Staffette: consumismo politico e politica interinale

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Una esperienza diretta all’interno del partito di forza italia, assistendo alla trasformazione dello stesso in PDL: i miei sono stati anni da protagonista attiva, fino alle passate elezioni in Trentino. Ho lasciato la politica attiva per la “scarsa democrazia e il tanto personalismo” che esplode a ogni tornata elettorale nel mio territorio.

 

di MARTINA CECCO

Son tante le cose che restano, anche se non si vedono
Quante cose sono cambiate e non solo al Governo, dal 1993 al oggi ..

Di pari passo con la precarietà lavorativa, e di pari passo con il consumismo, si sono sviluppate le nuove forme di politica governativa, che dai solidi e pesanti lemmi di tradizione latina, si sono via via “contaminati” con l’andare dei tempi, arrivando a maturare un concetto di politica della transitorietà, dove è normale che la gente chieda al Presidente del Consiglio di dimettersi e dove è normale che incarichi e cooptazioni vengano usate per fare staffetta tra una elezione e l’altra.

Sentendomi più incline al pensiero che non alle azioni, non posso, non voglio e non sono propensa a pensare che questa sia solo una strategia governativa per maturare i tempi pensionistici dei parlamentari. Mi trovo più a mio agio a concludere che, secondo le valutazioni che si possono fare da comune cittadino informato, c’è un baratro che impedisce al nostro Governo di essere agile nel prendere delle decisioni e di poter maturare delle scelte politiche azzeccate e veloci che riescano a stare al passo con le emergenze e le necessità che lo stare in Europa ci chiedono di ottemperare.

Se guardiamo a quanto è accaduto in questi ultimi anni al Governo e che cosa invece ha vissuto la società civile, vediamo che vi è una completa discrasia tra quanto viene fatto e quanto viene invece messo in luce, come se in sostanza, le fitte maglie degli interessi partitici fossero oramai troppo aggrovigliate per consentire di intervenire sulle reali necessità. Non per vinta a questa specie di declino orgiastico, dove tutte le voci si sono spente per lasciare spazio alla mera polemica, preferisco tornare indietro alle origini della politica interinale, per cercare di capire come mai periodicamente sentiamo nominare la parola “Crisi di Governo” e vediamo intere piazze osannare al danaro elettorale che se ne va in fumo, insieme alle speranze di miglioramento del Paese.

Era il lontano 1993 quando Silvio Berlusconi prometteva una Italia nuova, con spirito popolare cantando “Forza Italia” come si fa per una squadra di calcio. E già dalla sua discesa in campo, fin dai primi giorni, sono cominciati feroci, continui ed efferati gli attacchi verso la persona e non tanto verso il movimento, che sono stati poi il “leit motiv” di tutto il periodo berlusconiano. Come mettere un piede su un nido di vespe, questo è l’effetto della candidatura dell’ex Premier quando si muove, cotali sono le forze che mette a combattere. Due grandi, imponenti, diverse, opposte mentalità, che sono la pasta di cui è fatta la pagnotta italiana.

Questo fin tanto che le prime urne hanno detto qualcosa di stupefacente, che ha scomposto i ridicolisti: Silvio Berlusconi ha vinto le elezioni, la sua maggioranza non è risicata, riscuote un ampio consenso e muove folle di gente. Le proiezioni statistiche non erano solo un modo di fare politica, ma hanno dato ragione di pensare che l’Italia cerca una nuova destra, da ricostruire sulle macerie di quella vecchia, imbrigliata e smascherata. Fatto il Premier serve ora fare il partito e la sua gente.

Forza Italia è un partito forte solo con l’appoggio della Lega Nord e del MSI, e sarà proprio lo sfrenato correre avanti della Lega Nord a rendere vani gli sforzi di costruire una nuova destra. Gli interessi locali prevalgono, complice il motivo stesso per cui nasce Forza Italia, la uscita da Tangentopoli. La smania di indipendenza dalla “Roma Ladrona” tema caro alle bandiere verdi, fa cadere il Governo. Vittime di se stessi e della fame di potere si direbbe. Ma non è tutto qua.

Dopo “Mani Pulite” si è cominciato ad assistere in Italia ad un a mio avviso importantissimo fenomeno che è stato quello della messa in discussione del leader, inizia cioè il primo e fondamentale passo della Magistratura che prende incarico (potremmo purtroppo dire politico) per svolgere il suo lavoro, cioè indagare sulla incidenza della mafia nei patti e nei contesti decisionali del Paese. E saranno proprio queste infinite indagini a creare il dissesto politico. Quindi non solo l’economia, con i suoi problemi, ma specialmente la giustizia, con le sue richieste, saranno due pilastri che determineranno dagli anni Novanta in poi la fortuna o la sfortuna delle scelte governative.

Non per niente nel periodo successivo, che vede Silvio Berlusconi alla opposizione con il centro sinistra al potere, saranno proprio le Riforme al centro del sistema, insieme alla Giustizia. Segno evidente che i tempi e le necessità erano maturi per un atto di coraggio, quello di cambiare radicalmente il modo in cui la politica arrivava a condizionare la quotidianità.

Arriva il momento in cui Silvio Berlusconi decide di tornare in campo, nel 2001, con il Patto con gli Italiani, riproponendo da una parte lo stesso cartellino politico delle origini, ma dall’altra garantendo che i suoi uomini saranno coloro che potranno transitarci in maniera indolore nel cuore del mercato europeo. Portando un vento di rinascita e una speranza liberale. Inizia un periodo di maturazione del movimento politico, dove cominciano a venire meno i rapporti con la base del partito, che deve ancora maturare. Il mancato appoggio delle Regioni fa cambiare lo stile di governare. Inizia la nuova era politica, quella fatta di sondaggi, di personalismo e di presenzialismo, ovunque, di dibattiti televisivi e di faccia a faccia.

Purtroppo quello che sembra essere un rilancio del processo democratico si rivela in realtà un sistema semplicemente demoscopico, dove la gente non ha più un ruolo attivo, ma solo consuntivo. Proprio questo non piace agli italiani, che scelgono di premiare Romano Prodi alle elezioni del 2006.

Sulle elezioni si scatena una bufera, l’esito del voto viene contestato, Silvio Berlusconi si muove nella direzione del riconteggio delle schede. Tuttavia su questo fatto che potrebbe sembrare eccessivo, va detto che per la legge italiana la contestazione del voto da parte del candidato è un diritto, come anche il controllo delle attività elettorali, nonché va anche sottolineato che proprio nella occasione delle elezioni del 2006 emersero dei casi di irregolarità che hanno in qualche modo messo sull’allerta il movimento, al punto di dar vita al servizio dei “Difensori della Libertà” persone che laddove serve, possono fungere da organismo di controllo verso chi svolge servizio pubblico elettorale.

Nel 2007 nasce il Popolo della Libertà, grazie a una azione plebiscitaria di raccolte firma che ha coinvolto tutto il paese. La adesione è massiccia, nonostante non si possa con assoluta certezza stabilire precisamente quali siano le reali cifre dei firmatari. La politica dalle sale del potere scende di nuovo in piazza, l’Italia sente il fiato sul collo e propende per la partecipazione alle scelte del governo. Si inseriscono qui i nuovi media, il crollo della comunicazione e della informazione tradizionale e il grande sviluppo di internet per la formazione politica. Cambiano gli scenari, si allontana lentamente lo storico concetto della politica fatta sulla carta in favore della politica di azione.

E’ proprio secondo questa logica mordente e sfuggevole che il neo nascente Popolo della Libertà costruirà la sua fortuna, portando per la IV volta al Governo Silvio Berlusconi, che nel 2008 stravince le elezioni, dimostrando che il nuovo partito di centro destra è una realtà forte e consolidata. Ma ahimé questo è vero solo in parte. Non sarà questa volta la Lega Nord, ma il vecchio MSI diventato AN e poi FLI a mettere in discussione la coalizione, creando un nuovo modello di governo, e facendo capire che ancora qualcosa serve cambiare in Italia perché la democrazia, minata dalla vecchia DC e dal vecchio PSI, intrisi di marciume politico e di interessi statali e settari, giocoforza di una grande presa in giro da don Camillo e Peppone, che ha imbrigliato la Nazione, possa essere riconosciuta come tale.

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