Libertà, uguaglianza e cittadinanza

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Da Aristotele a Cicerone, da Machiavelli a Walzer passando per De La Boétie, Constant, Kant, Sieyès, Rousseau, Kelsen, Mill, Tocqueville, Bobbio ed altri ancora fino a giungere alla nostra Costituzione per comprendere l’evoluzione e l’interagire tra loro di concetti quali la libertà, l’uguaglianza e la cittadinanza.

di GIUSEPPE NUCCETELLI

Questo il percorso seguito dal Prof. Franco Sbarberi nel V incontro delle «Lezioni Norberto Bobbio» organizzate dalla «Fondazione Critica Liberale» con la collaborazione del «CICL – Giovani Liberali Europei». Gli uomini sono uguali o sono diversi? Sono più uguali che diversi o sono più diversi che uguali? Difficile, se non impossibile, dare una risposta definitiva. Certo è che bisogna partire dal concetto di «uguaglianza» come rapporto: si può dire di essere più o meno uguali «soltanto quando siano definiti i soggetti ed i criteri tra cui e con cui si stabilisce il rapporto egualitario». Allora, fermo restando che gli uomini sono tutti uguali per quanto discende dall’appartenere al genere umano, allo stesso tempo sono tutti diversi gli uni dagli altri per molteplici caratteri, condizioni, capacità e bisogni.

L’idea di uguaglianza è cambiata nel tempo, va storicizzata. Prova ne sia la varietà di teorie che su di essa si sono succedute. Cambiando il contenuto dell’uguaglianza sono cambiati anche i fini delle lotte egualitarie: i bisogni personali e sociali di oggi, ad es., sono molto differenti da quelli medievali piuttosto che classici. Importante, a tal proposito, la riflessione di Walzer, che suona come un avvertimento: quella per l’uguaglianza è una battaglia il cui traguardo si sposta sempre, perché ci saranno sempre nuove forme di disuguaglianza da affrontare. Oltre che dell’uguaglianza, la polisemìa è una caratteristica anche della «libertà». Qualche esempio.
Per gli antichi greci, libero era colui che non era schiavo. Così in Aristotele, ad esempio. Anche se, in Euripide, compare già il concetto di libertà come assenza di dominio e di uguaglianza dinanzi la legge. Per i romani, non avere un dominus era pre-condizione necessaria alla libertà ed il concetto di uguaglianza di fronte la legge era garanzia di libertà. Siamo ancora in un’epoca in cui questa «equa libertà» è riconosciuta solo a pochi: i cives, ma appare sùbito l’importanza della cittadinanza come criterio di attribuzione dei diritti di libertà e di uguaglianza. Con Machiavelli, compare anche l’esigenza di porre in essere le condizioni per ottenere una effettiva libertà.

Con De La Boétie comincia ad affermarsi un legame che, fino ad allora, era stato labile. Tramite il richiamo al diritto naturale (tutti gli uomini nascono liberi), si afferma il nesso universalistico tra libertà ed uguaglianza. Da questo momento in poi saranno inestricabilmente legate, almeno come diritti fondamentali ed imprescindibili. È su questo terreno che si sono confrontati e, alla fine, incontrati democratici e liberali tra Otto e Novecento. Da questo confronto/incontro sono nate le costituzioni liberal-democratiche del XIX e XX secolo. Dato che di libertà si può parlare con vari significati, dato che la libertà (per essere equa) deve essere di tutti, preso atto delle differenze (di bisogni, capacità, ecc.) tra gli individui, la domanda è: quale libertà va estesa a tutti? La libertà negativa come la intendeva Constant? La libertà come indipendenza? Come autonomia? Come non impedimento? La libertà positiva? La libertà di o la libertà da?

Il pensiero liberale classico ha accostato al concetto di libertà come non impedimento quello di uguaglianza dei diritti civili, ma non di diritti politici. Il riconoscimento dei diritti della persona, infatti, spesso si è accompagnato al riconoscimento dei diritti di cittadinanza solo per pochi. Per passare da criteri censitari al suffragio universale c’è voluto tempo e faticose e sanguinose lotte. Di nuovo un quesito, allora: quali diritti riconoscere? Quali riconoscere a tutti?
La risposta ha sempre avuto a che fare con l’idea di cittadinanza politica accettata. Come abbiamo visto, nonostante le divergenze teoriche, liberalismo e democrazia, tra Otto e Novecento, si sono incontrate sul piano pratico, così che gli Stati occidentali sono diventati liberal-democratici da semplicemente liberali che erano. Ma, costituzionalizzati i diritti della prima generazione (quelli civili prima e quelli politici poi), un altro tema si è imposto sul finire del XIX secolo: la costituzionalizzazione dei diritti sociali (detti della seconda generazione).

Con l’affermarsi del princìpio della differenza (per cui gli uomini non hanno solo capacità ma anche bisogni diversi) si è posto sempre più il problema di come rapportarsi alle specificità dei singoli e, quindi, ai differenti bisogni di ciascuno. È a questo punto che si è inserito il concetto socialista di libertà (intesa come potere di fare concretamente) cui si ricollegano i diritti sociali, quale strumento per dare a tutti la possibilità di soddisfare i propri bisogni. Una nuova forma di uguaglianza che parte dal riconoscimento delle differenze. Sul finire del XIX secolo, così come prima si erano incontrati liberalismo e democrazia, la liberal-democrazia si è contaminata col socialismo nella richiesta dei diritti sociali, e quindi dello Stato sociale. E’ da questo momento ed è su questo punto che si è creata la spaccatura tra le famiglie liberali: alcune si sono lasciate contaminare, altre no.

Partendo dalla considerazione che l’uomo non nasce libero, ma lo diventa e dalla considerazione che lo diventa solo se ci sono le condizioni necessarie, in Bobbio ritroviamo una sorta di sintesi delle tre posizioni. Egli riteneva che l’individuo (bene principale) debba essere tutelato sia nella sua dimensione universalistica che in quella particolare. La nostra Costituzione sembra essere una sorta di punto di arrivo di questa «scalata di diritti»:\r\nl’articolo 2 riconosce i diritti inviolabili dell’uomo, quelli che sono propri di ogni individuo in quanto appartenente al genere umano; il 1° comma dell’articolo 3 enuncia i diritti (formali) di uguaglianza; il 2° comma dell’articolo 3 impegna la Repubblica a porre le condizioni per libertà ed uguaglianza concrete.

pubblicato il 22 luglio 2005.

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