di DOMENICO MACERI
Con quasi 12 milioni di clandestini il governo federale degli Stati Uniti dovrebbe riformare la legge sull’immigrazione. Incapace di farlo al livello nazionale, gli Stati stanno cercando di risolvere la questione da se stessi. Uno dei più noti è l’Arizona il quale l’anno scorso ha approvato leggi anti-immigranti che sono state bloccate in parte dai tribunali.
Adesso l’Utah, un altro red state, uno di quelli che tradizionalmente vota per i repubblicani, ha fatto qualche passo per fare fronte al dilemma dei clandestini. La legislatura statale ha approvato un decreto che offrirebbe agli indocumentati un contratto a tempo determinato. I clandestini che potrebbero dimostrare di essere vissuti per alcuni anni in Utah qualificherebbero per una carta d’identità statale e potrebbero lavorare legalmente. Dovrebbero però pagare una multa onerosa di 2.500 dollari. Il decreto richiede inoltre che i poliziotti dello Stato controllino lo status immigratorio di coloro che sono fermati per infrazioni.
Il decreto dell’Utah non contiene la clausola che i poliziotti potrebbero fermare chiunque in caso di sospetti che l’individuo sia nel Paese illegalmente. Questo è uno dei provvedimenti più polemici perché potrebbe condurre al racial profiling, cioè la discriminazione etnico – razziale.
Le motivazioni per il decreto in Utah sono emerse dalla necessità di risolvere la situazione dei clandestini ma forse, ed anche più importante, per risolvere i bisogni della manodopera delle aziende. Il decreto offrirebbe una fonte di lavoratori legali a buon mercato.
Parecchi gruppi in Utah, incluso alcune organizzazioni conservative di Latinos, si sono schierati a favore del decreto. Inoltre la Chiesa Cattolica statale, la Camera del Commercio ed alcune associazioni di polizia hanno dichiarato il loro appoggio. La fortissima Chiesa Mormone ha anche dichiarato il suo supporto ma non in modo visibile.
Il governatore dell’Utah, Gary Herbert, non ha ancora deciso se firmerà il decreto di legge anche se ha avuto parole elogiative per il legislatori.
Ma anche con la firma del governatore la legge non potrebbe mettersi in pratica perché le questioni di immigrazione sono sotto il controllo del governo federale. Lo Stato dell’Utah chiederebbe in questo caso un’esenzione che con ogni probabilità non sarebbe esaudita. Nonostante lo stallo a Washington per la questione dell’immigrazione il governo federale non darà il suo permesso a uno Stato di creare le sue leggi nel campo internazionale. Sarebbe pericoloso perché aprirebbe le porte a troppi futuri guai in molti altri settori.
I promotori del decreto dell’Utah si considerano mediatori fra l’inattività del governo federale e l’aspra legge verso i clandestini approvata l’anno scorso dall’Arizona. Ma in Utah si è anche preoccupati per leggi anti-immigranti che possono avere un forte impatto negativo all’economia com’è successo in Arizona. Si calcola che il boicottaggio economico di alcuni gruppi di latinos ha fatto perdere una sessantina di milioni di dollari all’Arizona dato che convegni, turismo ed altre visite sono state cancellate e ridirette ad altri Stati.
Il decreto dell’Utah cerca di essere più “giusto” di quello dell’Arizona e di altre leggi in considerazione da altri Stati. Ciononostante non riflette il benvenuto che gli Stati Uniti dicono di avere offerto agli immigrati nel passato. Infatti, il benvenuto agli immigrati del passato è un mito. Tutti i gruppi etnici che adesso si sono integrati in America hanno dovuto affrontare pregiudizi.
Ma l’America è sempre stato un Paese che ad un certo livello ha sempre dato il benvenuto a persone di tutte le parti del mondo. Ciò è riflesso ancora nelle città americane che si sono dichiarate sanctuaries, santuari per i clandestini. Parecchie fra le più importanti città americane, seguendo l’iniziativa di Los Angeles, hanno dichiarato che i loro poliziotti non faranno sforzi per scoprire lo status immigratorio di nessuno. Queste zone metropolitane includono New York, Washington, Chicago, Miami, Houston, Detroit ecc. La città di San Francisco ha persino creato un sistema di sanità per i più poveri ad un costo bassissimo che non esclude nessuno nemmeno i clandestini. È questo lo spirito dell’America che la Statua della Libertà di New York incorpora alla perfezione.
Domenico Maceri, PhD della Università della California a Santa Barbara, è docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California, USA. I suoi contributi sono stati pubblicati da molti giornali ed alcuni hanno vinto premi dalla National Association of Hispanic Publications.