La crisi economica non allontani dall’amore per la politica

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Un corso per imparare ad amministrare bene la “cosa pubblica”

di Martina Cecco

Non siamo alla luce di una realtà catastrofica, in cui non ci sono speranze per il futuro, ma neanche vivere con leggerezza questo periodo nero dell’economia ci porterà lontano: in questi momenti uno dei rischi peggiori è che la delusione e la rabbia si trasformino, per convenienza, in uno sterile rinfacciarsi di colpe e rimpallarsi della responsabilità, tra politici e movimenti, che porta al disamore per le cose di tutti e ad un allontanamento ancora più grave dalla politica.

L’allontanamento e il disamore per il fare politica si leggono dai dati statistici che parlano dell’Europa come di una sovranazione molto varia per cultura e anima della “Ragion di Stato” non fosse che l’Italia, insieme alla Francia, al posto di essere una buona maestra è una pecora nera in fatto di partecipazione e di freschezza, si pensi ad esempio a un datto statistico, emblematico e poco rassicurante, abbiamo la media di età dei parlamentari al Governo più alta in tutta l’Euroregione, 55 anni, compensati da sempre troppo pochi giovani.

Se essere “over” aiuta in fatto di esperienza, nessun dubbio che di fronte all’eterno si guadagni in dimestichezza, questo non aiuta certo a migliorare in coinvolgimento, comunicazione e effetto positivo, il feed back, su chi si va a governare. Lo pensa il 40% dei giovani intervistati in corso a una ricerca presentata nei mesi scorsi a Milano al Ministro Giorgia Meloni, che hanno optato per la proposta di un ulteriore limite alla rieleggibilità, un limite che servirebbe a favorire il rinnovamento reale delle cariche nonché dei candidati. Tanto più questo accade in un momento storico difficile come quello attuale, in cui non solo servono abilità e competenze burocratiche, ma anche competenze in termini tecnici e amministrativi.

E proprio di queste Competenze si è parlato nel corso “Cittadinanza attiva e partecipazione” svoltosi a Trento, coordinato da ACLI Trentine: un percorso formativo rivolto a futuri amministratori che vogliono avere coscienza di governo, saperi etici e responsabilità condivise. “Il ruolo politico e amministrativo richiedono di assumersi delle responsabilità” – a tema dell’ultimo incontro. “Per governare servono compatibilità da verificare a inizio della legislatura/mandato e definizione delle competenze”.

“Chiarezza assoluta – ha ribadito Maurizio Gaio, relatore scelto per il seminario conclusivo, già responsabile di Segreteria Generale presso il Comune capoluogo del Trentino – pur coscienti del fatto che esistono diverse scuole di pensiero, che sono nate proprio per trattare in termini tecnici e nella giurisprudenza amministrativa la definizione della responsabilità politica: devolution o accentramento, delega o sovraincarico, quello che nelle realtà più piccole conviene economicamente accentrare non può essere applicato dove invece serve distribuire gli incarichi.”

E allora vediamo come deve fare il giovane: di fronte al problema della legittimazione dei poteri, ammesso che sia un giovane che è riuscito a superare la prima barriera, quella della gente, del voto, cioè nel caso in cui sia riuscito a farsi eleggere. Il giovane deve sapersi destreggiare con sicurezza e con coscienza del proprio ruolo politico. “E’ bene sapere che per la Legislazione Amministrativa della cosa pubblica il politico eletto, giovane o anziano che sia – dalla relazone del formatore – ha diritto di accesso a tutti i dati funzionali alla sua opera politica. Non esistono atti pubblici relativi a verbali o sentenze, giurisprudenza o economia, che non siano consultabili ai fini del mandato politico e amministrativo.”

Secondo la normativa sono esclusi solo i progetti in itinere, cioè non resi ufficiali e le cause amministrative non ancora accertate o in corso indagini della magistratura, al contrario tutti i dati resi noti o citati in corso di seduta sono consultabili e fruibili da parte del politico, che su questi si deve basare per costruire la sua tesi di governo. Di conseguenza il giovane politico che ritiene di essere nella situazione di dover valutare attentamente quanto in discussione, ha il diritto anziché non il dovere assoluto di informarsi, di cercare quanto di sua competenza, di consultarsi con il proprio partito e di arrivare ad avere un’idea chiara di quanto in discussione, indipendentemente dalle direttive del partito stesso.

Per riordinare le priorità in politica spetta al giovane di attenersi ai principi e ai regolamenti che sottoscriverà alla sua elezione eventuale: “Al momento attuale la politica ha cambiato il suo volto, si è liberata da certe vecchie attitudini, per snellire e sburocratizzare – dalla relazione del formatore – lo scopo del politico deve essere così condensato in tre principi fondamentali: arrivare a colmare i bisogni, raggiungere gli obiettivi in programma, agire nell’interesse generale. E lo strumento con cui agisce è quello dell’istituzione pubblica, di ogni livello e dimensione.”

Ma allora, se apparentemente sembra tutto chiaro, come mai il giovane si arena? A leggere tra le righe della realtà amministrativa si nota che non è così facile intervenire sulle scelte pubbliche, invertire la rotta, cambiare le regole, anche qualora se ne avvertisse il bisogno, come in questo momento storico, in cui sarebbe molto più semplice avere in mano una holding, nonostante la crisi, che non lo Stato Italiano. Le scelte politiche causano delle “reazioni a catena” reazioni talvolta imprevedibili: se gestire in modo diverso una piccola parte di danaro pubblico può portare estremo beneficio circoscritto, l’esito di quella stessa operazione potrebbe causare imprevedibili problemi in altri ambiti, disequilibri, difficoltà a fare “tornare i conti”.

Forse l’inghippo della politica all’italiana è proprio nascosto in questo: troppi legami, troppi vincoli, troppe reazioni a catena, come sono state definite dal formatore, troppe azioni e controazioni in automatismo, che impediscono allo Stato Italiano di avere una struttura snella e di facile comprensione per il giovane, al quale è chiesto, senza troppo nascondimento, di adattarsi alla situazione, ripercorrendo la strada maestra, pena il cadere nel vuoto delle sue azioni.

Non deve stupire allora se il giovane, nonostante l’interesse iniziale, lentamente si allontana. Alcuni, pochi per la verità, rimangono fino in fondo, continuando a combattere per i propri progetti, rischiando di arrivare al potere quando ormai i tempi sono passati: buona la osservazione mossa da un componente dell’Assemblea, che con lucida coscienza si è chiesto come mai al politico e al giovane amministratore, prima di entrare in politica, non sia più di moda far fare un corso per diventare davvero un politico, appunto per competenze e non di fatto, uno di quei corsi liberi, mai esistiti in Italia in realtà, dove il potere di finanziarli ha sempre determinato la loro posizione.

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