di MORRIS L. GHEZZI
E’ che gli italiani si sono modellati sui preti, l’unico
vero governo che abbiano mai avuto da quando
quel pervertito dell’ultimo imperatore romano è stato
sodomizzato dai barbari perché il cristianesimo aveva
fiaccato la fierezza della razza antica.
Umberto Eco, Il cimitero di Praga
Le ricorrenze, per uno strano scherzo che i numeri riescono a giuocare alla mente umana, costituiscono da sempre una occasione di benaugurante celebrazione, ma anche di scettico ripensamento od, addirittura di revisione storica. Quest’ultimo è il caso che accompagna il centocinquantesimo anniversario dell’unificazione politica della penisola italiana o, se si preferisce, della nascita dello Stato italiano, fondato, appunto, nel 1861.
I rivolgimenti politici ed istituzionali, che, negli ultimi venti anni, hanno dato vita a quella che è stata definita la seconda Repubblica, hanno anche riacceso nell’interesse degli studiosi, ma ancor più nel dibattito salottiero del cittadino medio, antiche nostalgie preunitarie, vecchi rancori postunitari e, soprattutto, mai sopiti revanscismi ideologici. E’ ormai da tempo ben nota la posizione anti unitaria, che per tutto l’ottocento e per buona parte del novecento ha accompagnato la Chiesa Cattolica Apostolica Romana. Nulla di strano in tale posizione; infatti, il Pontefice romano, come presunto erede dell’imperatore, grazie alla falsa donazione di Costantino1, aveva dato vita da oltre mille anni ad un potere temporale di natura teocratica su vasti territori del centro della penisola italica ed aveva posto a Roma la capitale del suo regno. In sintesi, il Santo Padre, riunendo in sé l’autorità religiosa cristiana ed il potere politico degli imperatori romani2, era riuscito a costruire lo Stato Pontificio, a porsi a capo del medesimo ed a rendere indissolubile il legame tra tale Stato e la Chiesa Cattolica; anzi, l’entità politica statale veniva addirittura considerata una garanzia di libertà per la Chiesa stessa e per la religione Cattolica. Questo stato di cose si trascinò, con alterne fortune, per tutto il Medio Evo, animando quella che fu definita a lotta per le investiture tra Impero e Papato.
Con il trascorrere del tempo ed il risveglio degli studi umanistici classici, in particolare neoplatonici, le riflessioni religiose rinascimentali ruppero, anche nel continente europeo, quel monolitismo della Chiesa romana, che era già stato incrinato in passato dallo scisma orientale della Chiesa Ortodossa. Quell’antico scisma, grazie anche alla lontananza da Roma dei territori sui quali insistette, ebbe conseguenze molto meno devastanti e cruente di quelle prodotte dagli scismi protestanti (Martin Lutero, Giovanni Calvino, Ulrico Zwingli, Thomas Müntzel, Filippo Melantone, etc.), dallo scisma anglicano di Enrico VIII e dalla proliferazione di sette, giudicate ereticali dalla Chiesa romana, lungo tutto il millecinquecento, milleseicento e millesettecento3. Per ben tre secoli, dunque, il Pontefice romano dovette ingaggiare una serrata lotta sia contro un “revisionismo” cristiano, che rivendicava maggiore autonomia individuale nella ricerca religiosa, sia contro i nascenti Stati laici europei. Queste ultime lotte, in particolare, giunsero a maturazione nel milleottocento e fu proprio questo il secolo, che pose fine al potere temporale dei Papi ad opera del Regno d’Italia con la breccia di Porta Pia e la conseguente presa di Roma il 20 settembre 1870. Già questi avvenimenti storici non potevano certo ben disporre i Papi verso il nascente Stato italiano, ma ad aggravare la situazione si aggiungeva anche l’ideologia laica e massonica, che accompagnava la nascita degli Stati moderni.
Infatti, sin dai primi vagiti della filosofia razionalista ed illuminista si andavano rafforzando nella cultura esigenze sempre più vaste di autonomia morale e rivendicazioni sempre più estese di libertà: dai diritti naturali, a difesa dei singoli individui dalle prepotenze dei tiranni, alla libertà di pensiero e d’espressione, ai primi abbozzi utopici di Stato di Diritto e di sovranità popolare la rilevanza e la dignità del singolo essere umano guadagnavano sempre maggiore credibilità ed importanza nelle menti più lungimiranti dell’epoca4. In questa cornice storica la religione teocratica romana si trovò a dover combattere una battaglia oscurantista e di retroguardia contro il nascente Stato moderno ed, infatti, l’antimodernismo fu uno dei suoi principali cavalli di battaglia per tutto l’ottocento e per larga parte del novecento, come oggi è il suo antirelativismo. In cosa consista l’antimodernismo cattolico è questione semplice da spiegare.