Può Giulio Tremonti, per quanto oggi lontano dalla scrivania del superministero dell’Economia, essere additato come uno dei principali artefici delle politiche economiche che, affermatesi nel periodo craxiano, si estendono fino ai nostri giorni e all’immediato futuro?
E perché proprio questo protagonista di prima linea, che ha riunito nelle sue mani i poteri di cinque ministeri con ramificazioni anche nella Cultura, nel Lavoro e nell’Ambiente, costituisce una delle figure più ermetiche e sfuggenti di un trentennio emblematico della nostra storia, che lo ha visto sempre attivo, dalle consulenze di Palazzo nel periodo craxiano (in particolare alla corte di Rino Formica, ma anche come autore della parte economica del Concordato del 1984 tra Stato e Chiesa, con l’ideazione dell’otto per mille) alla folgorazione per Mariotto Segni, che gli permetterà nel 1994 di entrare per la prima volta in Parlamento, dalla salita sul carro di Arcore al lungo feeling con la Lega fino alle ultime stagioni alla scrivania che fu di Quintino Sella?
Davvero a contribuire a rendere granitico il suo potere, con anni di devozioni e reverenze da parte di giornalisti, politici ed elite culturali, c’è la sua attività di tributarista con uno dei più importanti studi professionali in Italia, depositario di segreti da parte dei “poteri forti” nostrani?
A tentare di rispondere a queste domande e a ricostruire in quasi cinquecento pagine le vicende umane, professionali, politiche ed economiche del parlamentare valtellinese sono l’economista Fabio Scacciavillani e il giornalista economico Giampiero Castellotti. Tanto per non girare attorno all’argomento, hanno intitolato il libro “Tremonti, il timoniere del Titanic”, pubblicato da Editori Riuniti.
Gli autori, dopo avere ricostruito l’infanzia di Tremonti tra Sondrio e Lorenzago sul Cadore e il burrascoso periodo universitario a Pavia, con il futuro ministro destinatario di pesante goliardia, orientano l’indagine sull’ascesa professionale legata al prestigioso studio tributario in via del Crocefisso a Milano, con succursale a via della Scrofa a Roma, punto di riferimento della grande impresa italiana e delle aziende di Silvio Berlusconi. Ma anche sulla scalata politica con la maglia socialista e le amicizie giuste tra banchieri, imprenditori e personalità vaticane.
Oltre alle vicende biografiche – dai dissidi con l’ex governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio alle divergenze con Gianfranco Fini, che contribuiranno alle dimissioni da ministro nel 2004, fino all’amicizia con Marco Milanese – i due autori analizzano nel dettaglio trent’anni di politica economica, evidenziando, con numeri alla mano, incongruenze e contraddizioni dei provvedimenti promossi dall’ex ministro dell’Economia.
Un capitolo del libro è dedicato all’Alitalia e alla cordata italiana che l’ha rilevata nel 2008 con la benedizione del superministro. Un altro capitolo, denominato “Il pizzo di Stato”, approfondisce invece l’inasprimento dei metodi di accertamento fiscale attraverso Equitalia a fronte del depotenziamento degli strumenti d’indagine, come il “fu” Secit. Un’altra sezione raccoglie circostanziati addebiti a quei tanti operatori della comunicazione che hanno sostenuto con foga per anni le teorie fiscali e l’operato economico del professore di Sondrio.
Non manca, infine, l’analisi della “filosofia tremontiana” espressa soprattutto in libri di successo, come “La paura e la speranza” del 2008.
Il libro di Castellotti e Scacciavillani raccoglie anche una serie di contributi esterni sull’operato di Tremonti scritti da noti economisti come Adam Asmundo, Salvatore Biasco, Massimiliano Deidda, Andrea Fumagalli, Paolo Leon, Stefano Lucarelli, Mario Seminerio e altri.
Una biografia, rigorosamente non autorizzata, che va oltre. Perché “l’euforia” intorno al nuovo esecutivo di “tecnici” non offuschi i volti di chi ha manovrato la macchina Italia fino ad oggi.