il famigerato Corvo è stato indagato “solo” per trafugamento di atti, veline private, ma non per attentato alla persona del Papa – pur tuttavia l’impensabilità di un tale cataclisma è “pazzesca”. Anche se in certi casi minimizzare sulla vulnerabilità è d’obbligo. E sempre di congiura trattasi. Ai danni di chi, è ancora tutto da accertare; visto che per il momento la vicenda si è ritorta unicamente versus il cameriere ipocrita (fermo restando la sua presunzione d’innocenza e il consueto “fino a prova contraria”), colpendolo come un boomerang in faccia – l’unico fra le altre cose ad averci rimesso la faccia! – perché qualunque sia stato il “suo” intento denigratorio o chiarificatore – così come ama millantare in questi giorni, Paolo Gabriele, il sedicente Corvo, pontificando dalle pagine di un noto rotocalco… – beh!, resta l’onta, che passerà alla storia, di un gesto infedele, che, a dir poco, poco si confà al ruolo del maggiordomo.
Un compito da gentiluomo per statuto sibillino, o solo flemmatico e silente, ligio al proprio dovere, morigerato, perfino feroce custode della quotidianità e dell’onore del signore di turno cui presta servizio, dalla bocca rigorosamente cucita, sovente deuteragonista-spalla della vita del suo “padrone”, senza voler passare (escludendo lo stolido Lurch della famiglia Addams, per rispetto…) per le descrizioni di Passepartout – al secolo Jean… – de “Il giro del mondo in ottanta giorni” di Jules Verne, e nemmeno per la rimozione nevrotica delle emozioni e infine della vita dell’irreprensibile abitudinario e forse anche un po’ noioso personaggio Stevens di Anthony Hopkins in “Quel che resta del giorno”, tratto dal romanzo stupendo di Kazuo Ishiguro; e infine per il maggiordomo di Obama, status symbol dei gay, Jeremy Bernard, che la fa veramente da padrone alla Casa Bianca: aiutando cospicuamente il suo Presidente nella campagna stampa per le rielezioni, facendo tendenza e movimento d’opinione. E cosa aspettarci dal maggiordomo reale che potrebbe sbeffeggiare la Regina d’Inghilterra per la sua nota tirchieria, per ripicca? Una soffiata caleidoscopica sulle cappelliere multicolore nascoste nelle stanze segrete di Kensington Palace, gelosamente celate per la memoria dei posteri? Velette impolverate e sofisticate vendute all’asta al migliore offerente per arricchirsi alla faccia di Sua maestà? Nulla a che vedere con le veline ingiallite e impolverate dello studio del domestico vaticano… è indubbio che la categoria, strapagata e richiestissima di gran moda, avrà dei vantaggi da sovraesposizione mediatica nella quotazione sociale, in meglio o in peggio non importa.
In questa classifica immaginaria, in questa carrellata a tratti surreale e letteraria, fra il serio e il faceto, di un identikit d’antan e d’élite, spicca in peggio per l’ultimo posto – ma non dulcis in fundo – per bassezza morale, ignominiosa e irrispettosa di una certa tradizione, a voler sorvolare su fede e fedeltà, Paolo Gabriele: il quarantaseienne trafugatore di notizie, in bilico fra il “ci sono e il ci faccio”, forse suggestionato dai best seller di Dan Brown, sicuramente sopraffatto dal suo ruolo di “demi-protagonista” (al soldo di chi?), suo malgrado, della “tavola rotonda” della Storia vaticana, si è sentito chiamato (investito certo non dall’alto) a una missione speciale: novello Robin Hood delle dicerie dei dossier e dei segreti delle stanze leonine, che sono scrigno del segreto per antonomasia – come si fa a stupirsi ancora che un’Istituzione come quella del Vaticano abbia dei segreti? non è lapalissiano? – della Santa Sede; maldestro epigono di 007, giustiziere solitario, ma non troppo, della privacy del Papa, per rincorrere quel quarto d’ora di notorietà profetizzata da un tale Andy Warhol, ma di sicuro non da San Pietro. Beh!, non ci aspettavamo una tale deriva del cameriere per antonomasia, discutibile indagatore e a dir poco indiscreto. Anche perché sono KO tutti, nessuno escluso. S’alza il sipario su atti scomparsi ovvero comparsi – la riservatezza della Gendarmeria Vaticana di questa enclave, fa di questi effetti contorti e confusionali – dove non avrebbero dovuto essere, ma dove chiunque in Vaticano sapeva che fossero: in Via di Porta Angelica, residenza del maggiordomo, fuori della camera del Papa; e su un personaggio controverso, il Corvo, che si arroga il diritto di sorvegliare il senso morale della Chiesa, confondendo i ruoli: ingranaggio di una macchina che rischia di schiacciarlo, da qualunque lato si volti.
Ma veramente da che pulpito viene la predica!…
Sono sicura che il Santo Padre si affaccerà domenica prossima come unico lume – acceso e fervente – di speranza, mentre il coro di voci vaticane sottostanti, nel fondo tacerà; ma solo per quel momento, per riprendere subito dopo. Che il Vaticano sia uno Stato, nello Stato Italiano, un’enclave temporale è un fatto assodato, storico. Che la Chiesa sia il Corpo mistico dei fedeli, di tutti gli uomini, i quali esercitando il libero arbitrio, scelgono il bene e la fede cattolica, anziché il male e il fango gettato sulla figura nivea di Sua Santità, è un fatto altrettanto concreto che attiene alla coscienza di ciascuno di noi. Liberamente chiamati. Noi che, alla rosa dei sospettati preferiamo la Rosa mistica e alle ali dei corvi le ali d’Aquila.